ERATAI 09 – LA FINE DELL’UNO: IL RE BIANCO E IL RE NERO – QUARTA PARTE

Leggenda dell’Upupa

XI

L’Allaghén uscì dalla stanza, camminò oltre il giardino, cercando di riflettere. Trovò rifugio sotto il più antico degli alberi del  bosco.

“Vecchio mio.” Lo salutò.

La corteccia ispessita e la flemma delle sue fronde ataviche gli avevano sempre ispirato una profonda connessione con sé stesso. Quel signore della foresta era uno dei suoi più cari amici.

“Luce Rossa.  Servi di Alath. Belve senz’anima.” Si corrugò scivolando con la schiena sul tronco, verso terra “Dove vi ho visti?”

Riflettendo si trasportò nel suo mondo oltre le idee. Ammassi di Esperienza apparvero all’orizzonte come nebulose cosmiche. E i raggi gelatinosi lo raggiunsero, agganciandosi sui suoi.

Trasmise la sua Esperienza e la memoria che andava cercando gli risalì, proiettandosi nell’immediato in ogni suo simile, ovunque si trovasse, in ogni angolo dell’universo.

Un luogo accalcato di persone, mantelli pesanti, voci cavernose di Rettili e squillanti di Uomini. Ricordava quel luogo, uno dei tanti punti di contatto per scambiarsi qualche cosa di inusuale  fra Umani e Lacerta.  Banconi pieni di cose di altri luoghi, luoghi remoti, talora andati persi nel tempo.

“Adam!” chiamò. Poi vedendo che non attirava la sua attenzione, gli andò vicino per tirargli la manica. L’uomo stava parlando con dei Lacerta, che gli avevano chiesto consigli su alcuni oggetti che volevano barattare nel mercato. Venne quasi trascinato dall’Allaghén verso un bancone.

“Guarda che belle!” disse, entusiasta all’Uomo.

I Lacerta si soffermarono, vedendo Adam attratto dagli oggetti esposti. Attendevano le sue parole sulla mercanzia.

“Queste spade sono davvero interessanti, amici miei.” Disse Adam “Vedete la foggia così ricca di dettagli e riccioli? Si tratta dello stile di un’antica fucina. Oggi i maestri spadai che le hanno forgiate sono estinti assieme alla loro razza di rettili. Erano i Doromesu, sauri guerrieri, ma anche maestri artigiani e eccelsi cantori.  Vissero nell’Erat, durante la breve stagione che separò la Prima Era dal Grande Freddo.  La loro specie dunque non ebbe una lunga storia. Mi commuove rivedere le loro spade.”

“Credi che qualcuno sarà interessato a collezionarle?”

“Sai che ti dico, non sono un collezionista, ma una te ne prendo. Ho un ricordo molto intenso di quei sauri, e mi piacerebbe restaurare qualcosa forgiato dalle loro mani.”

“Allora Adam, guarda questo pezzo. L’ho recuperato dopo una ricerca durata anni, nelle grotte del Vaman.” Il Lacerta andò nel carro e tornò con una specie di grosso libro, dalla copertina imponente, quasi lignea, con gli angoli metallici “Ho delle strane sensazioni ogni volta che lo prendo fra le mani. In sincerità non sono riuscito a capire di cosa tratti, perché dopo le prime pagine sentivo uno strano astio.”

Adam lo guardò, quasi affascinato: “Ti dico cos’hai fra le mani, caro Lakkon. Si tratta di un Diario dei Giorni, una specie di libro mastro in uso presso i Domoresu. Ed è un pezzo che credevo ormai perduto, “Il Crogiuolo della Spada”.”

“Prendilo tu, Adam, ho visto che il tuo amico Allaghén è molto interessato ai miei libri antichi e alle mie spade. Non ho idea come scambiarlo, i Lacerta non lo vogliono per lo stesso mio motivo. Gli Uomini neppure sembrano amarlo. Mentre tu ne sei attirato. Fai tu lo scambio.”

Lakkon era un Lacerta onesto e leale, non avrebbe tirato un colpo mancino, rifilando ad Adam quel Libro. Sicché l’Uomo: “è un pezzo davvero di valore, almeno per me. Sarei disposto a scambiarlo con molte cose pur di averlo. Anche per il rischio che hai affrontato per recuperarlo. E ti ringrazio di avermelo proposto.”

“Il tuo Allaghén ha avuto fiuto.”

“Sì, è diventato bravo.” sorrise.

L’Allaghén si accucciò con le gambe conserte sul tappeto e con gli occhi appiccicati al libro che aveva trovato al mercato dei Lacerta.

“Chi erano i Doromesu?”

“Una razza di rettili sapienti. Guerrieri, ma non vili uccisori. Lottavano per tenersi stretta la libertà.”

“Perché? Cosa li minacciava?”

“Gli Oscuri erano un popolo morente, e si dice che alla fine della Prima Era, avessero stretto un patto con una potenza al di fuori dell’Erat. Questa potenza promise loro di proteggerli dai pericolosi sauri, che per natura, tendevano a invadere le loro città. Ma lo facevano perché gli Oscuri avevano occupato i boschi nei quali vivevano.” Rispose Adam scrollando il mantello oltre l’abside della tenda.

“Che strani disegni!” fece arricciando il naso l’Allaghén “Li ho già visti da qualche parte.” Frugò in uno zaino e tirò fuori alcuni fogli. Cominciò a leggerli.

Adam, indossata la veste comoda, si sedette sul tappeto della tenda, accanto all’Allaghén, che stava leggendo con una certa passione alcuni fogli. L’Uomo, sorseggiando del the, parve incuriosito dall’ardore di quella lettura.

“Up…upu..” balbettò il suo giovane amico su una parola ignota

“Upupa.” Replicò sorridendo l’Uomo.

“Upupa. Che cos’è?”

“Un uccello. Cosa stai leggendo?”

“Storia del Popolo degli Uccelli.”

“Interessante. È uno dei miei racconti che gli Uomini vogliono sentire più spesso.”

L’Allaghén si voltò sul suo viso: “Davvero? Me la racconti anche a me la storia? Questi fogli sono pieni di date e nomi difficili. Me la racconti tu a voce?”

“Certo , ma dimmi, perché ti interessa il Popolo degli Uccelli?”

“Al Raduno ho sentito Garaegor che ne parlava, facevo domande, ma nessuno mi rispondeva. E poi mi pare di aver visto gli stessi disegni del Libro dei Giorni in questi fogli.”

“Capisco. ” Adam sembrò quasi preoccupato nello scorgere i simboli indicati dall’Allaghén sul Libro dei Doromesu. Gli Uomini tendevano a non notare una creatura così infantile e poco imponente, fra loro. La sua voce non la udivano neppure. Adam invece provava molta tenerezza per la sua curiosità famelica,  un po’ persa in un mondo non suo, così gli raccontò. Inoltre in quel momento la narrazione gli serviva per riportare alla memoria quei simboli.

“Si tratta delle formule magiche dell’Amuleto dell’Upupa.” Disse, oscuratosi da un’ansia recondita nella voce.

L’Allaghén lo guardò, affascinato: “Raccontami, allora!”

“Non idea di cosa c’entrino i Doromesu con l’Upupa, ma se le cose hanno preso questa strana piega, forse la soluzione a quest’enigma è molto vicina.” Sospirò “Ti racconterò questa storia, va bene. Ma è una storia che non riguarda i Doromesu, né il Libro dei Giorni che hai fra le mani. È la narrazione di come nacque l’Amuleto dell’Upupa e dei suoi simboli.”

L’Allaghén si accomodò per ascoltare.

XII

Adam prese a parlare: “C’era una volta, tanto tempo fa, in un mondo molto lontano, il popolo degli Uccelli. Era un popolo libero, simile alle aquile dell’Erat,  che amava il sole e di buon mattino cantava al sole piacevoli melodie. Una giovane aquila, di nome Hanser. Era, fra le giovani aquile, la più veloce nel volo.  Viveva nelle montagne  Meridionali, e ogni mattina si alzava in volo assieme al sole, per fare ritorno al suo nido con sua madre, la grande aquila Naibur. Naibur era la regina delle Acquile del Sud, Hanser un giovane principe.

Nelle montagne in cima a un vecchio sentiero, annerito dal tempo, viveva anche un Uccello Stregone, l’Upupa. Il suo nido era sempre avvolto da una caligine, per effetto delle sue magie. Hanser volava spesso sul nido dell’Upupa,  e lo stregone era invidioso del grande regno libero di Naibur. Al tramonto sospirava indicibili pensieri perché la Regina perdesse il suo regno.

“Signori della notte, perché lasciate che le aquile siano libere di volare nel sole, e lasciate me, il vostro devoto servo, anelare che scenda la notte?”

E i signori della notte gli rispondevano: “Tu saresti un grande sovrano. Molto più potente di Naibur, ma ti manca la forza di un aquila e la sua velocità per combatterla.”

“Signori oscuri, cosa dovrei fare per avere la velocità e la potenza di un’aquila?”

“Evoca le forze della notte, che giacciono nel cielo, e che non possono scendere sul mondo, giacché questo è per loro ostile.”

“Ma una volta evocate le potenze nere, cosa darò loro, a pegno della loro discesa?”

“Di’ loro: “ Nere Potenze Celesti, questo vi offro perché mi rendiate sovrano del mondo: il regno delle aquile e tutti gli Uccelli che popolano questa terra saranno vostri, e io dal mio trono servirò le mie oscure forze alleate.”

In quel momento dal cielo discesero le oscure forze evocate dall’Upupa. Nel suo segreto antro scavato nel tronco del grande Albero, forgiarono un amuleto, con l’aiuto delle sue formule magiche.

Fu in quel momento che le Potenze Nere diedero all’Upupa le parole segrete della più terribile Invocazione, il Richiamo della Luce.”

L’Allaghén si scosse, e chiese: “Che parole sono? Perché quando ho domandato di questo, Graegor mi ha detto che non le avrebbe mai pronunciate?”

Adam sospirò: “gli Uomini hanno ancora paura di questo racconto. Ancor più del Richiamo della Luce, per quello che rappresenta. Ma devi sapere una cosa, le parole sono solo contenitori e se non sei tu a dar loro vita con il significato, queste non ti faranno alcun male. Per tale motivo ti dirò le parole del Richiamo della Luce.”

Adam si accomodò i cuscini e continuò il racconto: “Le Potenze Nere elargirono il Richiamo della Luce all’Upupa, raccomandandosi con queste parole: “Fa’ che il luogo dell’Invocazione sia pulito, riparato da fonti di luce esterne, non perciò vi sia l’ingresso del sole, né delle stelle. Arderà il solo fuoco del  crogiuolo,  e dalla tua bocca usciranno parole al cui credere non ti sarà vano. Reciterai la Ripetizione, che è  ripetere il nome della Luce per novantanove volte, e all’ultimo proferirai il Nome Oscuro. Ricorda che il Nome deve essere annunciato dopo la Ripetizione. Il più tetro degli anatemi ti attende se pronuncerai il Nome da solo. Ecco le Parole:

‘Vi invoco, Potenza di Naam, Corona di Anhin, Vessillo di Lukomon.

La Luce convoco nella sua Forza Sublime, padrona degli spazi cosmici, dominio dell’Asse Primordiale, perché vigili su questa sacra Alleanza fra l’Upupa e le Potenze.

Potenza di Naam discendi come l’ombra di quest’amuleto, rendi vivo ciò che è inerte e rendi vivo ciò che può morire. Corona di Anhin agita il tuo spettro in quest’amuleto, perché servi la tua memoria in colui che assoggetterà. Vessillo di Lukomon, colpisci con le più orrende piaghe colui che questa sacra Alleanza contrasta, disfa la sua mente e rendilo materia amorfa.

Queste sono le mie Invocazioni, per le quali faccio eterno sigillo di fedeltà attraverso la Ripetizione, e ammetto: “Credo nella Luce, che è l’Unica Potenza delle Potenze, nel suo Dominio Assoluto dell’Asse Primordiale, nel suo Impero Cosmico venturo, adesso e nei secoli avvenire. Così Sia.’ ”.

Ricevute le Parole, l’Upupa si mise al lavoro per forgiare l’amuleto, sotto la supervisione delle Potenze Nere. Fu una notte molto lunga, ma all’alba dal fuoco del crogiuolo, uscì il disco di metallo con le incisioni sacre. L’Amuleto era pronto.

La Giovane Principessa Hanser volteggiò la mattina seguente, come era solita, sulla montagna dell’Upupa. Questa la chiamò: “Vieni ospite in casa mia, giovane Principessa, ti offrirò il migliore cibo di questa montagna e ti regalerò un potente amuleto contro i mali che affliggono la vecchiaia di tua madre, la Regina.”

L’aquila non sapeva nulla delle magie dell’Upupa, poiché sua madre non gli aveva mai raccontato. Si ricordò però le parole del Vecchio Saggio, l’Albatros:  “Non t’avvicinare troppo al nido dell’Upupa e non seguire i suoi consigli, sebbene sia uno Stregone come me, l’Upupa esegue la magia per suo arricchimento personale e non per il Popolo.” Ma Hanser era troppo giovane per capire quelle parole e di magia non conosceva alcun rudimento. In seguito il Vecchio Albatros s’involò sull’Oceano e nessuno lo rivide più per anni. Un giorno, la Cicogna, l’Uccello che conosceva i misteri della natura,  si fece ricevere con urgenza dalla Regina, portandole una terribile notizia. Avevano trovato il cadavere del Vecchio Stregone del Mare, l’Albatros.  Era probabile che ad ucciderlo fosse stato un Uccello. Naibur me fu sconvolta. Tutto il Popolo degli Uccelli cadde in una profonda tristezza, perché fra gli Uccelli non ci si uccideva, e se mai fra loro vi fosse stato un assassino, questi aveva li ingannati per tutti quegli anni. Uccidendo il Vecchio Stregone, poi aveva ucciso lo spirito della saggezza del mare nel mondo degli Uccelli. L’assassino però non venne mai scoperto.

Hanser aveva sentito queste storie quand’era ancora implume, ma erano per lei, solo le antiche memorie dei vecchi. L’importante era saper volare veloci e essere destri nella caccia, per essere sempre i migliori e i primi fra i grandi Uccelli della Corte delle Aquile. Perciò Hanser trascorreva le giornate destreggiandosi in tornei di volo e di caccia, più che a studiare la storia del suo popolo. Quando l’Upupa la chiamò, discese sul suo nido, lusingata dalle sue belle parole.

“Quale immenso onore, mi concede la Principessa degli Uccelli, regalandomi la sua presenza nella mia umile dimora.” Le fece, accogliendola.

“Tu sei l’Upupa, uno dei Nove Stregoni, vero?”

“Sono uno dei Nove, è così. Cosa conosci degli Stregoni, mia Principessa?”

“Non molto, una volta ho conosciuto l’Albatros, ma non ho avuto modo di approfondire la conoscenza, perché si dice sia morto sulla scogliera, quand’ero piccola.”

L’Upupa emise un cinguettio di attenzione: “Sta’ accorta, mia Principessa, non tutte le storie che si raccontano in giro sono veritiere.”

“Cosa vuoi dire?”

“Per esempio la Cicogna ti ha detto che l’Albatros era uno Stregone del Mare, non è così?”

“Sì, e che era il più antico e leale fra tutti.”

“Oh, che storia!”

“Spiegati.”

“La Cicogna ha tutto l’interesse per oscurare la fama degli Stregoni. Lei è un Tesoriere della Sapienza e odia chi è capace di usare la magia, perché mentre a un Tesoriere non è dato di poter chiamare le forze della Natura, a uno Stregone è stato concesso. Perciò nutre invidia e ci teme, come rivali nella conoscenza della natura.”

“Questo non è giusto. Gli Stregoni sono i nostri numi tutelari, compiono magie perché il Popolo degli Uccelli rimanga libero.”

“Proprio così, mia Principessa. Oh, come siamo fortunati che l’erede della Grande Naibur sia un’Aquila così sveglia e lungimirante!” disse con un tono strano.

“Cosa c’è? Perché fai quella voce?”

“Naibur la Grande, la nostra Regina, è stata per troppo tempo a contatto con la Cicogna, speriamo che la sua vecchiaia non sia tanto dolorosa per gli effetti della sua invidia.”

“Pensi che mia madre abbia ricevuto un qualche anatema dalla Cicogna?”

“Purtroppo ella è stata una grande Aquila, ma oggi è debole e afflitta dal lutto dell’Albatros. Ma tu sei nel pieno dei tuoi anni, potente e scaltra. Potresti riportare l’ordine nel Popolo degli Uccelli.”

“Ma sono ancora troppo giovane.”

“Lo ha detto la Cicogna, vero?”

“Ebbene, sì.”

“L’Albatros aveva tutt’altre idee per te.”

“Come lo sai?”

“Fra gli Stregoni non ci sono segreti.” Rispose l’Upupa “Ora, sotto il consiglio del mio amico, ti ho fabbricato un Amuleto molto potente, che ti proteggerà dagli influssi nefasti della Cicogna. Ma tu non fare parola di questo, neppure alla Regina, perché la Cicogna la sta soggiogando. Se manterrai il segreto, noi libereremo Naibur la Grande e tu diverrai l’Eroe delle Aquile, riverita e osannata fra tutti gli Uccelli, in ogni contea del mondo.”

Hanser si sentì ammaliata da quelle parole, immaginandosi già il momento in cui sarebbe salita trionfante sull’Altare degli Eroi, per essere venerata come Liberatrice. Accettò che l’Upupa le mostrasse l’Amuleto e dopo averlo benedetto (con le Potenze Nere, all’insaputa di Hanser)  glielo calzasse, nascondendoglielo sotto le folte piume.

Così Hanser fece ritorno al Nido Reale.

Non vista pronunciò l’incantesimo dell’Amuleto. In quel momento dall’oggetto s’irraggiò una luce rossa, che avvolse tutto il nido e in seguito avvolse ogni cosa attorno. Le aquile caddero in un sonno profondo, così come gli altri Uccelli. Solo Hanser rimase sveglia. Davanti a lei apparve un’ombra nera, gigantesca, dalle sembianze di un pipistrello.

Lei: “Chi sei? Hai fatto tu questo al mio regno?”

L’ombra: “Siamo stati noi, in virtù della nostra grazia e della nostra potenza.”

“Chi sei?”

“Il padrone di questo mondo, colui che ha ucciso l’Albatros e reso inoffensivi gli Spiriti degli Uccelli.”

“Cosa hai fatto agli Uccelli e al mio Popolo?”

“Il tuo Popolo, Principessa, non esiste più. L’Upupa vi ha resi nostri schiavi, d’ora in avanti useremo i vostri corpi per compiere il dominio sul resto dei mondi.”

Così mentre la sinistra aurora rossa, si allargò, sino a imperare in ogni luogo di quel mondo, Hanser venne portata dall’ombra in un luogo oltre il cielo, dove vi era solo metallo e un’ostile luce bianca. Lì fu imprigionata per sempre dentro una gabbia senza finestre.”

 “Che storia triste!”

“E’ accaduta.”

“Ma gli Uccelli, davvero erano Upupe, Aquile e Cicogne?”

“No, queste sono solo forme simboliche.  In realtà esiste un Popolo degli Uccelli, ma non è si tratta degli animali che conosciamo. Appartiene a una altro mondo.”

“Che animali sono?”

“Sono a tutti gli effetti simili agli Uccelli, ma la natura del loro mondo li ha dotati di grande intelligenza e di un rapporto magico con l’ambiente, per questo avevano gli Stregoni.”

“E dell’Amuleto, se ne conosce la sorte? È davvero esistito?”

“Certo. E la sua sorte è oscura come la sua storia. Ma sembra che la prigionia degli Uccelli sia connessa all’esistenza dell’Amuleto. Finché esisterà quell’oggetto che emana luce rossa, gli Uccelli saranno schiavi delle Potenze Nere.”

“Cosa sono le Potenze Nere, allora?”

Adam guardò l’Allaghén. Stirò le spalle, come indolenzito per la pena che grondava in quella storia e disse: “Sono i governanti di coloro che per poco non ti uccidevano.”

L’Allaghén di arricciò il naso: “Koissegai?”

“I più antichi fra loro hanno raggiunto una potenza magica notevole e sono dediti alle arti segrete della Luce Rossa. Un Uomo, un Allaghén, un Lacerta, odia simili arti, perché sono molto lontane dalla natura. Ma esistono, e chi le gestisce è davvero potente.”

Alessandra Biagini Scalambra