ERATAI 14 – RE YANN: L’ULTIMO CANTO DI ADAM – TERZA PARTE

Gherald: “Sono tempacci, credo che la gente debba imparare a prendersi cura l’uno dell’altro. Il Nemico non ha pietà per nessuno, prede e predatori sono in pericolo.” Disse, coprendogli la schiena.

Arwhin: “Vorresti raccontarci la tua storia, caro?”

Yann era un po’ dubbioso sul farlo avvicinare troppo alla sua famiglia. Forse il suo Staigh era l’ultimo rimasto libero, e il portarsi in casa una spia era un rischio molto alto. In altri tempi il Re avrebbe accolto un mendicante senz’indugi, accordandogli persino la sua  protezione armata e prestandogli ogni genere di premura e soccorso. Ma ora che persino la vita e la morte erano due scelte di pari importanza, il Lacerta non aveva una gran voglia di conquistarsi la fama di magnanimo. Arwhin però decise che quell’essere ferito ed affamato sarebbe rimasto nel loro Staigh, almeno sin quando non si fosse ristabilito per riprendere il suo cammino.

“Lo proteggeremo, lui non può farlo da solo, mi pare evidente.” Disse, senza alcun tentennamento, la Regina. I quattro non fiatarono. Solo Jelill ebbe uno spasmo d’impazienza, ma il rispetto che nutriva per la sua anziana Regina, le impedì di aprir bocca e replicare. Nana era attratta invece dallo straniero.

“Vieni con me, ragazzo.”  Sbuffò Yann “ti darò qualche vestito e un fuoco dove scaldarti.”

“Non ho parole per ringraziarvi, Sire.” Fiatò l’Allaghèn.

Anche lui in genere avrebbe evitato di ronzare troppo vicino a uno Staigh, per via della sua natura di preda. Ma i tempi erano cambiati per tutti, e con essi le usanze delle creature di Erat.

Arwhin prese sotto la sua ala protettiva il giovane Essere di Luce, lo invitò a farsi curare le ferite. Lei era un’esperta di erbe mediche, in gioventù era stata un’allieva di Adam, conosceva i segreti di ogni foglia, radice o bacca del bosco. Nana si offrì come sua assistente, per aiutarla a preparare gli impiastri e stenderli sulla carne lacerata dell’Allaghèn. Ma non fu tanto un senso d’altruismo a spingerla, quanto una feroce curiosità verso quella creatura così diversa.

Puntò gli occhi sul corpo nudo dell’Allaghè, attratta dalle sue linee flessuose, e la sua pelle liscia, senza una squama o un pelo, bianca come le nuvole. Questi sentendosi scrutato cercò di coprirsi con il lenzuolo. Arwhin s’accorse del suo disagio: “Nanat, non sta bene fissare le persone!” la riprese.

Lei si rivolse alla creatura: “Scusami, solo che è la prima volta che mi trovo tanto vicina a una creatura così diversa da me. E a vederti, non assomigli neppure molto a un Uomo, come si dice fra i Lacerta di voi Allghèn.”

“Non sono un Uomo.” Replicò imbarazzato.

Le mani della vecchia Lacerta cominciarono a trafficare sul suo corpo. Gemette quando gli passò un impacco di muschi fermentati su una ferita aperta e profonda. Nanat per istinto gli passò la sua mano da stringere. L’Allaghè raccolse l’invito, e premette quella mano coriacea dalle lunghe e forti dita artigliate. Sorrise, respirando veloce per il dolore: “Anch’io non sono mai stato così vicino a un predatore!”

“Allora oggi abbiamo condiviso un’esperienza insieme!” arrise Nana.

“Con le lacerazioni più importanti ho terminato.” Disse Arwhin “Ora ti ripulisco quelle superficiali.”

“Ma come hai fatto a conciarti così? Sai che sei stato fortunato ad averci incontrati? Un altro Staigh forse ti avrebbe ucciso vedendoti tanto vicino a casa sua. Ma noi non siamo dei sanguinari. Yann è sempre stato molto amichevole con tutti. Oggi lo vedi così arrabbiato, ma credimi, un tempo era il Re migliore e più aperto di mente di tutti gli Staigh! Per fortuna Arwhin gliel’ha ricordato.”

L’anziana non disse nulla, ma nel suo silenzio c’era la conferma alle parole della giovane e curiosa Lacerta.

L’Allaghè: “Ti prego, adesso non ho forza per raccontarvi.” Rispose, con la voce contratta in una specie di lamento soffocato.

“Quando vuoi, ci dirai.” Replicò Arwhin “Non devi sforzarti di parlare se non ti va.”.

L’Allaghèn si contrasse  in un crampo.

“Hai fame, da quanti giorni non mangi?” chiese la Regina.

“Mia Signora, a dire il vero, non li ho contati!”

Nanat si recò svelta verso la credenza dello Staigh e ritornò con una ciotola di zuppa. Dietro di lei la figura maestosa del Re. L’Allaghèn all’apparire di Yann deglutì e si ritrasse un poco sul letto di paglia. La sua stazza, il collo possente e le creste enormi segnavano la sua natura reale, incutendo soggezione alle prede.

“Sta’ tranquillo, ragazzo, Gherald è impetuoso, ma non un sanguinario. E ha ragione su una cosa. Noi non ti mangeremo.” Rombò la sua bassa voce maschile.

Arwhin: “Non spaventarti di noi, il Re parla bene, ci curiamo di chi ci chiede protezione.” Lo rassicurò.

Nanat intanto attese un cenno da Yann, per avvicinarsi con la scodella. Il Re acconsentì.

“Ecco, tieni, so che mangiate solo i vegetali, perciò ti ho preparato una minestra di tuberi morbidi, bacche fermentate, rape selvatiche e qualche altra cosa della quale non so bene il nome. Niente carne qui dentro!” trillò orgogliosa.

“Ottimo, Nanat, hai afferrato quanto sia stata importante un tempo per il nostro Staigh l’ospitalità.” Fece Yann, approvando il suo entusiasmo. Ma la vice del Re era velata da una profonda malinconia. I tempi in cui gli stranieri bussavano alla porta del suo Staigh per farsi scortare attraverso la foresta, o per trascorrere al sicuro la notte o la tempesta, sembravano ricordi ormai evaporati insieme alla nebbia.

Nanat cinguettò: “Una volta Adam ha trascorso l’inverno con noi!”

L’Allaghèn parve colpito da quell’affermazione: “Davvero?” si rizzò a stento sul letto, dolorante.

“Stai fermo, o ti si scioglieranno le bende!” fece Arwhin.

“Davvero Adam è stato qui?” continuò incuriosito l’Allaghèn, afferrando la ciotola dalla mano artigliata della giovane Lacerta.

“Sì, sì, noi siamo un antichissimo Staigh, il primo che venne su Erat, chiedendogli ospitalità, dopo la guerra contro Uzzath. Ma qual è il tuo nome?”

“Nome, cos’è?”

“Non sai cos’è il tuo nome? Il mio è Nanat, io sono Nanat. Tu pure devi avere un nome!” squillò.

“ Io non l’ho un nome.” Disse con occhi interrogativi.

“Nanat, gli Allaghèn non usano nominarsi. Veniamo a noi, ragazzo.” Fece Yann, scansando ogni altro discorso fra i due giovani “è necessario che noi si sappia cosa ti sia accaduto. Il Nemico ci incalza, e dobbiamo sapere cosa aspettarci.”

Arwhin intervenne: “è troppo debole, adesso, Yann, lascia che mangi e torni in forze.”

“Moglie, la situazione purtroppo non mi permette di essere paziente.” Parlò il grande Lacerta.

“Mio Signore, non voglio offendervi.” Fiatò l’Allaghèn “Capisco il vostro timore perché io il Nemico l’ho incontrato e visto coi miei stessi occhi!”

Il Re lo puntò con uno sguardo duro e sorpreso allo stesso tempo: “Mi stai raccontando la verità. Allaghèn?”

“Non oserei mancarvi di rispetto mentendovi.” Continuò.

“Bene, adesso siamo tutti, raccontaci.” Esortò Yann.

Nel frattempo anche Gherald e Jelill s’erano radunati attorno al ferito.

Il viso dell’Allaghèn si fece turbato: “Mio Signore, Mia Signora, la verità è che la crudeltà del Nemico segue la sua immaginazione. Non ho idea di come finirà, perché il suo desiderio è solo la morte. Non c’è vita nei suoi occhi, non più.”

“E prima, secondo te, c’era, la vita in quegli occhi? Sono tempacci, giovane, l’anima ha abbandonato lo sguardo di chi ti vuole sterminare, da tempo!”

“Signor Cacciatore, ti assicuro che laddove ora c’è morte, una volta l’anima era rigonfia di vita. E non è ancora morta.”

“Spiegati, giovane.” Incalzò Gherald.

“Il vostro Staigh, Sire, è stato onorato della presenza di Adam, se ho capito bene.”

“Nanat ti ha raccontato bene, abbiamo avuto quest’esperienza.” Disse Yann.

“Pensate a un’Emozione come Adam, ma inversa. La morte, anziché la vita nel Grande Vuoto. Questo è il Nemico.”

Arwhin si corrugò: “Vuoi dirci che il Nemico è un Uomo?”

“Mia Signora, ho visto la sua pelle rugosa, la barba, gli occhi color cielo. I suoi occhi li ho visti bene. Sono l’ultima cosa che vedi quando ti rinchiude in quell’inferno che lui chiama: siti di stoccaggio.”

“E cosa diamine sarebbero?” chiese Yann

“Prigioni per Allaghèn nella loro forma di luce. ”

“Mai sentito di simile strutture, giovane.” Aggiunse Gherald.

“Come fai a essere così certo che il Nemico sia un Uomo?” incalzò Yann.

L’Allaghèn parlava con una lentezza e sofferenza quasi le sue parole fossero nerbate sulla pelle.

Arwhin si accorse di quello sforzo: “Comprendo la tua angoscia, caro.” Gli carezzò la nuca “Ti ha fatto del male e parlarne è penoso. Ma capisci anche la nostra esigenza, vero? Sei un Allaghèn coraggioso e intelligente, di sicuro non penserai che qui ti vogliamo male, costringendoti a parlare solo per una nostra curiosità.”

L’Allaghèn si fece coraggio: “Sire, so per certo che si tratti di un Uomo perché ho percepito la sua aurea bianca. Gli Uomini hanno un Aurea bianca. Il Nemico ce l’ha d’una potenza indescrivibile, mai vista in altri, eccetto in Adam.”

“E non potresti esserti confuso con un altro tipo di luce, per esempio quella di un Siran?” fece Jelill

“No, sarebbe come se voi Lacerta confondeste l’odore di un Frenni per quello d’un Arcontosauro!” si agitò, toccato nell’orgoglio.

“I Siran, giovane, sono molto simili agli Uomini.” intervenne Gherald.

“Come i Draghi lo sono ai Lacerta!” replicò, sempre più accesso nel tono.

Yann: “Buono, ragazzo. Da come ti sei ridotto non penso tu abbia incontrato un’allegra compagnia. Uomini o no. Continua.”

L’Allaghèn si voltò verso Arwhin che annuì col viso.

“Signore, pensate a ciò che Adam non è.” Disse puntandosi sui gomiti “Quello è il Nemico.”

“Dunque tu saresti stato catturato dal Nemico, chiuso nelle sue prigioni, e poi? Poi, che cos’è successo? Sei riuscito a evadere? “ incalzò Jelhill.

L’Allaghèn ebbe uno spasmo: “Ahi, fa male!” si contorse sul ventre.

Arwhin e Yann fecero per soccorrerlo. Il Re, chinatosi sulla creatura per sorreggerlo, vide la ferita da vicino. Scattò diritto.

“Ti hanno fatto questo?” ruggì con voce roca e incredulo.

Arwhin prese delle bende umide, deterse il buco perfettamente tondo, dai bordi netti, come fosse stato causato da un cerchio arroventato. Ma da quella ferita appariva l’interno dello stomaco.

“Morirà se lo lasciamo così.” fece Arwhin sottovoce al Re.

Yann: “Ho visto solo una volta una simile ferita.” Disse, quasi ipnotizzato dalla gravità della lesione.  Lo Staigh si strinse al ferito per capire cosa avesse visto di così orrendo il suo Re.

Yann parlò: “Ora devi dirci la verità. So che hai incontrato il Nemico. Quel buco è un marchio di morte che solo gente come lui può infliggere. E devi dirmi per filo e per segno cosa hai visto nella tua prigione. Per filo e per segno. Perché da quello che conosco, se ti aprono un orrore simile nel corpo è per metterti dentro un tubo e usarti come riserva di energia. Rispondimi: ti hanno collegato a quel maledetto cavo?”

Nanat: “Non capisco quello che dici, Yann.”

Il Re con un tono quasi distaccato le rispose: “Non è il momento, Nanat. Non posso spiegarvi adesso e nessuno oltre me e Arwhin può sapere di cosa stiamo parlando.”

La grande madre dello Staigh avanzò: “Dobbiamo trovare Garaegor, Yann, se vogliamo che il nostro ospite sopravvive a quell’orrore.”

Irruppe la voce di Gherald: “Scordatevelo!” si calmò, consapevole del suo irriguardoso intervento: “Non volevo offenderti, Arwhin, e ti chiedo perdono. Ma sapete tutti che è un periodaccio, e che gli Uomini se la sono filata ormai. Sperate ancora che Garaegor ci risponda ? Con tutto il rispetto, Yann, ma  siete degli illusi. E poi è troppo rischioso entrare nei territori un tempo battuti dalle migrazioni degli Uomini. Oggi sono strade lastricate ad uso delle pattuglie del Nemico.   Chi potrebbe avventurarvisi? Chi si sacrificherebbe per qualcosa, qualcuno” si corresse “che neppure è dei nostri?”

A quelle parole Arwhin infuocò lo sguardo e ribadì: “Gherald, siamo Lacerta. I nostri Staigh non sono feudi di alcun signore. Siamo liberi di ospitare e adottare chiunque vogliamo, perché da sempre non abbiamo “i nostri”, ma solo anime di gente libera che deve la sua lealtà solo a chi conduce con onore e onestà lo Staigh. Noi non siamo come i Draghi, non abbiamo bandiere. Se questa povera creatura ci chiede ospitalità , dobbiamo riunirci e decidere tutti di adottarlo, perché così lo proteggeremo. Ma ricordati, Gherald, che solo Yann ha l’ultima parola. Lui ha vissuto più del doppio di ognuno di noi, ha combattuto e difeso lo Staigh anche dal Nemico. Perciò merita il nostro ascolto.”

Alessandra Biagini Scalambra