L’ASPIRAPOLVERE

L’intera popolazione di Small Hill fu trovata allo stato vegetativo, una calda e ventosa giornata di maggio.
Quel giorno fu constatata la morte cerebrale in centoquarantatre persone.
Tutto iniziò quando Malcom si decise a riparare quel dannato aspirapolvere.
Erano due settimane che la moglie Jeena lo tormentava.
“Il marito di Julia, lui si che ci sa fare, aggiusta il forno, attacca le tende, ripara i tubi…”
“forse allora dovevi sposarti un idraulico…”
“…ha rifatto tutto l’impianto elettrico della casa… da solo”
“…o un elettricista….”
“Abbiamo l’aspirapolvere rotto da due settimane, se non fai qualcosa vado a comprarne uno nuovo.”
Fu forse quest’ultima minaccia, o forse il raggiungimento del punto di saturazione, che spinse Malcom a tentare la riparazione.
Dopo un’ora circa di lavoro, l’aspirapolvere tornò inaspettatamente a funzionare.
Malcom nascose i pezzi che gli avanzavano e fornì alla moglie un resoconto – approssimativo nella forma ma convincente nel risultato – sull’intervento effettuato: l’aspirapolvere funzionava!
Malcom e Jeena vivevano a Small Hill, il quartiere più in vista della città.
La loro esistenza si snodava sempre uguale tra il circolo di bridge, i pomeriggi davanti al tè con le amiche di Jeena e qualche partita di golf.
Era una vita attiva, riempita dalle non poche preoccupazioni dettate dalle leggi non scritte dell’apparire e del primeggiare, spesa a rincorrere l’ambizione di essere – o almeno apparire – in qualsiasi modo, il faro della comunità.
Per non parlare dell’impegno sociale: raccolta fondi per i bambini poveri, per i disoccupati, lotterie per la parrocchia… Nessuno poteva dire – o anche solo pensare- che fossero i meno generosi del quartiere.
“Se non puoi esserlo, danne almeno l’impressione…”
era la regola prima non scritta di quello spaccato della società.
Erano le quattro e mezzo, e in attesa degli ospiti delle cinque Jeena preparava la casa.
L’aspirapolvere funzionava, adesso.
Jeena l’accese e iniziò a passarlo.
“strano… funziona meglio di prima….”
constatò inizialmente quasi con fastidio Jeena,.
Si sentiva meglio, Jeena, leggera, passando e ripassando ogni angolo della casa, quasi danzando, volteggiando appagata.
Una danza felice e senza pensieri, semplice e leggera nella solitudine della grande casa.
Alle cinque cominciarono ad arrivare gli ospiti per il tè.
Le chiacchiere vuote e insensate erano sempre le stesse, diverse ogni volta nella forma ma immutabili nella sostanza e Jeena stranamente, quel pomeriggio non le sopportava, manifestando apertamente il suo fastidio.
“Scusate, devo fare una cosa….”
disse allontanandosi.
“Questo risolleverà il pomeriggio…”
Ricomparve con l’aspirapolvere, dopo pochi minuti, nel silenzio della sorpresa.
Lo accese, davanti a tutti, a Rosy, a Mary, al reverendo Jacob e ad Uma, la vecchia zia novantenne del curato, e Wendy e Ascott….
L’accese, senza dare spiegazioni, lasciandola accesa, davanti a tutti.
Una nuova ventata investì i presenti, un soffio inverso, leggero e delicato, una lieve brezza al contrario, fresca e agognata, in fondo, desiderata, e tutti – in quei momenti fugaci e fuggenti – capirono.
Capì Mary l’inutilità della sua vita, spesa a giudicare e criticare senza sapere nulla, senza neppure conoscere bene – dopo trent’anni – neppure se stessa.
Capì Arthur, il marito di Mary, la superficialità della sua esistenza, spesa a non deludere le aspettative senza mai pensare davvero alle proprie aspirazioni.
Capì Rosy la stupidità dei suoi pensieri e delle sue azioni, volte unicamente a costruire un’immagine, falsa e patinata come le riviste che sfogliava….
Capirono tutti, e tutti rimasero in silenzio, ognuno a fare i conti con le proprie improvvise ed inaspettate nuove consapevolezze, ognuno impegnato in quell’attività così poco esercitata: pensare.
E tutti tacquero, in un silenzio irreale quanto pressoché sconosciuto.
Quando Jeena spense l’aspirapolvere tutti lentamente se ne andarono, nel silenzio dei loro pensieri, nella certezza delle loro nuove consapevolezze.
Ogni pomeriggio a venire il rituale si ripeté, inesorabile e cercato, forse addirittura sperato, e ogni volta sotto gli occhi di una platea sempre più vasta.
Fino a quando tutte le coscienze non furono completamente pulite.
Quel giorno nessuno più si risvegliò allo spegnersi dell’aspirapolvere, nessuno riemerse dal coma irreversibile della propria coscienza.
11/09/2008, Corrado Sobrero