IL DIVORATORE DI OMBRE

Esiste negli antichi testi orientali una creatura, descritta come un ibrido, «che davanti è coccodrillo, in mezzo leone e di dietro ippopotamo» alla quale è dato il nome di Divoratore. Sia nel famoso Libro egiziano dei morti, sia in altri testi riguardanti la vita dei defunti – come le scritture gnostiche o il Libro del Bardo Thödol dei tibetani – ritroviamo questo essere nell’atto di presenziare a quello che viene indicato come il “Giudizio dei morti”.  A tale proposito tutti i testi, anche quelli greci, raccontano di un tribunale di divinità che, sedute in cerchio, hanno per lo più fattezze simili a quelle degli animali, alcune nello specifico hanno teste di scimmia. Il loro compito pare fosse quello di valutare le virtù e le colpe del defunto ponendo ad esso delle domande al fine di giudicarne l’onestà e la bontà.

Nel Libro dei morti egiziano, in particolare, la purezza del defunto veniva accertata con la nota psicostasia ossia la “pesatura del cuore” poiché quest’ultimo era considerato come un registratore di tutte le azioni, buone o malvagie, compiute durante la vita. Il cuore veniva così posto sul piatto di una bilancia, mentre dall’altra parte veniva usato come peso una piuma. Alla dea Maat – che personificava l’ordine cosmico ed era emblema della giustizia e della verità – spettava il compito di sorreggere la bilancia e di porre il cuore del defunto sulla stessa. Una volta che il dio della saggezza, Thot, aveva preso nota dell’esito della pesatura, se il cuore aveva bilanciato la piuma, allora il defunto veniva dichiarato “giusto”o “giustificato” e di conseguenza ammesso al Regno dei morti.  In caso contrario, il cuore – per ordine di Osiride che era giudice supremo – sarebbe stato dato in pasto al Divoratore chiamato Ammit, ossia “colui che ingoia il defunto”, mentre l’anima sarebbe stata condannata a risiedere per l’eternità nel duat, il regno degli inferi.

Nel Bardo Thödol tibetano troviamo una versione molto simile del Divoratore, solo che sulla bilancia addetta alla pesatura del cuore, al posto della piuma venivano sistemate delle pietruzze bianche ed altre nere.

Jorge Luis Borges nel suo Manuale di zoologia fantastica spiega come anche i tibetani avessero un loro tribunale dell’aldilà nel quale il defunto «giurava di non essere stato causa di fame né di pianto, di non aver ucciso né di fatto uccidere, di non aver rubato gli alimenti funerari, di non aver falsificato pesi né misure, di non aver allontanato il latte dalla bocca del bambino, di non aver cacciato gli animali dal pascolo, di non aver presogli uccelli degli dei».

Se le sue parole si fossero dimostrare delle menzogne i giudici lo avrebbero fatto smembrare dal terribile “diavolo divoratore”, aiutato però da un’altra mostruosa creatura chiamata Babài della quale Plutarco, purtroppo, dice soltanto che “è spaventosa e simile ad uno dei Titani, forse si tratta del padre della Chimera”.

Giusy Tolve