Direttamente da “Il libro nero del Brasile” di Francine Arioza, dedicato a storie brasiliane di serial killers, omicidi, sette religiose e altri fatti cruenti, gettiamo luce su aspetti raramente esplorati della società brasiliana, affrontando argomenti come sette religiose, satanismo, cannibalismo e serial killer.
Ecco alcuni casi che sconvolsero il paese sudamericano.
Elize Matsunaga
Nel maggio 2012, l’ex prostituta Elize Matsunaga ha ucciso e squartato il corpo del marito, Marcos Matsunaga, direttore esecutivo di Yoki, una popolare azienda alimentare brasiliana. Per via delle crisi nel matrimonio, la donna ha deciso di uccidere il marito con un colpo alla testa appena rientrato a casa. Elize ha affermato di aver agito da sola, motivata dall’infedeltà del marito e dalle minacce che subiva. Affermò inoltre di aver aspettato una decina di ore prima di iniziare a smembrare il corpo.
La relazione era iniziata nel 2004, mentre Marcos era ancora sposato ed Elize lavorava come prostituta. Per tre anni i due avevano avuto una relazione da amanti fino a quando Matsunaga decise di chiedere il divorzio. Si sposarono ufficialmente nel 2009, ma la loro storia era piena di litigi e sfiducia. Elize credeva di essere stata tradita da suo marito che a sua volta minacciava di rompere la relazione e di non permettere a Elize di vedere la loro figlia. L’assassina è stata condannata a 19 anni e 11 mesi. Molti credono che il motivo principale dell’omicidio non sia stato il tradimento ma l’eredità di Matsunaga.
Il caso Isabella Nardoni colpisce per la sua capacità di commettere un atto di brutalità non solo contro un bambino, ma addirittura perpetrato all’interno della stessa famiglia.
All’alba del 29 marzo 2008, la polizia venne chiamata da Alexandre Nardoni e Anna Carolina Jatobá. L’uomo raccontò che, dopo una rapina, sua figlia Isabella di cinque anni era stata buttata dalla finestra dell’appartamento dal sesto piano. La bambina morì mentre andava in ospedale e così ebbero inizio le indagini di questo crudele omicidio.
La polizia trovò i colpevoli: il padre e la matrigna di Isabella. Nell’autopsia i medici legali rivelarono che la bambina fu asfissiata prima ancora di essere gettata dalla finestra, e che c’erano gocce del suo sangue nel soggiorno della casa.
All’inizio del 2009 la coppia fu accusata di omicidio; anche se i due hanno sempre insistito sul fatto che erano innocenti, Alexandre è stato condannato a 31 anni di carcere, mentre Anna Carolina a 26 anni.
Nella notte del 31 ottobre 2002, nel quartiere di Campo Belo, a sud di San Paolo, si è verificato un evento criminale che senza dubbio ha scosso il paese. Oggi è conosciuto anche dai media internazionali come “il caso Richthofen”.
Manfred era un ingegnere tedesco, naturalizzato brasiliano, e Marisia una rinomata psichiatra, insomma una famiglia dell’alta borghesia di San Paolo, discendente del celebre Manfred Von Richthofen, il Barone Rosso dell’aeronautica tedesca durante la Prima Guerra Mondiale. Secondo le testimonianze dei vicini, la famiglia era molto discreta e non faceva quasi mai feste nella residenza. Suzane, bella e bionda, primogenita della famiglia aveva 18 anni, studiava legge e parlava tre lingue. Il fratello Andreas a quell’epoca aveva 15 anni.
Manfred e Marísia von Richthofen, furono colpiti con diversi colpi alla testa da due aggressori, Daniel e Cristian Cravinhos, che divennero noti come “i fratelli Cravinhos”.
A seguito delle indagini, Suzane von Richthofen venne arrestata per aver orchestrato il brutale omicidio dei suoi stessi genitori nel 2002, il crimine stesso era stato commesso dai fratelli Daniel e Cristian Cravinhos, il primo era il fidanzato della ragazza in quel momento. Il piano dei tre autori dell’omicidio era quello di dividere tra loro l’eredità della ragazza. Un altro motivo fu che la famiglia Von Richthofen non approvava affatto la storia d’amore tra Suzane (ricca e colta) e Daniel (più umile e meno colto). Il comportamento ossessivo di Daniel, oltre ai prestiti e ai regali ricevuti da Suzane, divenne una preoccupazione per i genitori della ragazza. La cattiva influenza del suo ragazzo era evidente quando lei iniziò a fare uso di droghe.
La notte del crimine, Suzane e Daniel Cravinhos, portarono Andreas, il fratello di Suzane, allora quindicenne, in un cyber café dove sarebbe rimasto a giocare quasi tutta la notte, mentre il fratello di Daniel, Cristian, che si trovava lì vicino salì nell’auto di Suzane e tutti e tre si diressero verso la villa dei von Richthofen. Suzane aprì la porta d’ingresso della casa permettendo ai fratelli Cravinhos di entrare alla residenza. Da quel momento in poi, sulla base delle confessioni degli accusati, Suzane sarebbe salita al secondo piano della villa e dopo aver verificato che i suoi genitori stessero dormendo, avrebbe dato l’ordine ai fratelli di commettere l’omicidio, eseguendo duri colpi sulla testa delle vittime.
Dopo gli omicidi, Suzane gettò dei documenti per terra attraverso la stanza. L’intenzione era di far credere alla polizia di essere stata vittima di una rapina seguita da un omicidio. Cristian aveva anche lasciato un’arma vicino al corpo di Manfred.
In seguito, presero una valigia piena di soldi, contenente tra gli 8 e i 5mila reais e alcuni gioielli. Dopo il crimine, il piano era di creare un alibi per non essere incolpati degli omicidi. Cristian rimase vicino a casa sua, mentre la coppia si recò al Motel Colonial, nella Zona Sud, pagando R $ 380 per la stanza. Lasciarono quindi la loro suite intorno alle 3 del mattino per andare a prendere Andreas al cybercafé dove era stato lasciato prima.
Quando la polizia scoprì il tragico episodio, Suzane finse stupore davanti alle autorità. Fin dall’inizio delle indagini però, l’ipotesi di rapina venne vista con grande sospetto. Questo perché sulla scena del delitto molti elementi catturarono l’attenzione degli inquirenti, come il fatto che solo la stanza della coppia fosse disordinata; alcuni gioielli poi erano stati lasciati in loco; l’arma della vittima non era stata presa, ecc. Uno dei poliziotti affermò che avrebbe notato qualcosa di strano nel comportamento di Suzane, lei sembrava fredda e dopo aver ricevuto la notizia che i suoi genitori erano morti, la sua reazione sarebbe stata: “Cosa faccio adesso?”, “Qual è la procedura?”.
In cerca di risposte, la polizia iniziò ad indagare sulle persone più vicine alla famiglia: vicini, dipendenti, colleghi di lavoro. Presto emerse l’informazione che la relazione di Suzane e Daniel non era accettata dalla famiglia Von Richthofen. Da quel momento in poi, le indagini iniziarono a considerare Suzane e Daniel come i principali sospettati. Suzane simulò sofferenza al funerale, piangendo e abbracciando suo fratello. Ma pochi giorni dopo, interrogata sul crimine, finì per confessare. Anche Daniel e Cristian ebbero lo stesso atteggiamento.
I tre sono stati alla fine condannati a circa 39 anni di carcere ciascuno. Mentre stava scontando la sua pena in prigione, Suzane von Richthofen “sposò” Sandra Regine Gomes, conosciuta come Sandrão, una detenuta condannata a 27 anni di carcere per aver rapito e ucciso un adolescente di 14 anni.
Ora, la tragica storia sarà rappresentata in ben due film: “La ragazza che ha ucciso i suoi genitori” e “Il ragazzo che ha ucciso i miei genitori”.
Psicologi, assistenti sociali e psichiatri non garantirono che Suzane non avrebbe commesso più crimini se fosse stata rilasciata. Inoltre, stabilirono che Suzane possedeva tracce di perversità, oltre a essere manipolativa, egocentrica, infantile, insidiosa, narcisista e con un’aggressività mimetizzata.