“Il Re di Tutti”, saggio dedicato a Stephen King, realizzato per le Edizioni Salani da Luca Briasco, traduttore del grande scrittore del Maine, racconta l’opera parlando della vita di King che oggi è forse l’autore vivente più popolare del pianeta. A Napoli dal 25 al 28 maggio all’Institut Francais si è tenuta la seconda edizione del Festival del Giallo Città di Napoli, ideato e diretto da Ciro Sabatino. Tra gli ospiti che vi hanno preso parte, autori del livello di Maurizio de Giovanni, Donato Carrisi, Diego De Silva, Carlo Lucarelli, Franco Forte, Piera Carlomagno, Sandrone Dazieri, Giuseppina Torregrossa, Piergiorgio Pulixi, Diego Lama, Giancarlo Berardi e tanti altri.
Luca Briasco, editor, studioso di letteratura americana che dal 2018 è la voce italiana di King, è intervenuto in due panel, il primo sulle traduzioni del giallo e il secondo sui segreti del Re del terrore e in quest’ultima occasione abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
LUCA BRIASCO, QUALI SEGRETI CI RIVELERAI OGGI SU STEPHEN KING?
Cercherò di spiegare perché un autore che nasce nel genere horror, anche se definire così King è riduttivo, riesce a diventare uno scrittore universale. In questo momento se bisogna nominare uno scrittore contemporaneo universale a livello intergenerazionale come tipologia di lettori probabilmente King è quello che ha queste caratteristiche più di chiunque altro.
COSA HAI CERCATO DI DESCRIVERE NEL TUO SAGGIO “IL RE DI TUTTI”?
Ho cercato di capire le ragioni del fenomeno King, che se usassimo come categoria l’horror, non funzionerebbe in quanto i suoi lettori non sono necessariamente lettori horror. King lo leggono davvero tutti!
Io credo che lo abbia spiegato molto bene lui in varie interviste che poi ho fatto confluire nel mio libro. King asserisce che la maggior parte degli scrittori letterari, che oggi vanno per la maggiore, tendono a parlare di persone straordinarie in situazioni ordinarie. Questo è un po’ il modo di ragionare nel romanzo del ‘900 in cui il personaggio, spesso, ha delle ambizioni o intelligenza che però rimangono inespressi perché il mondo è troppo basso rispetto alla sua testa.
King invece sostiene che per lui è il contrario. Parla di persone ordinarie in situazioni straordinarie. Cioè parla dell’uomo o della donna qualunque che si trovano in una serie di circostanze in situazioni estreme. Sono circostanze che li mettono di fronte a scelte che nella loro vita quotidiana non sarebbero chiamati a fare. Che poi è il meccanismo di quasi tutti i romanzi di suspense.
CI PUOI BREVEMENTE PARLARE DEI TEMI CHE HAI AFFRONTATO NEL TUO LIBRO?
Ho cercato di raccontare l’opera di King attraverso la sua vita che è apparentemente abbastanza ordinaria. Egli ha avuto e cercato una vita abbastanza ordinaria. Di sé stesso è arrivato a rispondere, quando gli hanno chiesto perché vivesse nel Maine: “Io vivo nel Maine perché qui non succede niente”. Questo tipo di risposta secondo me dice molto sia sui processi creativi che stanno dietro i romanzi di King, sia sul perché con questi personaggi noi ci identifichiamo con tanta facilità. Alla fine egli mette in scena una serie di archetipi di grandi temi che sono i nostri e parte da una serie di riferimenti che per tutti noi è la famiglia. Molto spesso nei suoi romanzi egli mette in luce quelli che sono i conflitti familiari.
MI RIVOLGO ORA ALLO STUDIOSO DI LETTERATURA AMERICANA: IN QUALE POSIZIONE PUO’ ESSERE INSERITO STEPHEN KING TRA I GRANDI SCRITTORI CONTEMPORANEI STATUNITENSI?
King occupa una posizione che, secondo me, ne fa l’unico autore contemporaneo che replica la modalità di racconto e la capacità di attrarre lettori di ogni tipo che è propria del romanzo dell’800. Io trovo King un autore che tiene conto di tutte le tecniche e delle arti del ‘900. Basta pensare al rapporto che egli ha con il cinema. Non esiste un autore più trasposto di King e lui stesso si è formato sul cinema e non solo sulla letteratura. Io credo che la sua capacità sia quella di raccontare come raccontavano i grandi scrittori dell’800.
IN TALE CONTESTO A QUALE AUTORE PUO’ ESSERE RAPPORTATO?
Se c’è un autore che in automatico richiama King è Dickens. Credo che sia il Dickens dei nostri tempi. Lui stesso varie volte lo ha anche detto.
E PER QUANTO RIGUARDA LA DIMENSIONE FANTASTICA COME SI INSERISCE?
Contemporaneamente fa parte di una grande tradizione che è quella americana nella quale il fantastico irrompe nella dimensione realistica. Gli scrittori americani hanno quasi sempre una grande ispirazione fantastica sin dall’800, se si pensa ai primi grandi scrittori americani che sono Poe, Hawthorne e Melville, questi tre scrittori ci sono in King. Non a caso quando a King hanno chiesto di parlare di “Moby Dick” ha detto che è un romanzo di orrore, Achab è un cattivo degno di un romanzo dell’orrore e la balena bianca è un mostro. Ci sono tutti gli ingredienti che lui usa spesso nei suoi romanzi.
IL SUO E’ ANCHE UN MODO DI PARLARE DELLA SOCIETA’ ATTUALE?
Sì, perché King lavora moltissimo su quello che è il concetto di male che è un’entità pervasiva. In tal senso la grande metafora del male da lui narrata è sicuramente “IT”. In questo romanzo il male è connaturato ad un luogo. Inoltre, nei suoi romanzi spesso c’è l’outsider, un personaggio di cui non si sa nulla che arriva spesso in una piccola comunità e la sconvolge, la butta per aria come avviene in “Le notti di Salem” o in “Cose preziose” che hanno questo tipo di struttura. Qui l’outsider funge da detonatore di un qualcosa che è già dentro e lui la tira fuori. Allora il fatto che la società americana si fondi su razzismo, disparità sociali, omofobia, sessismo, Stephen King le racconta utilizzando la categoria del mostro, ma sono mostri che si scatenano dentro le persone più che mostri esterni. King lavora in maniera molto sottile sull’idea di male che viene da fuori e che nasce da dentro. Sono le dialettiche dei poli sui quali egli costruisce quasi tutti i suoi romanzi.
VEDRESTI STEPHEN KING COME PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA? LO RITIENI ALL’ALTEZZA?
A mio parere sarebbe sicuramente all’altezza. Per capire questo bisogna però rivedere determinate categorie estetiche e di giudizio. Se ragioniamo sullo stile inteso come valore in sé e non come funzione della storia, King non è un autore di stile. Anche se è autore di stile quando non descrive i personaggi perché non ce n’è bisogno in quanto se il personaggio funziona è il lettore che gli darà la faccia, che magari somiglierà alla faccia del lettore stesso o alla faccia di persone che egli conosce. Questa è tecnica. Se riusciamo a capire che il concetto di tecnica narrativa non coincide necessariamente con il concetto di stile letterario, King è anche un autore di tecnica e a quel punto essendo anche un grande inventore, forse il più grande di storie e di miti che ci sia nella narrativa contemporanea, il Nobel lo strameriterebbe!
E ANCHE IN QUESTO “LA ZONA MORTA” NON PUO’ CHE ESSERE D’ACCORDO CON TE. GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’!