ERATAI 12 – RE YANN: L’ULTIMO CANTO DI ADAM – PRIMA PARTE

Questa storia racconto la Resistenza dei Giorni successivi alla Scelta di Adam che determinò la scissione dei mondi, la perdita della libertà dei popoli amici del Nomade.

Yann scoccò la freccia in alto, osservò la sua curva in cielo e la discesa diritta come un raggio di sole . Un enorme Morol pascolava isolato nella brughiera e non s’accorse del dardo lanciato dalla sponda del fiume. Un colpo secco sul cuore. L’animale s’imbizzarrì, Yann balzò fuori dal suo appostamento, la sua coda vibrò nell’attimo giusto, dandogli un perfetto assetto durante il salto. Lanciò in avanti le mani, protraendo gli artigli nascosti nei polpastrelli. Era sopra il collo del mostruoso erbivoro. Il Morol si agitò, mentre fiottava sangue dal petto. Yann non mollò la presa, rimase attaccato alla bestia finché non sentì le forze scemare. Il maschio era vecchio, ma ancora in grado di combattere, se il Lacerta fosse caduto dal suo dorso, lo avrebbe fatto a pezzi con i suoi zoccoli taglienti. Rimanergli in groppa, fino al suo dissanguamento era una questione di vita o di morte per il Rettile. I due lottarono per ore, alla fine Yann assestò un’artigliata decisiva sulla vena vitale del collo. Il Morol lanciò un gemito di morte, poi sprofondò nella neve. Fu un azzardo quell’agguato solitario, ma ora c’era cibo a sufficienza per la sua famiglia. Non era stato facile vivere senza Staigh per tutto quel tempo. E ancor più arduo lo sarebbe stato in futuro, viste le nubi di tempesta che oscuravano gli orizzonti della storia di Erat. Un tempo Yann era un Re. Molti Lacerta, un centinaio, vivevano nel suo Staigh e un gruppo ben solido di dieci cacciatori assicurava il benessere per tutti. Ma ora che i cacciatori erano diventati guerrieri, affrontando un nemico oscuro e molto più potente di loro,  la morte li aveva tolti allo Staigh, e Yann dovette provvedere a riparare le donne e i bambini nella parte più impervia e fredda del Ghorn, la catena montuosa del Nord Est di Erat. Anche il Re era divenuto guerriero, aveva lottato sino all’ultimo sangue, ma nonostante l’avesse cercata fra i suoi fratelli, la morte non lo portò con sé. Ora assieme a Gherald, uno dei due cacciatori del piccolo pezzo di Staigh sfuggito alla guerra. Awhinn era una delle sue mogli, la Regina, la più anziana. L’unica donna per ora in grado di partorire. Jelill e Panam erano ancora troppo giovani. Non era loro padre. Erano figlie di due grandi Cacciatori, morti in guerra. Sarebbero state sue mogli, ma era passato il tempo per meditare su queste cose. Il primo pensiero di Yann era trovare cibo per tutti. Si dava il cambio con Gherald, per i turni di guardia alla grotta. Tutti e due i maschi dovevano cacciare per sostenere la loro famiglia. Jelill aveva un carattere molto difficile, Yann si chiese se mai fosse riuscito nel farsi accettare. Era troppo dominante, bellicosa. Ma quella sua natura indomita piaceva al Re, le sarebbe servita in un mondo diventato cieco e sordo, privo di ragione . Panam, la figlia di Tamael, una delle più forti cacciatrici dello Staigh, che il nemico rapì assieme alle altre, era dolce e intelligente ma di un’astuzia senza pari. Destra nel tiro con l’arco e abile nel creare graziosi gioielli con ossa e conchiglie. Yann spesso si chiedeva quale futuro avrebbe atteso le sue giovani donne. Provava timore per la dolcezza di Nana, perché l’avrebbe potuta rendere appetitosa agli occhi di quel nemico dal volto biancastro, dalla pelle simile a quella di un’oca senza piume. Cercava le femmine dei Lacerta, e Yann, come Gherald, non se ne  sapevano spiegare il motivo. Avevano capito però che il Nemico sceglieva le donne più dolci, creative, forse le prediligeva per via della loro indole poco aggressiva e più curiosa, ideale per attirarle con i suoi inganni. Il Nemico era potente. Non solo perché avesse armi in grado di lanciare la luce del sole e distruggere ogni cosa, mentre lui poteva al più infastidirlo con le sue frecce. Non era solo la superiorità del suo arsenale a renderlo tanto insidioso. Sembrava che una strana magia allignasse nella voce del Nemico dalla pelle grinzosa e molliccia. Il suono proveniente dalle sue parole pareva ammaliare alcuni Lacerta. In particolare le donne più intelligenti e astute, sembravano attratte in un modo spasmodico dal suono del Nemico. Inoltre, a detta di testimoni, sembra che il corpo del Nemico emani un tepore mai sentito in altri corpi, capace di ipnotizzare chiunque gli si abbandoni fra le braccia.

“Yann!” La voce trillante  di Nana richiamò il Re, mentre era prossimo al confine del suo territorio. La giovane Lacerta  gli corse incontro, fremeva di rivederlo, e gli balzò sul collo. Gherald era appena dietro e salutò il suo amico.

“Questo è davvero grosso, Yann, hai rischiato molto nel catturarlo da solo.” Osservò, toccando la cresta ossea sul collo del Morol.

“Almeno staremo tranquilli per un po’, amico mio.” Sospirò affaticato il Re.

“Guarda che ti ho fatto per quando esci la prossima volta!” Nana allungò a Yann una cintura con piccoli pezzi di roccia verde e azzurra: “è per la tua faretra!” trillò contenta.

“È bellissima Nana, ti ringrazio.” Replicò, con l’affanno che non demordeva.

“Ci fosse ancora, l’avrei di certo indossata per il Torneo di Tiro del Sud.” La voce del Re si chiuse nella nostalgia di un’era morta per sempre.  Gherald venne agghindato con dei parabracci finemente intarsiati. Nana non trascurava nessuno.

“Novità nei territori, Sire?” chiese il Lacerta.

Yann: “A parte questo grosso maschio, non ho visto altri animali in giro. Ogni giorno sembra sempre più difficile. Ho avuto un colpo di fortuna oggi, ma il giorno dopo sembra sempre peggio di quello prima. Ormai le foreste sembrano luoghi deserti, non si sentono più neppure le urla dei Strichi fra gli alberi.

“Un tempo le nostre foreste pullulavano di quei piccoli roditori.” Disse Gherald “Erano le  prime prede della nostra infanzia, ricordi?”

“Sì, lo ricordo bene. Eravamo bambini io e te, quando cacciavamo gli Strichi…Ne abbiamo combinate sotto le fronde di questi alberi, caro Gherald.” Gli batté la spalla con la mano, sospirando

Una fila di corpi scivolò all’improvviso dal palco nel vuoto. Le corde spezzarono all’unisono il collo ai Lacerta sul patibolo. La folla dei nemici e dei servi osservò l’esecuzione degli ultimi Resistenti senza respirare. I Malfattori, i Briganti. Gli Illegali, come chiamava il Nemico i Rettili che si opponevano al suo potere. L’impiccagione era però una morte riservata ai ladruncoli e a pesci piccoli della Resistenza. Una fila di pali all’orizzonte raccontava la morte che attendeva ai Re degli Staigh e agli Athaza, i capi dei cacciatori nomadi, ora convertiti al brigantaggio. Le grida dei vivi che si accartocciavano sui pali, rantolando, venivano trascinate dal vento sin nella grotta di Yann. Il Nemico non aveva pietà. Alle donne fu implorato di non chiedere il nome dei loro sposi. Ogni Lacerta maschio era in pericolo e il Nemico sapeva tirar fuori dalla bocca il nome dei Re e dei Cacciatori rimasti.

Yann, Gherald e Arwhinn ogni mattina si alzavano e usciti dalla grotta si inondavano col primo sole. “Questa brina, lo sappiamo cos’è…”  disse il Re

Gli occhi dei Lacerta potevano percepire il brillio della rugiada che gocciolava dalle forche e dai pali.

“Lacrime.” Fece Arwhinn, sua Moglie.

“Adam sta piangendo, da qualche parte.” Fece il Re.

“Perché allora non interviene?” sbuffò stizzito Gherald.

“Non lo so, amico mio.”

“Meliel ci ha abbandonati.” Replicò Gherald, pensando al Primo Drago, il loro Antico Signore “Adam non sappiamo dove sia finito. Gli Eoni hanno assistito al crollo del nostro mondo, seduti sull’orlo della nostra fossa.” Ringhiò.

Yann attendeva in segreto alla speranza che Adam un giorno tornasse e facesse giustizia. Sognava di veder ancora le titaniche ali di Meliel oscurare il sole, e il suo fuoco abbattersi sull’orda del Nemico. Ogni  notte, prima di ritirarsi con la sua famiglia al sicuro, negli abissi della grotta, si appartava e cantava:

“Grande Adam splende il sole sulla pianura dell’Odard.

 Ma ora i tuoi Lacerta hanno al collo una corda

I tuoi guerrieri sono morti e a vegliare l’ultima foresta

solo i forti rimangono . Ma le nostre spade sono stanche

le ali del Drago hanno smesso di volare nel cielo sordo

ai gridi delle nostre anime rapite dal Nemico bianco.”

Sperava che l’Eone , il primo, colui che ebbe l’idea di fecondare il Vuoto con la Vita, ascoltasse quel suo lamento, e mosso dall’antica amicizia coi Lacerta, si decidesse a intervenire in quell’inferno.  Sperava nell’oscurità di quelle notti nascosti dalla coperta della roccia, di udire il flauto dell’Inno, il suono della Creazione che attrasse Meliel, il Primo Drago verso Adam e la Vita. I Lacerta ancora la sentivano la Musica di Adam. Come loro I Blu, gli Esseri di Luce capaci di rendersi corporei nel regno della materia. Il Suono attirava molte razze, in particolare era una linfa essenziale per la Vita, la Creazione della Materia. Il Grande Vuoto venne riempito prima con la Musica, poi vennero le immagini e infine l’unione delle due essenze, la materia. L’Era dell’Origine, quando Adam suonava alle creature le sue melodie.

La mattina una nevicata coprì i sentieri di caccia attraverso la foresta. Gherald  scivolò fuori dall’angusto passaggio verso l’esterno della grotta, ripulendo la roccia dalla neve Alzatosi, osservò il paesaggio addormentato nel bianco. Lo seguì la sagoma imponente del Re che gli si erse a fianco.

“C’è rimasto ben poco per gli occhi.” Sbuffò intristito Gherald guardandosi attorno.

“Dovremo  tenere le narici ben aperte, allora. Le piste sono molto vecchie e seppellite nella neve.  Ma spero che il Morol catturato ci riempia sino al momento che qualche animali ripassi di qui.”

“In due penso sia molto duro intercettare un odore in questo deserto. A meno di non avere il vento dalla nostra parte, gli odori si saranno impantanati sul suolo, e quattro narici non possono coprire un granché di foresta.”

“Non t’avvilire, amico mio, in un modo o nell’altro quest’inferno dovrà cessare.”

“E poi? Poi cosa credi che arriverà?”

“Non ne ho idea, Gherald, ma dobbiamo sopravvivergli, o quest’incubo finirà per inghiottirci tutti.”

“Non l’ha già fatto? Non siamo già finiti nel ventre del disastro?”

“No, Gherald, non finché io, te , Arwhin e le nostre due compagne respiriamo da liberi in questo mondo. È dura, infinitamente dura, ma noi sopravvivremo.”

Gherald rispose scuotendo le spalle. Raccolse i secchi su una canna e se li mise dietro la nuca: “Sarà meglio raccogliere qualche pezzo di legno per il fuoco.”

Yann annuì. D’acqua  liquida ne avevano in abbondanza, vista la falda sotterranea accanto alla quale avevano trovato riparo. Il fuoco era necessario per scaldarsi, indurire il legno dei giavellotti e delle frecce e per seccare ciò che rimaneva delle prede.  Gli occhi di un Lacerta sono adatti all’oscurità,  perciò non era la luce ciò che cercavano con quei pezzetti di legno.

Il tuono delle armi del Nemico rimbombava per la valle, scontrandosi con le rocce amplificava il suo osceno ruggito. A memoria di Lacerta, non si erano mai uditi fragori simili, prima della Catastrofe. C’erano le tempeste di montagna, feroci e letali, ma nulla si avvicinava all’orrore di quei boati.

“Dannazione, si fanno sempre più vicini.” Disse Gherald, alzandosi da un mucchio di arbusti rinsecchiti.

“Il Nemico sta usando le sue armi per distruggere le ultime sacche di Resistenza.” Fece Yann.

“Quando arriveranno a  noi? Mi chiedo se  sia venuto il momento di lasciare la grotta, Yann.”.

Il Re scosse il viso: “Avranno fatto prigionieri in questi ultimi giorni.  E non hanno ucciso. Non ci sono altri pali né forche verso la strada del Lago. Non ho idea di quali metodi possano utilizzare su quei disperati, ma di sicuro qualcuno di loro lo faranno parlare. E dirà di noi quassù. È questione di tempo.”

“Dunque dobbiamo andarcene, vero?”

“Al più presto, Gherald. Il Nemico è veloce e possiede marchingegni che lo fanno avanzare nella neve senza l’aiuto di Lupi o altri amici.”

Gli Amici, accompagnano da sempre i Lacerta, sono i grandi Lupi delle pianure che hanno stretto un’intima alleanza di caccia con i Rettili, aiutandoli con i loro ampi toraci nel trainare le slitte e nel seguire le piste delle prede.

Arwhinn posò la pentola del the, uditi i discorsi di Yann, si alzò in piedi preoccupata.

Il Re sapeva cosa le provocava quell’angoscia. Andarono in disparte, in un angolo riservato alla coppia reale, lui e Arwhin.

“Mi prenderò cura di te, non ti lascerò sola nell’affrontare questo viaggio.” Le fece, prendendole la mano artigliata.

“Yann, non sono più giovane. E il mio male vi rallenterà. Che cosa farete se incalzati dal Nemico, dovrete soccorrermi?”

“Non pensarci. Provvederemo, siamo uno Staigh, ancora!” sbottò.

“No, Yann, non posso permettere che qualcuno muoia o peggio, venga catturato, perché  non ce la faccio nel mantenere il passo.”

“La Regina di uno Staigh non lascia il suo Re. Il Re non lascerà la sua Regina, accada quello che accada, Arwhinn, io ti proteggerò.”

“Yann, ci sono delle volte che le mie ossa sembrano di vetro per quanto mi fanno male. Come potrei correre dietro a voi in caso di combattimento?”

“Non combatterai, io provvederò a difenderti.”

“Andate voi, io rimango nella grotta.”
“Cosa?” si alterò il Re “Tu non sai quello che dici! Tu sei mia Moglie! Per me sei la vita stessa! Siamo i Re di questo Staigh da un’era intera. Cinquant’anni, Arwhin! Quanti hanno mai vissuto solo la metà del nostro regno?”

“Non capisci, Yann? Più della mia vita desidero che sia salva quella di Jelill e di Nana e di Gherald, sono semi  troppo giovani del nostro Staigh,  non devono vivere in quest’inferno, portali dove possano trovare un nuovo inizio. Io il mio tempo ho vissuto in modo felice con te, non potrei aver sperato in una vita più bella, mio  Signore.”

“Mia Signora, tu verrai con me e insieme invecchieremo. Non mi fare questo, non costringermi a dovertelo ordinare.”

“Yann!” irruppe Gherald, agitando la coda con vibrate nervose. Era trafelato.

“Cosa succede?” si voltò il Re.

“Vieni su!” ansimò “Non c’è un attimo da perdere!”

Yann baciò la fronte con le piccole creste rosso fuoco della Regina e seguì il suo amico.

Sbucarono su uno sperone di roccia dal quale si aveva un panorama stupefacente dell’intera valle.

“Non è possibile!” Tentennò Yann.

“Avevamo ragione, il Nemico è troppo veloce!”

Una fila di slitte senza Lupi si stava addentrando nella foresta della grotta segreta.

“Stanno cercando noi?” fiatò Gherald, terrorizzato.

“Temo proprio di sì. Qualche Staigh della valle  caduto nelle sue mani, deve aver confessato.”

“Via, non perdiamo altro tempo, risaliamo il crinale.”

“Ci saranno quaranta gradi sotto zero, lassù e la neve alta quattro metri.” Replicò Gherald.

“Non c’è alternativa. Il Nemico non è agile a piedi, fra la neve e non conosce questi territori.” Ribadì Yann.

“Allora faremo come dici, andiamo.” Gherald radunò Jelill e Nana, mentre Yann si occupò di Arwhin.

Yann prese la Regina sulla schiena e i quattro s’incamminarono, senza bagagli, a eccezione delle coperte e un po’ di carne secca.

Alessandra Biagini Scalambra