ERATAI 08 – LA FINE DELL’UNO: IL RE BIANCO E IL RE NERO – TERZA PARTE

VII

“Anche la colonna numero quattro dell’Armata è al completo, Maestà. Abbiamo cominciato i test e l’addestramento. Presto potremo integrarla nell’organico da combattimento.” Astarath esponeva fiero le delucidazioni, mentre il Re passava in rassegna le fila della sua Legione Corrazzata. 

“Non ho parole, Astarath. Sono davvero strabiliato per la velocità con la quale stai costruendo l’ala di rinforzo della tua Armata. Mi basteresti tu come Generale per vincere la guerra dell’Erat.”

Questa frase scatenò il putiferio fra il resto dell’Alto Comando. Sebbene Adam e Astaraht si trovassero da soli mentre la pronunciò, qualche soffio prese il volo verso le orecchie degli altri.

Ma anche su questo Alath parve essere sordo, quando gli si presentarono le rimostranze.

Anzi per poco non volarono le teste di quei Generali così lagnosi.

“Dovreste vincerle le guerre, invece di criticarle.” Fece “Non si discute il mio Progetto.” Ma per evitare di rimanere senza il suo Stato Maggiore, graziò i presenti.

Adam venne però convocato lo stesso al Tempio Massimo

“Mio Signore, spero gradisca la novità della Legione Corrazzata.”

“Abbiamo  visto l’offerta di Astarat e se ne compiaciamo, ora il tuo Signore ti metterà al corrente della prossima fase del progetto, Adam.”

Il Re Uomo era l’unico essere mortale ad avere accesso alla sapienza e ai programmi di Alath.

“Dovrai liberare l’Ayurta dall’infame presenza degli Infedeli.”

Adam rimase perplesso, ma inginocchiato: “Dunque il mio Signore vuole prendere un gruppo di mondi al confine dell’esistenza?” la richiesta lo colse di sorpresa.

“Adam, gli Infedeli con la loro esistenza bestemmiano Iddio, e la loro voce demoniaca si sta propagando altrove. La loro ignobile condotta deve cessare. Non possiamo concedere una simile empietà. Non possiamo permettere che un popolo di bestemmiatori goda dei vortici di Linfa che bagnano quei mondi.”

“Il mio Signore è la mia guida. Dietro al suo comando scendo in guerra.” Disse Adam “Sia dunque eseguita la sua volontà.”

Adesso il Re doveva studiare una strategia nuova, mai concepita prima. Attaccare non un sistema, ma un gruppo di cinque mondi, Ayurta, un primordiale ammasso di pianeti senza legami fisici e dimensionali, dove la Linfa scorreva selvaggia, rompendo tutte le leggi fisiche in un modo  caotico e letale. Nessuno aveva mai combattuto in un simile ambiente. Non si trattava di sottomettere alcuni mondi, perché la particolarità di Ayurta era quella di essere un gruppo di mondi binari, cioè sospesi fra una dimensione e l’altra, alcuni addirittura erano un crocevia dimensionale dalle possibilità incalcolabili. Combattervi significava far fronte a una seria infinita di varianti fisiche del territorio, che mutava in modo costante, da sempre.

“Gli Infedeli? Sono esseri primordiali, grandi come montagne!” si preoccupò Astarat, il primo Alto Ufficiale al quale Adam rivelò l’intenzione di Dio .

“Non sarà facile. Quei viventi non li conosco bene neppure io.”

“Senza contare le altre entità che entrano e escano dai tunnel dimensionali che in Ayurta sono naturali come i Gaiser! T’immagini combattere su un campo di guerra, mentre all’improvviso si apre un gorgo dimensionale dietro alle tue fila?”

“Ayurta è una palude di Linfa. E come una palude nasconde trappole letali fra le sue acque immote.”

VIII

Visioni da Adamaran

Nel suo mondo perfetto, indisturbato dagli accadimenti dell’esterno, l’Allaghén era seduto su uno sperone di roccia, ai confine di un baratro, che s’inabissava nell’azzurro di un cielo dalla soprannaturale limpidezza.

Era in attesa. Fra non molto sarebbero arrivati all’appuntamento. All’orizzonte, infatti li scorse. Uno stormo di uccelli di luce, come sagome spettrali di antichi migratori, tornarono da lui.

“Vi aspettavo.” Disse loro

Risposero con una voce corale, ma allo stesso tempo era come se parlassero uno a uno: “L’ha fatta finita, era ora.”

“Siete liberi, adesso.”

“Non sembri felice di questo.”

“No, vi sbagliate, Coesistenti, sono molto contento per voi. Ma sono anche triste perché so che la vostra libertà è dipesa dalla sua costrizione.”

“La sua costrizione?” non capivano quegli Allaghén incorporei, al puro stato d’energia, come erano stati un tempo, tanto tempo prima della Creazione.

“Se toccate la mia Esperienza, potrete capire.”

Passò in quel momento uno sciame di bolle liquide. Un raggio si distaccò dalla rete di luce che avviluppava sia gli uccelli che il nostro Allaghén, e penetrò una di queste sfere. Il panorama mutò all’improvviso. Un corridoio  che entrava in  una sala di controllo sospesa su quattro enormi vasche. Il buio e la sensazione di essere dentro a una bara, vivi.

La mano di un Uomo sfiora l’aria e subito una tastiera virtuale prende a configurarsi. Ha con se qualcosa, sembra un pezzetto di cartone. Ma a guardare bene è una tessera rigida con un vetrino da microscopio al centro.

L’Uomo scrive qualcosa per aria.

Una voce artificiale risponde: “Bentornato, Re Adam, Caricamento Procedura Riservata di Livello Zero in corso. Attendere. Immettere la chiave del Processo Desiderato.”

Sicura la mano infila la scheda in un’apertura segreta della parete. Poi tocca un cursore della tastiera virtuale.

E la voce: “Processo d’Iniezione nel Cilindro A2 in corso.”

Accade così con altri cursori e a ogni tocco di quella mano: “Processo d’Iniezione nel Cilindro A3 in corso. Processo d’Iniezione nel Cilindro A4 in corso…”

In breve la luce sul fondo della Piscina numero Uno divenne di un viola raggiante. I prigionieri stavano cominciando a morire.

“Dunque è andata così? è stato lui stesso a farlo?”

“Come pensate possa essere andata, altrimenti? Lui conosceva i sistemi di sicurezza, doveva solo entrare e farlo.”

“Ma non ha rischiato la sua vita, il suo Dio lo avrà osservato?”

“A questo non posso rispondere. Lui di certo adesso è costretto a non ricordare ciò che ha fatto per voi. E, forse, questo lo sta salvando dall’ira del suo Dio.”

“Alath non pesca nella sua memoria perché non gli giunge alcuna vibrazione dall’Uomo, dunque?”

“Credo che funzioni come avete appena detto.”

“Cosa accadrà agli altri, ora?”

“Non posso leggere la sua mente, ma penso che il suo piano andrà avanti, sino a quando non sarete stati liberati tutti.”

“Perché ha rischiato la vita per noi?”

“Perché, Adam, il Primo Uomo, mi ha amato come nessun altro, con tutto se stesso, senza risparmiarsi nelle emozioni. Rischierà la vita per me, e per noi.”

IX

“Ayurta.” Disse Adam,  con lo sguardo fermo sul quadro virtuale le coordinate che intersecavano la zona di quegli strani mondi. Nella sala delle simulazioni aveva risvegliato i migliori e più recenti software bellici, in uno sfavillio di panorami ed equazioni matematiche.

Pronunciò: “Gorghi Selvatici, Linfa di Ayurta.”

Una spirale di luce intensa e verde, dal movimento fluido e pesante si plasmò al centro della sala.

“I gorghi selvatici, a livello statistico sono una turbolenza matematica. Ma sul campo di battaglia, le turbolenze interferiranno con la realtà dei combattenti.”  Simulò alcuni degli scenari incontro ai quali si sarebbe ritrovato, se i suoi guerrieri avessero attaccato uno di quei mondi. I risultati furono disastrosi.

“Un numero di morti senza precedenti. Uno sterminato cimitero. Ecco a cosa andremmo a trovare, se attaccassimo.” Pensò, osservando la simulazione.

“I danni sarebbero tali, da non consentire un domani all’invasione.” Rimuginò ancora “Che senso avrebbe una simile carneficina, dunque? Qual è il suo progetto su di noi?”

“Mio Signore, volevate vedermi?” chiese Astarat, abbassandosi con reverenza.

“Vieni avanti, Astarat, devo mostrarti lo scenario di guerra.” Rispose il Re.

Adam accese la simulazione che aveva studiato e pianificato per ore.

“Maestà, è terrificante.” Notò il Comandante dei Draghi “Ho combattuto molte battaglie con voi, ma questa previsione è  forse la più infernale a cui abbiamo mai assistito.”

“Sì, Astarat, sarà un inferno.”

“Sarà un inferno” ripeté  “dunque, mio Signore, avete già deciso tutto? Quest’attacco avrà luogo?”

“Proprio così, Astarat. Non posso evitarlo, è la sua volontà.” Replicò al tono preoccupato del  Rettile.

“Perché proprio Ayurta, mio Signore? Alath è grandioso e clemente, perché dunque non ci consiglia altri mondi, perché vuol attaccare il più selvaggio mistero della Linfa?”

Adam passeggiava, come suo solito, mentre gli rispose: “Ayurta è l’ultimo agglomerato di mondi che si possa raggiungere senza l’uso di reattori progettati nei Siti di Detenzione. Lì c’è la Linfa e potremmo catturarla per convogliarla nei Siti, costringendo gli Allaghén a generare un’energia infinita, per l’eternità. Una volta sottomessi quei mondi avremo una riserva tale di Linfa da garantire la supremazia del nostro Iddio per il resto dei secoli. È essenziale per procedere con l’Incarnazione dei Regni.  Non abbiamo scelta, o Ayurta o niente.”

“E la nostra specie sarà costretta a combattere per il resto dell’esistenza.”Sospirò Astarat. 

Adam esitò sulle parole del suo Comandante.

Continuò: “Maestà, anche se dovessimo prendere tutti i mondi di Ayurta, come sarà il giorno dopo alla guerra? Con i gorghi dimensionali che si scatenerebbero senza controllo, la nostra gente sarebbe costretta ad affrontare ogni giorno l’ingresso di una nuova resistenza, oppure la costante ribellione della Linfa. Per noi quei luoghi diventeranno fosse comuni!”

“Astarat, bisogna eseguire la sua volontà, non la mia.” Replicò, adombrato.

“Obbedirò ai vostri ordini, poterò laggiù la Legione, ma dovrò cominciare a scrivere uno per uno l’epitaffio sulle lapidi tombali dei miei soldati.”

“Parliamo della strategia generale, adesso.” Tirò corto, il Re, per non riflettere sull’amarezza del suo Stratega.

Con Astarat  fu semplice , ma con gli altri guerrieri della Seduta Empirea, l’esposizione della volontà divina avrebbe dato ad Adam del filo da torcere. La strategia infatti prevedeva un numero eccezionali di morti, mai visto nelle altre guerre, senza avere alcuna certezza di vittoria in un tempo ragionevole.

“Una guerra logorante, contro un nemico impalpabile e letale, l’incubo di ogni stratega. Molti dovranno sacrificare il proprio orto per la causa. Già sento le urla e le diatribe che s’innescheranno come ordigni pronti a esplodere.” Rifletté.

“In verità Adam non sarà solo. Il Signore suo Dio ha inviato emissari presso i confini di Ayurta, perché lo procedessero e ne riportassero notizie.”

X

“Astarat, porterai alla morte i tuoi Legionari, solo per seguire il capriccio di un essere fragile,  che va dietro alle sue isterie da prima donna?”

“Re Adam segue la volontà di Dio Onnipotente, e io gli sono leale.”

“Sei leale ad Adam o al Signore, Astarat?” la voce querula di Gavrael si fece insistente, tanto da far scattare in piedi il Drago.

“Mi chiamo Raugal Astarat Meran, Generale della Corte dei Draghi, Comandante della Legione Corrazzata di Sua Maestà, l’Unico vero Re dell’Empireo, Adam, per volontà di Dio Supremo. Non porto altri nomi, non ho altro destino, se non il mio Onore al cospetto dell’Onnipotente e del suo Re! Come osate dubitare della mia lealtà?”

“Calmo, Comandante Astarat.” Parlò Shatan “qui tutti sappiamo quanto sei leale alla Corona e a Dio. Quello che ci da pensiero, amico mio, è questa smania di buttare agli inferi la vita di innumerevoli valorosi Draghi, solo perché un Uomo con i pruriti del primo della classe, ha deciso un piano di guerra da suicidio. E lo ha fatto per apparire valoroso davanti agli occhi di Dio. Mentre valoroso non è, dal momento che ha già deciso che il numero di morti stimato per prendere Ayurta è, diciamo, tollerabile, in rapporto al fine. A lui non interessa quanti Draghi moriranno durante l’attacco, saranno solo numeri di riferimento per la sua relazione, pedine che verranno sacrificate senza remora, pur di ottenere quei mondi e il successo.”

“Re Adam esegue la volontà di Dio, non mi sembra il caso di doverlo ripetere ogni quarto d’ora, Generale Sheran. Vi chiedo ancora, Signori,  posso sapere perché sono stato convocato?”

“Ci siamo riuniti fra gentiluomini perché pensiamo che il trattamento che il Re ci ha riservato non appaghi il nostro Onore di combattenti. Di più, Astarat, reputiamo quest’ultima impresa, la campagna di Ayurta un vero suicidio, un bagno di sangue inutile. E Dio non c’entra nulla.”

“Dio ha dettato questa volontà al Re.”

“No, Dio ha detto che sarebbe stata necessaria la Linfa per portare a  compimento il suo progetto. Ma fu Adam a dire che avrebbe espugnato l’unico luogo dove la Linfa vive in abbondanza e allo stato selvaggio, Ayurta. Adam ha aggiunto che lui avrebbe compiuto quell’impresa. Ha preparato i piani, e li ha presentati ad Alath.”

Astarat si azzittì.

“Sorpreso mio caro amico? Io non lo sarei tanto. L’Uomo aveva bisogno di un pretesto per sfavillare davanti al Esercito Empireo, gettando ombra sugli altri Guerrieri. Un’occasione dove avesse potuto farsi notare con il suo disprezzo per le imprese troppo ardite. Altrimenti presto la sua aura di magnificenza, che si è accesso con la menzogna, si sarebbe spenta e lui sarebbe rimasto il misero umano che è. La morte dei tuoi draghi sarà l’olocausto che proporrà a Dio, in cambio del Trono di Re Incarnato dell’Erat e dell’Adamath.”

Il Drago non replicò.

Adam si levò con lentezza in piedi, dopo aver lasciato per terra un giocattolo di metallo.

“Mi bastano due centimetri. Muovilo in avanti di due centimetri e capirò che sei tu.”

Il Comandante Siran scosse il capo: “Come fai a essere certo che sia un Allaghé?”

“I racconti dei testimoni, un’ombra azzurra, una voce che sembra quella di un bambino, e il furto di alcuni giocatoli del museo.”

“Potrebbero essere solo gli effetti di una deliberata sbornia. Questi navigatori li vedrei bene lavorare in miniera anziché sul ponte di un’Astronave.”

“Il fatto che i soldati siano mastini da guerra non significa che siano bevuti il cervello.” Tagliò corto Adam “Se qui c’è un Allaghé, lo prenderemo.”

“Perché non è scappato via? Era un prigioniero, si è liberato dalla “lampada”, poteva correre lontano dai suoi aguzzini.”

“Forse nella prigionia ha stretto un profondo legame con il suo rapitore. Capita più spesso di quanti immagini, Orathian. Gli Allaghén sembrano attratti dall’amicizia, e questo è il vero mistero. Sono creature solitarie, allo stato selvatico, mi chiedo come mai cerchino un legame con gli Uomini.”

“Uomini e Allaghén sono un connubio esplosivo. I secondi portano i primi alla follia.”

Adam lo guardò, il Siran era un perfetto dicitore delle parole di Alath. Ma in quel suo ripetere non c’era anima, solo il vizio inculcato nei secoli di camminare lungo la via più facile, quella segnata.

“Gli Allaghén sono attratti dai giocattoli colorati.” Pensò a voce alta Adam “questo modellino di automobile potrebbe essere invitante. È sul tipo dei giochi che ha rubato al museo.”

Nel frattempo i soldati prepararono le trappole nella sala. Alcuni giocattoli vennero sistemati all’interno di una specie di scatola in cui, una volta dentro, la luce dell’Allaghén non sarebbe potuta più fuggire. Le scatole erano invisibili alla luce azzurra della sua energia, solo per un certo lasso di tempo, poi l’effetto sarebbe scemato, assieme alla sorpresa della trappola. Perciò le cose andavano fatte alla svelta, una volta scoperto l’inganno sarebbe stato difficile escogitare un’altra trappola nella quale far cadere la creatura, ormai smaliziata.

“Se non ci cade entro un’ora, dobbiamo fare i bagagli e pianificare qualche altro modo per prenderlo.” Disse Adam.

“È più furbo di quel che pensavo. Sono due giorni che tentiamo d’ingannarlo, ma è guardingo e non ci è ancora caduto.” Sbuffò Orathian.

Adam si azzittì per riflettere, senza la fastidiosa eco di vanagloria del Siran. Poi sortì, con un tono quasi brutale: “Via, andate via, lasciate che rimanga da solo qui.”

Orathian sospirò con sufficienza, ma dovette obbedire al Luogotenente di Alath. Fece segno ai soldati e il drappello si allontanò.

“Ragazzo, sei qui, lo so. Vedi, li ho mandati via, siamo rimasti soli, io e te.”

Si flesse sui piedi e riprese: “Sono sicuro che non conosci questa storia.” Parlò con voce bassa e amichevole “Me l’hanno raccontata i sapienti, e parla di un’avventura paurosa accaduta molto tempo prima di adesso.”

Un sospiro penetrò nell’aria, vibrando come uno zefiro azzurrino. L’Uomo rimase fermo in mezzo alla sala, mentre il lieve turbinio  prese a materializzarsi in una forma luminosa, evanescente. Adam continuò a parlare: “C’era una volta, tanto tempo fa, un vecchio signore che abitava in una casa, presso un sentiero di montagna.”

Due occhi neri come la notte con delle scosse blu che ne percorrevano le iridi, si delinearono innanzi all’Uomo, quasi si fosse avvicinato per ascoltare. Adam inventò di sana pianta la sua storia, sapendo che l’Allaghén ne sarebbe stato attratto. Ora l’entità era prossima alla trappola. La voce di Adam sembra  miele per l’Allaghén, che gli ronzava molto vicino. Attese ancora per poco, poi la creatura decise di accettare l’invito di Adam, muovendo il giocattolo. Quando fu il momento giusto, la trappola scattò. Era tutto finito, Adam aveva il suo prigioniero. 

“Trasformati, e fa’ in fretta.” Imperò un soldato, mentre Adam guardava la piccola stella blu imprigionata in una sala, in attesa che prendesse la sua forma materiale.

Nella sala comparve, penetrando da una parete liquida, una creatura bipede, enorme, con due moncherini al posto delle braccia, sembravano due rimasugli di ala. Dalla tunica che la ricopriva sembravano spuntare lingue di luce rossastra.  Sotto quello che doveva essere il mente, dondolavano due bargigli di carne, penzolanti da una specie di becco polposo.

“Non mi fare male.” Implorò l’Allaghén trasformato, nel vedere una creatura simile, quando Adam lo fece uscire.

“Obbedisci e sii educato, non ho intenzione di farti fare male.” Replicò duro.

“Perché mi hai portato qui? Io non volevo.” Lagnò.

“Sta’ zitto e non fare domande.” Ridisse Adam.

Rimuginando sull’incidente dei Siti di Detenzione,  afferrò l’Allaghén per un braccio e lo trascinò in una vasca vuota: “Sta’giù e buono.” Ordinò, spingendolo con violenza verso il basso. La creatura cadde stesa per terra.

“Adesso apri le orecchie.” Disse “Obbediscimi, perché non tollero iniziative.  Non ti farò del male, ma tu devi eseguire i miei ordini, altrimenti il dolore per te sarà infinito.”

L’essere aveva estroflesso dei tentacoli di luce che divennero come tante braccia, capaci di tenere premuto sulla vasca il prigioniero. Mentre sul petto stavano fuoriuscendo alcuni peduncoli, anch’essi di luce. Adesso sembrava una specie di calamaro dallo strano chiarore rosso.

“Ma perché? Cosa ti ho fatto?” piagnucolò.

La creatura estese uno dei tentacoli luminosi, e lo fece penetrare nel corpo dell’Allaghén. Una scossa rovente lo colpì nelle viscere, facendogli credere che il suo intestino si stesse squagliando. Rimase impietrito, raccolto nel suo corpo come un feto nell’istante della sua morte.

“Non mi sono spiegato bene, forse?.” Riprese Adam

“Cosa devo fare per te?” agonizzò l’Allaghén.

“La frase giusta è: “Come posso servirti, mio signore?” Ripeti.” Ordinò con brutalità.

L’Allaghén inghiottendo il suo sangue, ripeté la domanda.

“Tre desideri, devi adempiere a tre miei desideri, ora ti dico come e quando.” Replicò.

Immediatamente una luce rossa lo avvolse, e l’Allaghén sentì bruciare nella mente.

“Prima cosa. Voglio che tu sposti questo giocattolo, anche di soli due centimetri.” Con un sorriso demoniaco, Adam mise il gioco usato per la trappola su di un tavolo.

“Se, se faccio questo, mio signore, potrei morire, non ho più forze.”

Adam non rispose. Ma l’essere di luce rossa infilzò lo stomaco della creatura con una scossa tale che per poco davvero non la uccise.

“Obbedisco.” Farfugliò “Ma fermatevi, vi prego.”

L’Allaghén guardò il suo Coesistente, e si piegò carponi. Raccolse la terra fresca e soffice del suo mondo ideale. La sfera con l’esperienza del suo simile balzò in lontananza, divenuta un pezzo del panorama.

“Ti ha fatto questo?” farfugliò, con la saliva che non riusciva a trattenersi dalle labbra, come un pianto soffocato.

 Il Coesistente: “Sono ancora in quella vasca. Ogni sera la Luce Rossa viola il mio corpo, e io sono un bozzolo ormai, pieno dei suoi germi.”

“E lui? Lui che ti fa?”

“Nulla più. Mi hanno preso i Siran. Ora neppure mi ricorderà. Non ricorda.”

Il Coesistente s’involò oltre l’orizzonte come un Uccello di Luce.

La Luce, la Luce Rossa.  L’Allaghén aveva già sentito di una Potenza che si nutre dei corpi, rendendoli schiavi.  Adam aveva nutrito quella belva di luce come se avesse dato da mangiare a uno squalo nell’acquario. Ma perché cedette la sua creatura ai Siran?

“Non ricorda.” Disse il Coesistente poco prima.

L’Allaghén decise di tornare, per lui nell’Erat vi era solo tristezza e pericolo. Adam era solo un sogno, un ricordo perso nei sentieri percorsi insieme, molto tempo prima.

“Ha visto Adam.” Disse la Regina del Sud, accorgendosi della sua afflizione.

L’Allaghén rispose con un muto assenso.

“E quello che hai visto non ti è piaciuto.” Continuò la Regina.

Lui: “Tu, tu sapevi cosa avrei incontrato, tornando laggiù?”

“Lo sapevo. Ma non potevo evitare che tu facessi la tua esperienza. Anche se te lo avessi raccontato, l’avresti preso per un mio tentativo di dissuaderti. Ma sei stato forte, e saggio. Alath sperava che ti lasciassi prendere dallo sconforto, cadendo nell’apatia, così ti avrebbe soggiogato con le sue solite melensaggini. Ma tu, contro le aspettative degli Uomini e, devo dire, anche io non ero molto sicura di aver fatto la cosa giusta, lasciandoti andare, tu ti sei fatto coraggio, hai visto, e preso una decisione per il tuo bene e il bene di Adam. Sono onorata di averti conosciuto, Allaghén.”

“Per il bene di Adam? Cosa avrei fatto per il suo bene?” ripeté, confuso.

“Ora non troveresti una logica a questo. Ma presto lo capirai e lo capirà anche lui.”

La Regina vide il grande turbamento dell’Allaghén e chiese: “Cos’hai visto, vuoi raccontarmi?”

Lui: “Adam. Ma era diverso. Imperioso, malvagio.”

“Un Re?”

“Sì, un Re.”

L’essere di luce reclinò il volto, assorto, su un punto del vuoto.

“Che cosa ti ha assalito?” fece la Regina, notando l’oscurità sul suo viso.

“Nell’Esperienza che ho visto c’era una creatura, una belva fatta di Luce Rossa. Una specie di enorme uccello, senz’ali, con una sorta di impossibile becco carnoso. Adam la usava per o per trattenere il prigioniero nella vasca, e  aveva dei tentacoli di luce rossa,  che gli  infilava nel corpo, costringendolo a rimanere immobile. Credo che con questi gli succhiasse l’energia. Poi, agli ordini di Adam, questa cosa faceva muovere il corpo del prigioniero, come se fosse la mano dentro un guanto da burattinaio. Si muoveva a scatti, senza volontà, quasi si stesse animando un ammasso di carne morta. Dapprima non ricordava cosa fosse, ma a ripensarci ora, credo di sapere di cosa si trattasse quella luce rossa.”

“Dunque?”

“Tu non lo sai?” rimandò perplesso.

“A questo punto spero solo che non sia quella cosa.”

“Speranza inutile.”

La regina annuì: “Era questione di tempo. Adam li avrebbe conosciuti, i più feroci e primitivi servi di mio fratello.” Replicò.

Alessandra Biagini Scalambra