MARIO GAZZOLA

Mario Gazzola è uno di quelli che non si ferma mai: non si ferma a un genere, non si ferma a un’etichetta, non si ferma a uno stereotipo. Scrive di musica, scrive letteratura cyberpunk, scrive saggi, scrive racconti fantamusicali, collabora al programma “Wonderland”; e poi ancora scrive letteratura gialla e nera, scrive teatro… addirittura diventa autore dell’Enciclopedia della musica del XX secolo edita da Treccani, riscrive in chiave postmoderna il classico “Dottor Jekyll & Mr. Hyde” di Stevenson con due sequel apocrifi… e recentemente si è buttato sulla stesura di una “video novel”. Che dire? Un personaggio sicuramente da conoscere meglio!

COMINCIAMO ALLORA CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MARIO GAZZOLA?

È l’Edward Hyde del XXI secolo, ça va sans dire.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Facendo il giornalista musicale negli anni ’90, dopo aver scoperto grazie alla mia tesi di laurea sulle subculture giovanili legate al rock (mio primo premio letterario e libro edito) che forse avevo della stoffa.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Ho pubblicato tre romanzi: “Rave di Morte” (Mursia, 2009), “Buio in Scena” (Posthuman, 2022), al quale sono particolarmente legato perché è stata la mia prima idea narrativa (a partire da un articolo di cronaca letto nel 1995), e “Hyde in Time” (Edikit, 2023), che ad oggi considero il mio vertice letterario, nella “poetica dell’Arte come dannazione” (oltre che vertice della collaborazione parola/immagine con Roberta Guardascione, la definizione tra virgolette è sua). Mi ha fatto molto piacere vincere il Premio Vegetti 2019 col saggio “FantaRock” (Arcana, 2018), cofirmato col giornalista musicale Ernesto Assante di Repubblica, che poi ho convinto a debuttare anche come narratore nella successiva antologia di racconti fantamusicali “S.O.S. – Soniche Oblique Strategie” (Arcana, 2019), accanto a me, Arona, Cappi, De Matteo, Kremo, Salvatori e il musicista Marsico.

Ovviamente, ora sono molto legato all’ultimo nato: il “Situation Tragedy” di cui parliamo qui di seguito, appena uscito (ancora per Edikit) dopo un cammino editoriale molto travagliato, anche se in realtà è stato la mia prima collaborazione con Roberta.

CE NE VUOI PARLARE?

La novella era già uscita in forma letteraria nella mia antologia “Crepe nella Realtà”, con tre racconti miei pubblicati in e-book nel 2012 dal compianto amico (e collaboratore di molte scorribande musicali) Assante sotto la sua egida digitale Alea, quando nessuno ancora immaginava che un “lockdown” epidemico avrebbe reso profetica la distopia di una comunità che vive reclusa nel proprio supercondominio autosufficiente, comunicando (e sfidandosi) solo nello spietato reality show televisivo interno. Per rendere il quale in forma scritta ho scelto d’intervallare la narrazione con finti break pubblicitari e brandelli di notiziari, com’è in effetti il continuum televisivo in cui galleggia spesso oggi l’uomo “medio”. La definizione di “video-novel” è di Roberta e rende perfettamente la sua caratteristica ora che è da lei arditamente illustrato come un light novel, cioè quella di essere “già cinema” in forma cartacea, come dice il prefattore Andrea Carlo Cappi.

COME E’ NATO UN PROGETTO COSI’ PARTICOLARE?

“Sì, sono proprio il Gazzola di Wonderland. Certo, ci siamo conosciuti all’assemblea della World SF col FantaRock! Ah, davvero tu disegni? Bello, e… senti, ma ti piacerebbe illustrare un mio racconto?”.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

I personaggi di “Situation Tragedy” sono tutti più o meno satire di personaggi inflittici dalla TV spazzatura di quegli anni: la “mamma di Cogne”, il fotografo dei vip Corona, una generica (aspirante) starlette sexy e idiota, il misterioso Admin, ispirato al regista di “Truman Show” di Weir (uno dei punti di riferimento della storia meta-televisiva)… c’è dentro persino un’immaginaria telepromozione in cui appaio io stesso, in un buffo dialogo con mia moglie sui “fumetti trash” (una situazione che immagino ben nota a molti lettori, a tutti gli appassionati della “degenerata narrativa di genere”). Il protagonista Walter Mosca a sua volta è una sorta di “Pippo Baudo/Bruno Vespa decaduto” (come intuite, pura fantascienza!), un’ex star della TV generalista a disagio nel mondo del reality interattivo in cui è costretto a cercar di recuperare un po’ di audience. Rileggendoli oggi penso che la difficoltà di quei personaggi è che sono legati a una certa fase d’attualità, quindi rischiano d’invecchiare più in fretta di caratteri slegati dai riferimenti al presente. Nell’ambientazione in un condominio da incubo, Roberta è maestra di geometrie allucinanti quindi nessuna difficoltà!

QUALI SONO STATI GLI SPUNTI PER LA CREAZIONE DI “SITUATION TRAGEDY” E DEL SUO CONTESTO?

L’idea era dare vita al “mio Videodrome letterario”, ma fra gli spunti – come dicevo già sopra – c’è anche l’incubo peep-televisivo di “Truman Show”; sul versante letterario il “Condominium” di Ballard (allora non era ancora stato girato il relativo film “High Rise” di Ben Wheatley) e – come leggete nel testo – alcuni frammenti che trovate citati dal “Pasto Nudo” di Burroughs, gran maestro ideale di ogni multimedialità deviata; su quello visivo le geometrie impossibili di Escher, che hanno ispirato anche Nolan per le architetture visionarie di “Inception”.

CONOSCIAMO GIA’ DA TEMPO ROBERTA GUARDASCIONE, CHE SI E’ OCCUPATA DELLA PARTE VISIVA DEL VOLUME: COME TI SEI MOSSO INSIEME A LEI E COME SIETE RIUSCITI A TRASFORMARE LE TUE IDEE/CONCETTI IN REALTA’/ILLUSTRAZIONI?

Quando lei mi chiedeva come immaginavo io una scena, le mandavo dei fotogrammi o dei clip di film, copertine di dischi, quel che mi girava in mente come visualizzazioni di certe situazioni (ad es. Admin è modellato sull’Ed Harris di “Truman Show”, Walter colla testa nello schermo viene da “Videodrome”,  etc.), ma in generale lei è libera d’interpretare la storia con la sua personalità artistica: la nostra è una collaborazione che si basa su una sintonia ideale perfetta e alla pari: non è una “commessa” in cui io richiedo di visualizzare qualcosa, il risultato finale deve soddisfare entrambi, non solo il “committente”. E la magia è che ciò accade spontaneamente.

DA QUANTO COLLABORATE INSIEME E COSA APPREZZI MAGGIORMENTE DI LEI E DEL SUO STILE?

Dal 2019, essendoci incontrati appunto all’Assemblea World SF in cui ho vinto il Vegetti per il miglior saggio. Apprezzo appunto la “magia” di cui dicevo sopra, che rende i suoi pennelli (digitali o analogici che siano) l’ideale visualizzazione dei miei deliri narrativi. Una chimica che ha raggiunto l’acme durante la creazione dei disegni per il romanzo “Hyde in Time”, in cui Roberta ha assecondato la struttura su tre manoscritti apocrifi triplicandosi in altrettante identità pittoriche delle rispettive epoche. Sfogliatelo per credere! Il suo apporto a un certo punto è stato anche prezioso per la scrittura letteraria della trama e ha portato implicitamente l’ampliamento del ruolo assegnato al pittore inglese Walter Sickert nel secondo manoscritto e all’immaginario artista “alla Banksi” Eddie nel terzo.

VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SEMPRE PIU’ SPESSO DI LEGGERE MOLTI AUTORI, SIA EMERGENTI SIA AFFERMATI, ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Non mi sento profeta di mercato, ma ho l’impressione che la gente legga sempre meno su qualunque formato, non mi pare che la carta si ritiri a fronte di chissà quale ondata montante di edizioni in digitale. Peraltro, se si fa un giro al Salone di Torino (o più in piccolo a fiere specializzate come “Stranimondi” o “Marginalia”) si vedono code (più o meno folte a seconda della manifestazione) di persone che girano fra i banchetti, guardano le copertine, sfogliano i libri fisici e talvolta se li comprano pure; talvolta no, spesso si ha la sensazione che molta gente si accontenti dell’evento in sé, magari dell’incontro con l’autore, dell’autografo, più che andare a cercare nuove scoperte o approfondimenti di generi e correnti. Noi siamo ancora affezionati al supporto cartaceo, che tra l’altro consente d’apprezzare meglio la storia illustrata, ma se dobbiamo temere qualcosa, mi pare più la “cultura del like” al posto del leggere a fondo l’opera che non la concorrenza dell’innovazione digitale, dell’audiolibro o che altro.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Forse che non mi rassegno all’idea che la realtà sia il castello di mediocrità e di porte chiuse che ho l’impressione di abitare. Spesso i miei personaggi ambiscono una sorta di “volo di Icaro” e alla fine la pagano cara come il mitologico volatore: trasporre queste dinamiche nel fantastico secondo me agevola il coté metaforico della trama (proprio come nel caso del Jekyll & Hyde di Stevenson) piuttosto che raccontare i fatti della vita di un ex P.R. poi divenuto critico rock e scrittore… più interessante un regista teatrale che per trarre un capolavoro consente alla sua compagnia teatrale di carcerati di dannarsi sognando la fuga, no?! (*qui il riferimento diretto è alla trama del romanzo “Buio in Scena”).

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Da film – come nel caso di “Situation Tragedy” – o da libri letti (Hyde), da esperienze di vita (il teatro, il critico rock)… da tutto quel che capita. Dicono che in fondo si scriva sempre un po’ di sé stessi, no? Penso che le storie alla fine siano i veicoli mitologici di un concetto che ci sta a cuore, anche se spesso la germinazione avviene inconsciamente e lo capisci solo a posteriori. Per esempio, io ho riflettuto solo di recente che tutti i miei protagonisti (a parte il bieco Hyde, essenza del Male in sé) si dannano l’anima in nome di un capolavoro in qualche linguaggio artistico (musica, teatro, show tv). Ci sarà mica una… valenza metaforica in questo?!

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Domanda difficile per ogni scrittore: nel corso della vita ho amato Kundera, Lansdale, Dick e Ballard, il McGrath di “Follia”, lo sperimentalismo di Burroughs, la poliedricità di Bradbury e di Fritz Leiber, il noir di Woolrich e di Frank Miller, il weird di Anders Fager; in Italia, l’Evangelisti di Eymerich, gli amici Arona e Cappi… ma non si finirebbe mai di scoprire e io sono un lettore lento purtroppo, ho file di libri che ancora attendono il loro momento!

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

“Videodrome” si sarà capito che è un mio must, tutto Cronenberg praticamente, insieme a “Blade Runner”, “1997: Fuga da New York” (omaggiato nel mio romanzo “Rave di Morte”) e tutto Carpenter, inevitabilmente “Alien” e “Terminator”, poi sono un grande fan di David Lynch, Lars von Trier e Nicolas Winding Refn, Tarantino, i “ribelli” Abel Ferrara e Gaspar Noé, ma anche del miglior Dario Argento. Anche qui si potrebbe metter su un saggio a sé, perché sono un gran goloso di cinema e non vedo l’ora che una mia storia prenda la strada della pellicola (o anche del palco teatrale).

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Non “lascio” nessun sogno, li coccolo in quel cassetto e appena ne fiuto un’opportunità cerco di realizzarli: c’è già pronto un album di cover fantarock illustrata ciascuna da un mio racconto e da un disegno di Roberta che attende solo il musicista che le suoni e l’etichetta discografica per vedere la luce; un soggetto di serie TV tratta da “Hyde in Time”, un soggetto cinematografico ideale sequel di “Buio in Scena”, che attendono solo produttori coraggiosi per finire sul set. E un inizio di libro illustrato su Bosch ed Ernst che viaggiano nel tempo a “infettare di surrealismo” l’intera storia dell’arte, “Alchimie della Mente”. Ma il progetto più imminente è dare vita all’antologia “Fantasmi di oggi” della povera Amanda Righetti, uccisa in “Profondo Rosso”: ci stiamo già lavorando col Cappi e una pattuglia di altri autori che vi svelerò appena possibile, al fine d’averla in libreria per il cinquantenario del capolavoro argentiano, con la speranza di traghettare anche questo soggetto verso la realizzazione di una serie TV con un gruppo di giovani di oggi che indaghino sui misteri del libro ritenuto “pseudo” e invece reale… chissà se in Italia si annida qualche produttore abbastanza coraggioso da raccogliere la sfida?

Davide Longoni