“Fa male!” si lamentò l’Essere di Luce piegandosi sull’addome.
Nanat d’istinto rispose: “Calmati, passerà!” Era rimasta assiema a Jelhill con lui, mentre Yann, Gherald e Arwhin si erano appartati per consigliarsi.
Prese dell’acqua e mise il boccale sulle labbra scurite dalla sofferenza del giovane ospite: “Hai sete?”
Jelhill intervenne seccata perché la sorella non glielo disse: “Ma bevi a piccoli sorsi, altrimenti ti strozzi e non ti si calma il dolore.”
Disse, reggendo con le lunga dite artigliate e nodose il bicchiere. Ma con uno scarto violento l’Allaghèn allontanò la sua bocca dai bordi, provocando la caduta. Il rumore richiamò subito Arwhin e gli altri Rettili.
L’Allaghèn era sul ciglio del letto, spossato dai crampi.
Yann lo rialzò, adagiandolo sul materasso con delicatezza: “So cos’hai, ragazzo e so che sarà molto dura per te. Ma non posso guarirti se non trovo almeno un Uomo.”
“Se lo trovi uccidimi pure, signore!” fiatò, con il sangue che s’impastava alla saliva.
Arwhin ebbe un moto di stupore assieme al Re, ma spiegarono quello strano atteggiamento come una reazione al dolore.
Afferrò la camicia di Yann: “Nessun Uomo, nessun Uomo deve più toccarmi! Te lo chiedo per la pietà che anima un Re importante come te.”
I Lacerta rimasero esterrefatti da quelle parole. Yann prese con gentilezza la sua mano e : “Prometto che nessuno ti farà del male. Ma non so come aiutarti, solo gli Uomini conoscono l’orrore della tua ferita e il rimedio per chiuderla.”
“No, non è così!” scattò “Il rimedio è anche la causa!” emise con un grido soffocato.
Arwhin si chinò sull’Allaghèn e con voce dolce ma ferma: “Calmati, caro, e spiegaci perché dici queste cose.”
“È diverso, è diventato un’altra cosa!” ebbe la forza di soffiare nel sangue e nella sofferenza.
“A cosa ti riferisci?” disse Yann
“Adam.”
Il silenzio s’abbatté nella grotta.
Yann emise un respiro simile a un ruggito. Cercava delle parole per rimproverare l’Allaghèn senza fargli ancora più male. Ma fu Arwhin a intervenire: “Perché dici questo? Sappiamo che sei un brava persona e che non ci mentiresti mai.” Lo rassicurò “ Ma vorremmo sapere cosa significa tutto questo.”
E il ferito: “Quello che ho appena detto. Ahi! Accidenti!” si contorse “Vi state chiedendo da dove io provenga, vero? Fra non molto tutto vi sarà più chiaro”. Fiatò.
“Hai appena detto di essere stato nelle prigioni del Nemico. Spiegati, giovane,perché qui non siamo inclini ai giochi di società. Almeno non quando siamo incalzati da una guerra.” S’intromise Gherald.
“Il Nemico ha la stessa potenza di Adam.” Replicò.
“Questo l’abbiamo notato, giovane. Specie dopo che ha distrutto un intero continente in una notte. Fece Gherald
“Dovreste sapere che nessuno può muoversi così se non un Uomo.” Continuò l’Allaghèn.
Nel frattempo il silenzio era divenuto un plumbeo distacco dei Rettili dal ferito.
“Voi non mi credete, adesso. Lo capisco. Non mancherà molto perché tutto vi appaia chiaro.”
“Gherald, mia Signora, potrei riunirvi per qualche istante in sala?” chiese Yann ai suoi.
I tre uscirono dalla grotta.
“Sì, io ho di meglio da fare che ascoltare deliri. Vado a esercitarmi al tiro!” disse Jelhill, infilandosi la faretra sulla schiena, la coda che schioccò per il disappunto.
“Non sono più molto popolare fra i tuoi.” Sussurrò l’Allaghèn all’unica Lacerta rimasta, Nanat.
Gli si avvinò con fare curioso: “Devi ammettere che per noi le tue parole sono difficili da credere. Ma avrai le tue ragioni per dire così, anche se adesso non le capisco.” Fece, alzò la coda e sedendosi sul materasso, guardò il ferito con attenzione.
“Non mi sembri un bugiardo.” Disse “La tua sofferenza è reale come il tuo sangue. Perché dovresti dirci una menzogna?”
L’Allaghèn piegò lo sguardo come se la luce delle torce fosse diventata un peso insopportabile: “Andavo a cavallo con lui. Mi ha insegnato a tirare di spada, a difendermi dai Draghi, a correre con la materia. A non avere paura di cantare.” Soffiò con un una voce sospesa sul bordo d’un baratro cupo.
“Parli di Adam?”
L’Allaghèn chinò la testa: “Sì”
“E poi, cos’è accaduto?”
Mosse di lato il viso, cercando riparo dalla luce: “ È finito tutto.”
“Com’è stato?”
“Alath, il fratello di Uzzath è il più potente dei quattro Signori della Luce.” Prese a parlare “Il più feroce. Doveva punire Azirath sua sorella per un atto indegno per un Dio.”
“Azyrath? È la regina d’Aurora, vero?
“Sì, lo era. Adesso è la Regina dei Ribelli d’Aurora.”
“Come sarebbe?”
“Non capite? Voi Lacerta siete rimasti l’ultimo popolo rimasto libero!” si agitò.
“Devi stare calmo altrimenti le bende non reggeranno.” Intervenne appoggiandogli le mani dure e squamate la Lacerta sulle spalle, cercando di contenere l’affanno: “Sembra che tu ne sappia di cose.” Gli disse “a dire la verità non conosciamo molto del resto dell’Adamath. Noi Lacerta di Erat siamo pochi e non in contatto con altri ceppi della nostra specie in altri mondi.”
“È per questo che non mi capite!”
La sagoma maestosa di Yann comparve nella grotta. Nanat si scansò rispettosa del suo Re: “Non abbiamo motivo per ritenerti un imbroglione.” Cominciò “Ma potrai capire che sospettiamo di tutti in quest’epoca. Sei stato nelle prigioni del Nemico, l’ultimo posto dal quale si riesce a uscire per raccontarlo. Decine e decine di grandi cacciatori Lacerta, Uomini, Draghi sono stati portati laggiù e non ne sono più tornati. Adesso, a dire la verità, è la prima volta che troviamo un essere vivente che è fuoriuscito vivo da quell’inferno. E per di più a fuggirvi sarebbe stata la creatura più improbabile . Inoltre ci ha raccontato qualcosa che per noi risulta molto difficile da comprendere.”
L’Allaghèn s’issò puntandosi sui gomiti: “Fate di me quel che volete. Non pretendo che mi crediate.”
Arwhin intervenne: “Non ti faremo alcun male, caro.” Gli sfiorò la chioma sudata e corvina come la notte “Tu avevi con te quello strano indumento, una specie di mantello. Lo abbiamo guardato con Yann. Lui sa cos’è e in parte anch’io, perché il Re mi ha messa a conoscenza di quel tessuto, tanto tempo fa.”
“Sono un Messaggero d’Aurora.” Confessò l’Allaghèn “Non potevo dirvelo subito, prima di essermi accertato di aver trovato Yann, il Re più anziano dei Lacerta di Erat.”
Yann si accostò al letto: “Un Messaggero?” ridisse perplesso dalla rivelazione.
“Quel mantello accompagna sempre il nostro viaggio. È fatto per essere riconosciuto da coloro nei quali ancora scorre la Linfa.”
“Non sono semplici abbellimenti di sartoria i disegni cuciti su quel manto, vero?” fece Yann, con una domanda quasi scontata.
“Sire, quei segni sono intuibili solo a chi è parte dello scorrere linfatico.”
“Il linguaggio dei Vasi.” Disse Yann.
Tutti tacevano adesso, nessuno conosceva il significato di quei discorsi fra il Re e il Messaggero.
“I Vasi Linfatici solamente possono leggere quelle lettere, signore. Sono stato catturato dal Nemico durante il mio viaggio per raggiungervi. Ho fatto appena in tempo a gettare in un luogo sicuro il mio mantello. Se me lo avessero trovato indosso, non riesco a immaginare cosa mi avrebbero fatto, per convincermi a dar loro il nome del mio destinatario. Fino all’ultimo ho sperato che non si accorgessero della mia identità. Sono stato fortunato, non se ne sono mai accorti.”
“Cosa sono i Vasi Linfatici, Yann?” trillò Nanat.
Il Re con un tono calmo e riflesso prese a spiegarle: “Sono chiamati in quel modo coloro, i popoli interi, le persone o altre creature nei quali scorre la Linfa. Questa parola è un retaggio che mi ha lasciato Adam. Ma molti la conoscono, se sono “Vasi”.”
“Chi sarebbe un Vaso Linfatico in questo mondo, quindi?”
“La Derema ospita un flusso di Linfa, perciò suppongo che l’intero nostro popolo sia un Vaso, visto che ha deciso di fluire in modo aperto ancora su Erat. Non l’avrebbe fatto per una creatura solamente, si sarebbe concentrata solo in questa. Ma queste sono solo mie elucubrazioni. Tu che dici a riguardo, Messaggero?”
“Sono qui per voi, Re Yann. Fatemi solo compiere il mio dovere, poi le mie teorie rimangono tali.”
“Avresti scelto di portare a termine la tua missione, anziché tornare da Azyrath?” chiese Jehlill ritornata “Sei davvero un coraggioso, avevo torto su di te.” Disse, appendendo la faretra sulla parete.
“No, il coraggio è solo un’altra faccia della paura. Io ho deciso di raggiungervi ugualmente perché era troppo importante il mio compito per essere lasciato in sospeso. Se non vi avessi raggiunti, non vi avrebbero inviati altri Messaggeri. In Aurora siamo davvero ridotti allo stremo delle nostre forze e i Messaggeri sono pochi.”
“La Dea Azyrath è a conoscenza della tua fuga?” chiese Yann, ancora incerto sulla storia raccontata dall’Allaghèn.
“Suppongo di sì, che l’abbia percepita. Ma non ho avuto modo di parlarle, ancora. Ahi!” un altro campo lo percorse come una scossa.“Signore, se me lo permetti, vorrei rivelare il mio messaggio. Forse non potrei avere tanto tempo ancora. ”.
Arwhin: “Ti ammiro, caro. Hai sfidato la morte e il dolore pur di rincorrere la tua missione.”
“No, mia Signora, non la mia missione, ho rincorso l’ultimo popolo rimasto ignaro, perché non sia più solo.”
“Io non so nulla di Azyrath.” S’intromise Jelhill “Se non il fatto che si divise dai suoi fratelli per una diversa visione del potere. Per questo è isolata nel suo Regno.”
Gherald che fino a quel momento aveva solo ascoltato, le disse: “La Regina del Sud è stata perseguitata per aver scelto la libertà, scegliendo il contrario di quello che avrebbe dovuto decidere un Dio si è condannata da sola. Suo fratello non le da tregua.”
“Quindi è in guerra anche lei?”
“Nei racconti di Adam si cantava delle sue gesta.” Replicò “Ma sono tempacci, giovane donna, e nessuno vi ha potuto più trasmettere quei canti.”
Negli occhi dell’Allaghèn vi era una storia ancora non raccontata, sconosciuta ai Lacerta, persino al vecchio Yann.
“Cosa devi dirci, Messaggero?” chiese il Re.
Con uno sforzo raccolse ogni goccia di energia rimasta nel suo corpo e rispose: “Vi narrerò di quello che è accaduto. E di chi sia il Nemico. Era questo il mio dovere.”
“Speravamo ci portassi notizie su possibili rinforzi da parte degli Uomini, giovane.” sbuffò seccato Gherald.
“In parte vi dirò anche su possibili ausiliari, sì. Ma l’aiuto maggiore dipenderà dalla vostra conoscenza dei fatti.