Tra le poche autrici italiane impegnate nel genere horror, Simonetta Santamaria, napoletana doc, ha recentemente pubblicato il romanzo “Dove il silenzio muore”, che ci ha procurato non pochi brividi. Per questo motivo abbiamo deciso di intervistarla per voi e di conoscerla meglio.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È SIMONETTA SANTAMARIA?
Una a cui piace camminare fuori dagli schemi. Una donna con l’animo del camionista, una che da piccola voleva fare il meccanico. Una a cui piacciono le sfide, una che vorrebbe sapere che c’è dopo la morte. Una che si mostra per com’è. Una fissata con i teschi. Una battagliera.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, DAGLI E-BOOK AI RACCONTI AI ROMANZI?
Ho pubblicato i miei primi due racconti con le Edizioni Il Foglio: fu una vera iniezione di fiducia per me che cominciavo timidamente a tastare il terreno dell’horror. E sempre con loro ho pubblicato “Donne in Noir”, una personale raccolta di storie che affondano nel lato oscuro di noi donne. Contemporaneamente ho vinto l’undicesima edizione del prestigioso “Premio Lovecraft” con “Quel giorno sul Vesuvio”, una stellina sul mio percorso di cui vado molto fiera: se Il Foglio mi ha battezzata, il “Lovecraft” mi ha cresimata, senz’altro. Poi è uscito il mio e-book “Black Millennium” che è gratuito e scaricabile da internet. Per quanto riguarda la serie di racconti pubblicati in antologie citerei “Irrefrenabile passione” (“San Gennoir” – Kairòs), una sorta di macabro contrappasso calcistico; “Confessione di un apprendista di bottega” (“Partenope Pandemonium” – Larcher), una personale rivisitazione dei misteri che avvolgono la famosa cappella di Sansevero a Napoli, le sue sculture e il principe Raimondo di Sangro; “Necromundus”, (“M Rivista del Mistero” – Alacran), da un’idea di Giuseppe Cozzolino, classica zombie-novel però ambientata nei tre giorni tra la morte e la resurrezione di Cristo. Il che porterebbe a farsi delle domande…
RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO IL TUO ULTIMO ROMANZO “DOVE IL SILENZIO MUORE”: VUOI RACCONTARCI UN PO’ COME È NATO E COME SI SVILUPPA?
“Dove il silenzio muore” (Cento Autori) è un romanzo ambientato a Napoli, come tutte le mie storie, in un borgo immaginario ai piedi della collina di Posillipo. Tutto parte da un antico manufatto egizio, l’Ouroboros, il serpente che si morde la coda simbolo di rigenerazione ed eternità, governato da Apopis, dio del Buio, che porta scompiglio e morte ai giorni nostri. C’è Sara, la protagonista, che ha il dono, o la maledizione, di vedere, una sorta di capacità medianica fatta di strane visioni che lei stessa dovrà poi decifrare. Nella narrazione passato e presente s’intrecciano fino a formare un’unica incalzante e soffocante traccia che porterà all’epilogo. Si parte da un capitolo Zero e si finisce con un capitolo Zero: tutto riparte dal principio, proprio come per l’Ouroboros.
IN QUESTO LIBRO CE N’È DAVVERO PER TUTTI I GUSTI, DALLE MALEDIZIONI ALLE CASE INFESTATE AL DEMONE, MA TU SOPRATTUTTO TI OCCUPI DELLA PSICOLOGIA E DELLA VITA DEI TUOI PROTAGONISTI MESSI DI FRONTE ALL’ORRORE E NON VICEVERSA. COME MAI QUESTO PUNTO DI VISTA, QUESTO TAGLIO DI LETTURA MOLTO PARTICOLARE?
È attraverso i miei personaggi e la loro psicologia che io porgo l’orrore al lettore. La loro paura diventa la sua e, come per tutto il mio horror, si tratta di paure quotidiane: elementi talmente familiari al lettore da farli sembrare reali. Gli stessi che dopo, a libro chiuso, gli faranno scrutare il buio con qualche palpitazione in più. È questa la vera Paura. Non sono il sangue o i plateali sbudellamenti a terrorizzare, quelli generano ribrezzo, disgusto. La Paura è un’altra cosa.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE HORROR E PER IL MISTERO IN GENERALE. CHE SIGNIFICATO HANNO PER TE QUESTE TEMATICHE?
Una scelta precisa. Il mistero e l’orrore mi hanno sempre affascinata, fin da bambina. E oggi scrivo storie del genere perché è nelle mie corde, è quello che mi viene naturale. Ed è la dimostrazione che anche le donne sanno scrivere di horror, e donne italiane. La mia battaglia è convincere i lettori che non c’è bisogno di comprare sempre e solo nomi altisonanti della letteratura straniera per avere tra le mani un bel libro. E se questo accade ancora è colpa della subcultura del bestseller.
SEI UNA DONNA E SCRIVI HORROR, UNA COSA MOLTO INSOLITA IN GENERALE, SONO POCHE LE DONNE CHE SI SONO CIMENTATE CON QUESTO GENERE. COME MAI QUESTA SCELTA PARTICOLARE?
Te l’ho detto, mi piace diversificarmi. Un giorno mi sono detta: se lo fanno gli uomini posso farlo anch’io. E ho scritto il mio primo racconto. Quello che dispiace è la scarsa attenzione della grande editoria verso un fenomeno al femminile che potrebbe invece prendere grande piede in Italia e all’estero. E oggi l’horror è in una fase di rivalutazione, di rinascita; bisogna insistere, battagliare. Intanto mi onora che il Corriere mi abbia definita “lo Stephen King napoletano”: è un primo passo.
E PERCHÉ SECONDO TE SONO POCHE LE DONNE SCRITTRICI CHE SI OCCUPANO DI HORROR?
Perché per scrivere horror devi avere una vena di sangue nero che ti circola dentro. Forse la donna non è geneticamente predisposta a pensare in nero, la tendenza è più verso la narrativa classica, intimistica. Noi horror writers invece abbiamo la capacità di vedere il macabro dappertutto, pure in una festa di bambini. Ed è una capacità che mi piace assai, lo confesso.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Partendo dall’assunto che per me il macabro può essere dappertutto, a volte mi basta un nome o un antico portone socchiuso per far scoccare la scintilla che darà vita a un racconto. Basta guardarsi intorno, lasciare che i luoghi ti parlino. Dallo stesso elemento può scaturire una favola o una storia spaventosa, il resto dipende poi dalla propria immaginazione e dalla capacità di renderla tangibile.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Ho appena finito un racconto per un’antologia e sono alle prese col mio prossimo romanzo, sempre ambientato a Napoli, ma stavolta il protagonista è un uomo. Il mio sogno? Uscire dai confini, diventare l’icona dell’horror femminile italiano, vedere i miei libri dignitosamente esposti in libreria. Chiedo troppo? Forse sì ma, come ho detto, sono una che non molla perciò a presto e intanto… attenti al Buio!
08/08/2008, Davide Longoni