Li abbiamo conosciuti grazie a “Cedimento Strutturale”, romanzo cyberpunk autoprodotto a scopo di beneficenza: sono Vincenzo Spina e Marco Modugno, due vulcanici scrittori che… non sono solo scrittori! Abbiamo voluto fare quattro chiacchiere con loro per presentarveli meglio: eccoli qua.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI SONO VINCENZO SPINA E MARCO MODUGNO?
Due ragazzi che si conoscono da quasi una ventina d’anni, e che condividono interessi ludici e creativi. Marco mi ha fatto conoscere la magia dei giochi di ruolo, che a sua volta ho potuto così diffondere a mia volta fra le mie amicizie e conoscenze. Ne ho subito apprezzato quel mix di serietà e goliardia, la meticolosità nell’organizzazione degli appuntamenti e la creatività nell’organizzazione degli eventi. Le nostre vite hanno poi seguito strade diverse, che nel mio caso hanno condotto a una carriera da avvocato in uno studio legale, alla creazione e gestione di un ludopub al centro di Roma (l’Overtime) e infine alla mia attuale professione, il bookmaker sportivo specializzato nel tennis. Probabilmente, non sarà l’ultimo mutamento in una vita soddisfacente proprio perché variegata.
VOLETE PARLARCI DELLE VOSTRE PRODUZIONI PRECEDENTI?
Beh, io nasco tendenzialmente come giocatore di ruolo. Scrivevo avventure per svariati sistemi di gioco, partecipando a varie competizioni e organizzando tornei. Poi, vedendo i vari giochi di società proposti in queste occasioni da autori più o meno professionisti, mi si accende una lampadina nel cervello e creo “Crush!”, una simulazione tridimensionale di calcio fantasy molto ironica e surreale. Il delirio! Pienoni in tutte le fiere, assembramenti e grande successo. Una volta arrivarono persino i vigili del fuoco a far sgombrare la calca che ostruiva i corridoi della vecchia Expocartoon, a Roma. Da allora molti mi identificano come “quello che ha creato il calcio fantasy”, sono stato riconosciuto persino a Londra da un ragazzo italiano in vacanza! Nel frattempo, nel 2001, muore mio papà. Decido di onorarne la memoria ogni anno, con un’iniziativa volta a devolvere il ricavato in beneficenza all’Ospedale Bambin Gesù, in cui lavorava come Primario. Scrivo quindi “Gemini”, un romanzo fantasy che scelgo di collegare al gioco di ruolo “Elish”, una delle prime realtà autoprodotte italiane, il cui gruppo ho imparato a stimare e ammirare. Continuo nel frattempo a scrivere moduli di avventura per il gioco di ruolo, fra cui proprio l’avventura “Cedimento Strutturale”, vincendo per quattro volte il “Trofeo Mastering” di “Lucca Games”, talvolta in coppia con altri coautori e compagni d’avventura. Mi dedico quindi alla creazione di qualche copione per spettacoli teatrali (le cui rappresentazioni servivano a finanziare proprio il progetto della beneficenza, anche grazie alla massiva partecipazione di amici e conoscenti), ma nel 2007 leggo sulla metropolitana di Roma del concorso “Parole in Corsa” per brevi racconti. Spedisco il mio, “Vite parallele”, che viene premiato sia nell’edizione regionale che in quella nazionale, con una bella crociera che viene puntualmente regalata alla mamma. A quel punto entra in gioco il tennis, e su richiesta di un gruppo di appassionati scrivo “Ipse Dixit”, le più belle frasi del tennis sul tennis, una sorta di raccolta delle più belle battute connesse al mondo di questo fantastico sport. Diffuso a mano in occasione degli Internazionali d’Italia, anch’esso per beneficenza, va tutto esaurito in pochi giorni. Il lavoro frena un po’ la mia vena creativa, ma poi ci rivediamo con Marco per una cena di Natale. Un supplì, una pizza, quattro chiacchiere e…beh, il resto lo sapete…
RECENTEMENTE È USCITO IL VOSTRO ULTIMO ROMANZO INTITOLATO “CEDIMENTO STRUTTURALE”. VOLETE PARLARCENE?
Nella disastrata Detroit della metà del Ventunesimo Secolo, dilaniata dalla violenza e schiantata da una recessione economica senza pari, il Dipartimento di Polizia ha il suo bel daffare per fronteggiare un’ondata di criminalità resa sempre più feroce e aggressiva dagli impianti cibernetici di ultima generazione, in grado di trasformare anche un innocuo teppista in una terribile minaccia. Al contempo, anche forme di illegalità tradizionali, come i clan mafiosi, si trovano costretti a scendere a patti con le proprie distorte tradizioni di onore e rispetto per non venire travolti da organizzazioni malavitose sempre più crudeli e senza scrupoli. In una calda giornata di maggio del 2049, qualcosa sconvolge radicalmente questo precario equilibrio. Due terribili drammi, infatti, irrompono simultaneamente nel panorama metropolitano, due crimini talmente efferati da rischiare di far scoppiare a Detroit una vera e propria guerra civile. Riusciranno la Psyco-Squad comandata dal Tenente Jacob Tyson e il Team guidato da Tony Vitalone a venire a capo di un enigma che rischia di scuotere per sempre Detroit?
COME È NATA L’IDEA DI FONDO DEL ROMANZO E COME MAI LA SCELTA DEL CYBERPUNK?
Non esiste alcuna ambientazione che, se ben elaborata, offra così tante potenzialità creative come quella della fantascienza cyberpunk. Un futuro non così prossimo da essere identico al presente, ma non così lontano da esserne alieno. Quella perfetta via di mezzo per ricostruire una visione amplificata di qualcosa di attualmente già presente. Basti pensare a Detroit, luogo in cui si svolgono le vicende del romanzo. Quasi impossibile immaginare come sarà quella città fra 300 anni, a meno di non ricrearla ex novo, ma assai più intrigante prevedere come potrà essere fra 40 anni, quando ancora gran parte degli edifici attualmente presenti saranno ancora lì, a muta testimonianza del passato. Nel primo caso si tratta di “sognare”, e si tratta di fantascienza; nel secondo caso, si tratta di “prevedere”, e si tratta di cyberpunk. Tra le due cose c’è la stessa differenza che passa tra un meteorologo che prova a predire il tempo del prossimo decennio e quello che si limita a elaborare quello previsto per il prossimo bimestre, sulla base degli elementi già a sua disposizione e delle proprie convinzioni.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI?
Per i miei personaggi, connessi alla famiglia mafiosa dei Vitalone, ho scelto di partire da quattro canoni ben stereotipati e da lì ampliarli pesantemente, accentuandone le caratteristiche essenziali. Tony Vitalone, nello specifico, aveva così tante potenzialità nascoste da costringermi addirittura a creare dei capitoli destinati solo agli altri tre protagonisti per non correre il rischio di trasformarli in comprimari. La figura più complessa in assoluto è stata quella di Carmine Vitalone, il Don. Ho dovuto cercare di inquadrarne la figura in tre pagine, quando gli altri ne hanno avute oltre trecento. Ho limato quella scena più di quanto abbia fatto per qualsiasi altro capitolo, eccezion fatta per il capitolo finale, ovviamente.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ AVETE SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER VOI QUESTA TEMATICA?
Beh, intanto è un’ovvia reminiscenza delle nostre comuni esperienze ludiche. Inoltre, permette alla mia fantasia di “svincolarsi”, espandendosi oltre i confini di una realtà spesso un po’ troppo restrittiva. Devo però precisare una cosa fondamentale: fantasia non vuol dire irragionevolezza. Nell’ambito di “Cedimento Strutturale”, infatti, io e Marco siamo partiti studiando minuziosamente la struttura urbanistica di Detroit: collegamenti stradali, foto, video, Google Street per una visuale in prima persona, colore degli edifici, nomi dei quartieri. Il tutto per rendere estremamente verosimile il girovagare per le strade della metropoli americana. Inoltre, dietro al romanzo “Cedimento Strutturale” ci sono meticolose ricerche inerenti singoli, specifici aspetti della trama: il funzionamento degli autoveicoli, le dinamiche di un’esplosione, i procedimenti chimici e persino l’interfaccia con la Rete sono stati studiati e approfonditi a dovere prima di venire inseriti nel romanzo. D’altronde, io e Marco veniamo entrambi da studi giuridici, il che sta a significare che anche la fantasia deve essere soggetta a norme e regolamenti e può essere incasellata in un codice: il Testo Unico dell’Immaginazione.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAETE ISPIRAZIONE PER TUTTE LE VOSTRE STORIE?
Ti posso dire come delineo io i miei personaggi e come creo in generale le mie opere. Presupponiamo che mi baleni in mente un’idea avvincente per una trama. Traccio una flebile linea guida, una sorta di sceneggiatura appena abbozzata. Poi scrivo TUTTO il capitolo finale, lo limo, lo aggiusto stilisticamente. Se si tratta di un racconto, ovviamente, basta scrivere le ultime dieci righe. Devo sapere esattamente come andrà a finire l’opera, altrimenti non riesco a concentrarmi sullo svolgimento della trama. A quel punto delineo i personaggi in modo più definito. Per farlo, impiego un paio di mesi a scrivere le 50-60 frasi tipiche di quel personaggio, ossia delle espressioni che voglio “attaccare” al personaggio, che lo identificheranno alla perfezione. Per me il romanzo è tendenzialmente un confronto dialettico, perché spesso le conversazioni permettono di sviluppare al meglio l’ironia. A quel punto, elaboro la trama facendo capitare delle situazioni che permettano l’integrazione delle frasi e dei comportamenti tipici dei personaggi. Spero di essere risultato chiaro: ogni volta che spiego il mio procedimento a terzi, vengo sempre guardato come se mi fossi appena fatto una massiccia dose di LSD! Quindi scrivo l’intero capitolo iniziale, cesellandolo al meglio, perché spesso un buon libro si ricorda per un inizio avvincente e uno splendido finale. Il resto, quasi fosse un semplice esercizio stilistico, viene da sé.
QUALI SONO I VOSTRI SCRITTORI PREFERITI?
Nella narrativa contemporanea, senza alcun dubbio Jostein Gaarder: il suo Il Mondo di Sofia mi ha aperto un universo, quand’ero ragazzo. A livello di thriller (i miei romanzi preferiti), Dennis Lehane in primis e George Pelecanos in secundis sono assolutamente imbattibili, il primo una spanna su tutti. In generale, mi piacciono i gialli particolarmente discorsivi, in cui i personaggi siano venati da una forte componente umoristica. Gradevole Stephen King, anche se non esattamente il mio genere stilistico. Trovo invece Patricia Cornwell lentissima, ogni volta che provo a iniziare un suo romanzo devo flagellarmi sulla schiena per sforzarmi di terminarlo. Due nomi italiani, per completezza: Beppe Severgnini, il figlioccio giornalistico del grande Montanelli, nella cui ironica visione del mondo mi ritrovo pienamente, e la sorprendente Chiara Palazzolo, la cui trilogia sulla vampira Mirta mi ha avvinto così tanto da farmi terminare il terzo libro in meno di 24 ore.
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM, CHE CI DITE?
Posso dirti cosa NON mi piace: i film drammatici e soprattutto i polpettoni melensi e romantici. Adoro i thriller (“L.A. Confidential”, “I Soliti Sospetti”) e alcune specifiche categorie di film d’azione, che scelgo in particolare sulla base della mia predilezione per gli attori protagonisti: John Travolta (“Codice Swordfish”, ad esempio, è geniale), Denzel Washington (“Training Day”) o John Malkovich (attore a mio parere fin troppo sottovalutato, la migliore faccia da squilibrato dai tempi del Nicholson di “Shining”). Sulla fantascienza sono MOLTO selettivo: maniaco della serie di “Star Trek”, preferisco i film venati da una sorta di ironia umoristica, come ad esempio “Il Quinto Elemento” o “Judge Dredd”. Infine, ho una sfrenata passione per tutti i film legati al mondo dei gangster o della mafia italo-americana, dalla serie “Godfather” a qualsiasi prodotto, foss’anche un filmaccio di Serie Z. Non posso farne a meno, mi divertono e mi intrigano da matti. Probabilmente, sono mafioso dentro, che te lo dico a fare…
ULTIMA DOMANDA, POI VI LASCIAMO AL VOSTRO LAVORO. QUALI PROGETTI AVETE PER IL FUTURO E QUAL È IL VOTRO SOGNO (O I SOGNI) CHE AVETE LASCIATO NEL CASSETTO?
Mi pongo un obiettivo alla volta. Vincere il “48 Hour Film Project” con un’idea che mi frulla nella mente da anni, e che prima o poi dovrò realizzare con la collaborazione di un gruppo di validissimi attori e operatori. Sono convinto che insieme si possa sviluppare una tale energia creativa da mettere in piedi qualcosa di magico… E poi, magari, attraversare a nuoto lo Stretto di Messina. Ma questa è un’altra storia…
IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO ALLORA… E ASPETTIAMO TUTTE LE ALTRE STORIE!