Titolo originale: Psycho
Anno: 1960
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: dal romanzo omonimo di Robert Bloch
Sceneggiatura: Joseph Stefano
Direttore della fotografia: John L. Russell
Montaggio: George Tomasini
Musica: Bernard Herrmann
Effetti speciali: Clarence Champagne
Produzione: Alfred Hitchcock
Origine: Stati Uniti d’America
Durata: 1h e 48’
CAST
Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin, Martin Balsam, John McIntire, Simon Oakland, Vaughn Taylor, Frank Albertson, Lurene Tuttle, Patricia Hitchcock, John Anderson, Mort Mills, Fletcher Allen, Alfred Hitchcock, Ted Knight
TRAMA
Phoenix, venerdì 11 dicembre, ore 14.43. Marion Crane, bella e giovane segretaria di un’agenzia immobiliare, è innamorata di Sam Loomis, imprenditore e proprietario di un negozio di ferramenta, con il quale ha intrapreso da tempo una relazione nascosta, fatta di fugaci incontri in albergo durante la sua pausa pranzo. Quel giorno il proprietario conclude un affare da 40.000 dollari per una casa nuova. L’acquirente, invece di pagare con assegni, porta con sé 400 biglietti da 100 dollari. Il proprietario li consegna a Marion, di cui si fida, affidandole l’incarico di versarli al più presto in banca. Marion esce con il denaro, ma parte per tutt’altra destinazione.
Dopo un lungo viaggio in automobile, non sapendo cosa fare, decide di dormire in macchina. All’improvviso viene svegliata da un poliziotto, il quale le fa qualche domanda per capire la sua situazione. Marion riparte, ma si accorge che il poliziotto la segue. Nella città più vicina si ferma da un concessionario e cambia la sua auto per non lasciare tracce. Rimessasi in viaggio, dopo qualche ora, sorpresa da un’improvvisa e battente pioggia, esce senza accorgersene dall’autostrada. Scorge però l’insegna del Bates Motel, sormontato da un’enorme casa situata su una collina lì a fianco, e decide di fermarsi. Mentre osserva una delle finestre della casa con la luce accesa, Marion nota l’ombra di una donna che si muove in una stanza. Arrivata a destinazione, suona il clacson e viene raggiunta dal giovane proprietario e gestore, Norman Bates, il quale le dice di avere il motel libero da tempo in quanto, dopo il cambio di percorso dell’autostrada, si trova su una strada secondaria… solo in questo momento Marion si rende conto di avere sbagliato strada. Il giovane si mostra subito gentile e, dopo aver dato a Marion la stanza numero 1, la invita a cena in casa insieme a lui e alla madre.
Norman rientra nell’abitazione per preparare la cena, ma ha un acceso diverbio con l’anziana madre, discussione che Marion ascolta dall’esterno. La donna è una signora invalida che si dimostra gretta, egoista e si rifiuta di accettare Marion in casa. Norman, amareggiato, scende nel motel con le pietanze e propone alla sua ospite di cenare nel salotto dell’ufficio. Qui il giovane, intavolando con la donna una conversazione dall’apparenza scontata e banale, si rivela emotivamente fragile e molto legato alla madre che, pur invalida, bisbetica e possessiva, non appare mai. Marion, confrontando la propria vita con quella di Norman, si rende conto che, per quanto piatta e senza soddisfazioni, la sua condizione di donna frustrata non è poi così intollerabile come le appariva in precedenza: decide allora di ritornare a Phoenix per restituire i soldi rubati prima che sia troppo tardi. Si congeda quindi da Norman e si appresta a fare la doccia. All’improvviso però una figura femminile appare nel bagno, assale l’ignara Marion, la uccide brutalmente a coltellate e si allontana furtivamente. In breve sopraggiunge Norman che, dopo un iniziale attimo di raccapriccio, decide di pulire il sangue dalla scena del delitto, quindi carica il cadavere e la valigia nella macchina di Marion, aggiungendo infine il giornale in cui la donna aveva nascosto il denaro e fa sprofondare il veicolo nello stagno lì vicino.
Una settimana dopo Lila Crane, sorella di Marion, si reca nel negozio di Sam Loomis, l’amante della sorella, per sapere dove si trovi. Quest’ultimo non ha però notizie della giovane e proprio in quel momento entra Milton Arbogast, un investigatore privato assunto dal capo di Marion per ritrovare i soldi rubati. Quest’ultimo si accorda allora con Lila e con Sam e cerca in tutti i motel della zona una traccia della donna scomparsa.
Arbogast, giunto anche lui al Bates Motel, interroga Norman e, dalle sue incertezze, capisce che nasconde qualcosa. Lo saluta, se ne va e raggiunge una cabina telefonica, informando Lila e Sam che ha scoperto che Marion ha dormito lì e annuncia che entro un’ora sarà in città. L’investigatore decide però di ritornare al motel per indagare ulteriormente: entrato nella casa di Bates, mentre sale le scale per interrogare la madre di Norman, viene assalito e ucciso dalla stessa assassina di Marion. Dopo tre ore di inutile attesa, Lila e Sam decidono di recarsi dallo sceriffo della città vicina, quella dov’era diretta Marion prima di scomparire, per chiedere a loro volta informazioni utili su dove possa trovarsi. La moglie dello sceriffo suggerisce di chiamare Norman al suo motel per chiedere se l’investigatore è andato da lui. Quest’ultimo conferma la circostanza, dichiarando poi di avere visto Arbogast andare via. Dopo la telefonata, lo sceriffo, sorpreso dal fatto che quest’ultimo avesse affermato che Norman viveva con sua madre, rivela a Sam e Lila che ciò non è possibile perché la donna si è suicidata dieci anni prima, ingerendo stricnina dopo avere ucciso il suo compagno.
Non convinta quindi della veridicità delle parole di Norman, Lila ritiene che Arbogast abbia scoperto indizi importanti, altrimenti non sarebbe sparito nel nulla senza informare lei e Sam, e si convince che qualcuno gli abbia impedito di farlo. I due decidono allora di andare sul posto di persona, presentandosi al Bates Motel e fingendosi una coppia di sposini. Mentre Sam intrattiene Norman, Lila entra nell’abitazione, trovandola vuota. Norman capisce di essere finito in un tranello e colpisce Sam stordendolo, per poi correre verso la casa. Lila lo vede e si nasconde in cantina. Qui fa una scoperta raccapricciante: trova il cadavere mummificato di una donna, la vera signora Bates. Mentre Lila grida dallo spavento, una donna entra in cantina con un lungo coltello in mano. La figura femminile che ha commesso gli omicidi rivela la sua identità: si tratta in realtà di Norman, vestito con gli abiti della madre. Mentre quest’ultimo leva il braccio omicida per colpire la ragazza, entra di colpo Sam che lo blocca prima che possa uccidere Lila.
Norman viene così arrestato e quindi sottoposto a visita psichiatrica. Il dottor Fred Richmond, dopo un lungo colloquio con il giovane, svela il mistero a Lila, Sam e agli inquirenti: dieci anni prima Norman aveva ucciso la madre e il compagno in quanto, dopo la morte del padre, egli aveva sviluppato un forte, patologico complesso di Edipo nei confronti della donna la quale, fidanzandosi con un altro uomo, aveva (secondo Norman) tradito il figlio, e così egli aveva avvelenato lei e il suo compagno. In seguito, il rimorso per il suo gesto aveva scisso in due la personalità del giovane, dandone una parte (e in un certo senso riportandola in vita) a sua madre, che faceva rivivere vestendosi come lei e riuscendo perfino a imitarne perfettamente la voce. La gelosia che Norman provava per la madre non era però sufficiente a renderla del tutto viva, perciò egli aveva inscenato anche il contrario, cioè aveva reso “sua madre” gelosa di lui, attuando quel meccanismo psicopatologico di rimozione del vissuto che è noto in psicanalisi come “identificazione proiettiva”. Di conseguenza, ogni volta che Norman aveva a che fare con donne che non erano sua madre, quest’ultima (o meglio Norman stesso nelle sue vesti), per proteggerlo, eliminava la fonte delle tentazioni attraverso l’omicidio.
Oltre a quello di Marion, la “madre” di Norman confessa infatti gli omicidi di altre due giovani donne scomparse in precedenza, delitti a lungo rimasti insoluti. Dopo l’arresto, la personalità di Norman viene totalmente sopraffatta da quella di sua madre, tant’è che quando il poliziotto di guardia gli porge una coperta, Norman risponde con la voce di sua madre e nega anche a se stesso di essere stato effettivamente in grado di compiere le sue azioni. Il film si chiude con la scena dell’auto di Marion che viene ripescata dalla palude.
“Psycho” (all’uscita nelle sale cinematografiche del nostro paese fu tradotto in “Psyco”, ma si tratta dell’unico film della serie intitolato all’italiana) è una pellicola diretta da Alfred Hitchcock (“Gli uccelli”… giusto per citare qualcosa) e interpretata da Janet Leigh (“L’incredibile casa in fondo al mare”, “La notte della lunga paura”, “Fog”, “Halloween – 20 anni dopo”, “Starman – The series”, “Organizzazione U.N.C.L.E.”, “Ghost Story”, “Fantasilandia”, “Ai confini della realtà”), Anthony Perkins (“L’ultima spiaggia”, “The Black Hole – Il buco nero”, i successivi episodi di “Psycho”, “L’occhio della morte”, “Dr. Jekyll e Mr. Hyde: sull’orlo della follia”, “Vestito che uccide”), John Gavin (“Fantasilandia”) e Vera Miles (“Psycho II”, “Brainwaves – Onde cerebrali”, “Scienza e fantasia”, “Ai confini della realtà”, “Oltre i limiti”, “Organizzazione U.N.C.L.E.”, “Fantasilandia”, “Buck Rogers”, “Labirinti e mostri”).
Tratto dall’omonimo romanzo del 1959 di Robert Bloch (basato sulle vicende reali del serial killer Ed Gein), è uno dei film più famosi del regista, nonché il suo maggior successo commerciale, tanto da generare negli anni tre sequel, uno spin-off, una serie televisiva, un remake shot-for-shot, perfino un documentario interamente dedicato alla famosa scena della doccia e molte altre opere derivate.
Nel 1992 fu scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, mentre nel 1998 l’American Film Institute lo inserì al diciottesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, cosa che cambiò dieci anni dopo, nella lista aggiornata, quando salì addirittura al quattordicesimo posto.
Il film venne girato negli Universal Studios di Hollywood dalla fine di novembre del 1959 fino al 1º febbraio del 1960. Per le riprese Hitchcock si avvalse della stessa troupe della serie tv “Alfred Hitchcock presenta” per risparmiare tempo e denaro, che lui stesso aveva investito in qualità di produttore. Hitchcock volle girarlo in bianco e nero soprattutto per evitare problemi di censura, dato che viene mostrato esplicitamente del sangue: in realtà il liquido che scorre nella doccia è cioccolato fuso. Ed è proprio la celeberrima scena della doccia quella che è diventata la più famosa del film e fra le più note della storia del cinema: basata su uno storyboard di Saul Bass, la scena dura solo 45 secondi, ma occorsero sette giorni di lavorazione, 72 posizioni della macchina da presa e una controfigura per Janet Leigh, la modella Marli Renfro. L’accoltellamento dura 22 secondi per un totale di 35 inquadrature, e in nessuna di queste si può vedere il coltello affondare nel corpo di Marion; è il montaggio serrato che fa supporre allo spettatore quello che non si vede. Inizialmente Hitchcock voleva che la scena della doccia non fosse accompagnata da commento musicale, ma il compositore della colonna sonora Bernard Herrmann (“L’oro del demonio”, “Il fantasma e la signora Muir”, “Ultimatum alla Terra”, “Il 7º viaggio di Sinbad”, “Viaggio al centro della Terra”, “Ai confini della realtà”, “I viaggi di Gulliver”, “L’isola misteriosa”, “Gli Argonauti”, “Fahrenheit 451”, “Baby Killer”) gli fece cambiare idea dopo avergli fatto ascoltare una sua composizione, i celeberrimi archi stridenti che assomigliano quasi a grida umane o animali.
Alcune curiosità sulla lavorazione del film.
Furono apportate molte modifiche alla scena in cui Marion Crane appare già morta sul bordo della vasca da bagno con il viso sul pavimento, perché durante le anteprime, quindi a pellicola quasi ultimata, la moglie di Hitchcock, Alma Reville, fu l’unica ad accorgersi che si poteva vedere l’attrice Janet Leigh respirare.
Nell’inquadratura finale, quella che ritrae Norman Bates sorridente, si può notare la sovrapposizione sul suo volto di una figura simile al teschio della madre: questo fu uno dei primi effetti speciali inseriti in un film per aumentare il senso di orrore trasmesso dal personaggio.
La casa dietro il Bates Motel è stata ispirata da un dipinto di Edward Hopper, intitolato “Casa lungo la ferrovia” (“House by the Railroad”) del 1925. L’edificio da cui prese spunto Hopper è ancora presente nel villaggio di Haverstraw, NY, lungo la Route 9W.
Durante le riprese, il film aveva il titolo provvisorio di “Production 9401” o “Wimpy”, in omaggio al cameraman della seconda unità Rex Wimpy.