Sono davvero tante le novità targate Il Foglio Letterario di quest’ultimo periodo, si va dai romanzi ai saggi e oltre… il tutto rigorosamente in puro stile fantastico.
Vediamo una rapida carrellata degli ultimi titoli. Cominciamo con “La governante Tilde” di Antonio G. D’Errico (215 pagine; 15,00 euro). Con questo romanzo l’autore “guarda alla scuola con l’occhio di chi va a indagare dentro un mondo che cela grandi misteri e genera gravi fallimenti. Un romanzo di genere che esce dal genere”, come ha avuto modo di scrivere Eugenio Finardi nella prefazione. La morte del Preside di un noto liceo di Bergamo manda nel panico e nella vergogna collettiva i cittadini di Roncola, un paesino della provincia lombarda. Il corpo viene ritrovato nudo e con un velo di liquido spermatico rappreso sulle mani e sulle pelvi, che farebbe ipotizzare un vizio di pratiche autoerotiche. Questa ipotesi, oltre a scatenare l’ira e la maledizione del parroco del paese, che si rifiuta di celebrare la messa funebre, non convince il commissario Gribaudi, al quale tocca indagare per accertare le cause di quella morte sospetta. A San Pellegrino, intanto, un altro paese delle valli bergamasche, compare Tilde la quale si introduce nella casa del professor Ruggeri, insegnante in pensione dello stesso liceo bergamasco, e si fa assumere come governante. E’ attraente la donna. Ha più di cinquant’anni, ma il fascino del suo corpo sinuoso la fa apparire ancora molto bella e attraente. È stata allieva del professore, trent’anni prima; ma il tempo trascorso, i cambiamenti fisici, non rendono l’ombra di un dubbio per un riconoscimento piuttosto remoto. Nel silenzio della stanza la governante ripensa ai suoi occhi che la scrutavano e la spogliavano quando sedeva tra i banchi del liceo. Lo odia ora come allora. È stata in carcere la donna, accusata di omicidio del suo figlioletto appena nato, avuto dal rapporto scandaloso con un giovane insegnante dello stesso liceo, che amava e da cui era riamata. Dopo il parto, però, l’amato scompare, portando con sé il bambino, sottraendolo alla madre, che non lo vedrà mai più. La ragazza subisce un processo e la condanna a trent’anni di carcere, accusata dai suoi stessi insegnanti che testimoniano contro di lei. Adesso è tornata in libertà per dare fondo a tutta la violenza che ha accumulato nei confronti dei suoi carnefici: il vecchio preside, l’insegnante di scienze e l’anziana insegnante di storia. Poi tocca al suo insegnante di storia dell’arte. Altri sono morti di morte naturale, prima che Tilde potesse compiere la sua efficace vendetta. Ma il commissario Gribaudi mette insieme le tessere di quel mosaico mortale e si inoltra su una strada investigativa che lo porterà all’incontro con la governante. Il finale lascia posto a un’inaspettata forma di pietà, che non ammette perdono e neanche rimorsi. Il noir, al di là delle atmosfere cruente, è anche l’immagine di un mondo scolastico che è incapace di far fronte alle urgenze di chi la frequenta.
Antonio G. D’Errico è scrittore e sceneggiatore teatrale, televisivo e cinematografico. Vince il “Premio Speciale Pavese” con il romanzo “Testimoni d’Amore”, con commento critico di Monsignor Luigi Bettazzi. Con la prefazione di Ernesto Olivero del Sermig della Pace di Torino invece, pubblica il romanzo “A piedi scalzi”, sulla vita e le opere di Don Innocenzo Ricci, prete di strada, (Piemme 1999). E’ poi coautore con Donato Placido del romanzo “Montalto. Fino all’ultimo respiro, diario sentimentale” (Giuseppe Laterza, 2000) che conquista il “Premio Pavese” nel 2002. Nel 2005 pubblica il romanzo “Al Sahara”, che si pregia della presentazione del poeta e scrittore iracheno Younis Tawfik. Nel 2008 è uscito per le edizioni Fratelli Frilli il thriller “Il Discepolo”, ispirato al mondo dei giovani e in particolare al mondo nascosto delle sette sataniche. Infine è stato coautore con Eugenio Finardi della biografia “Spostare l’Orizzonte – Come sopravvivere a quarant’anni di vita rock” (Rizzoli, 2011).
Proseguiamo con “Splatter Baby” di Alessandro Cascio (160 pagine; 12 euro). “Se Hitler fosse cresciuto sui monti con il nonno e le sue pecore, si sarebbe chiamato Heidi”. Ci sono cinque bambini, quattro hanno in mano delle armi, uno una vecchia macchina fotografica. C’è una donna con delle ambizioni finita a dirigere una scuola elementare in un piccolo borgo isolato a sud dell’Inghilterra. Ci sono due amiche che sognano di fuggire, un bidello negro senza una mano e senza famiglia, un’anziana pazza che parla con il marito defunto e uno psicologo in visita dalla grande mela. Ci sono dei corpi straziati nei corridoi di una scuola, un presentatore televisivo pronto a tutto e un piccolo popolo senza aspirazioni che ha finalmente trovato una finestra sul mondo. “Splatter Baby” è un romanzo sulla ferocia dell’infanzia, sulla falsità della TV verità, sulle semplici strutture della cattiveria e i complessi meccanismi dell’innocenza. È la definitiva redenzione della crudeltà.
Alessandro Cascio (Palermo, 1977) è uno scrittore siciliano cresciuto in un ambiente malsano. Autore del romanzo pulp Touch and splat e di Noi sotto il sole di Santiago con le prefazioni del re dello spaghetti western Gastaldi e il giornalista Vincenzo Mollica, ha iniziato la sua carriera scrivendo per riviste letterarie inglesi e studiando sceneggiatura cinematografica con docenti come Mario Monicelli, Francesca Marciano e Gino Capone. Vive scrivendo tra New York, Londra e Roma. È uno degli autori di punta della rivista UT di Massimo Consorti, scrittore e biografo di Carlo Delle Piane.
E dopo due romanzi Il Foglio Letterario ci propone anche tre interessanti saggi legati sempre al genere fantastico. Il primo è “Il filo rosso della violenza – Ken il guerriero e si suoi antenati di Hong Kong” di Giorgio Mazzola (165 pagine; 14,00 euro). Chang Cheh, elaborando un proprio stile personale nella realizzazione così splatter dei suoi wuxapian, si fece pioniere di un modo di interpretare questo genere che non aveva precedenti nell’Hong Kong degli anni Sessanta. E lo stesso discorso vale per “Hokuto no Ken”: sebbene uscì all’inizio degli anni Ottanta, cioè circa quindici anni dopo che il sanguinario “Devilman” e il violentissimo Uomo Tigre avevano già ampiamente detto la loro in termini di contenuti forti ai limiti dell’esagerazione, la saga di Kenshiro fece un ulteriore passo in avanti, aggiungendo alla crudeltà dei contenuti una spettacolarità della violenza fino ad allora mai incontrata nel mondo dell’animazione.
Giorgio Mazzola (Palermo,1983) ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne (la cui tesi ha ispirato questo volume) e la laurea specialistica in Rappresentazioni Audiovisive e Multimediali – Storia e Teorie del Cinema (con una tesi sul regista d’animazione giapponese Kon Satoshi), presso l’Università degli Studi di Torino, entrambe con il Professor Dario Tomasi. Collabora attivamente con il portale Clubghost nel quale si occupa di cinema e animazione e con il portale dell’azienda nipponica e-talentbank per il quale scrive di cinema giapponese e pubblica vignette umoristiche.
Il secondo saggio che vi segnaliamo è “Il cinema di Don Siegel” a cura di Fabio Zanello (330 pagine; 16,00 euro). Chi è stato veramente Don Siegel? Uno sperimentatore delle strategie testuali ed espressive nel poliziesco cinematografico? Un regista dalle mille sfaccettature che ha compreso ante litteram il potenziale del medium televisivo? Un abile direttore d’attori che con la sua presenza demiurgica ha spesso detronizzato i suoi divi nella messinscena cinematografica? Un polo catalizzatore delle fobie americane del dopoguerra in ambito filmico (“L’invasione degli ultracorpi” e “Faccia d’angelo”)? In mezzo secolo di carriera questo regista mitizzato da maestri della cinecamera come l’allievo Clint Eastwood, suo interprete prediletto, ha lasciato degli interrogativi, dando vita a una filmografia colma di titoli “storici”, che vengono qui analizzati nei saggi di Francesco Asaro, Aurora Auteri, Alessandro Baratti, Beniamino Biondi, Massimo Causo, Sebastiano Cecere, Federico De Zigno, Fulvio Fulvi, Mario Gerosa, Gabrielle Lucantonio, Matteo Lolletti, Mario Molinari, Domenico Monetti, Michelangelo Pasini, Michele Raga, Silvana Zancolò, Fabio Zanello e Massimo Zanichelli. Siegel ha modificato il corpo testuale dei polizieschi e Friedkin e Mann sono suoi figli per i debiti accumulati nei confronti del maestro , per le strategie di rappresentazione da loro perseguite, dopo aver visionato gli archetipi del regista di “Dirty Harry”. Si tratta dunque di focalizzare hic et nunc le specificità che contraddistinguono la sua poetica. Non sappiamo se fra le sue letture rientra anche “Della finzione” di Roger Odin ma per il regista rinnovare gli elementi testuali del poliziesco, della fantascienza e del western, voleva dire leggere non un saggio ma piuttosto la società, con un’attenzione ai fermenti sociali, ai movimenti e alle dinamiche fra le classi, alle novità del linguaggio quindi mostrando una certa preferenza per la polifonia, anche per introdurre un approccio cronachistico al genere. Lo provano i suoi film che riescono nell’intento di essere non solo operazioni d’intrattenimento per il grande pubblico ma colme di sottotesti. L’identità dei film di Siegel è quello di aver dato vita a un’infinità di paratesti nel cinema d’oltreoceano del dopoguerra, capace di contestualizzare al meglio la realtà americana del tempo con tutti i suoi splendori e le sue contraddizioni, come avviene spesso nei film realizzati in periodi difficili centrati su anti-eroi come i detenuti Dunn e Morris, il mezzosangue Pacer, il medico Miles Bennel, il poliziotto Madigan, lo sceriffo metropolitano Coogan, il soldato nordista Jonathan, l’ispettore Harry Callahan e il rapinatore crepuscolare Charley Varrick.
Fabio Zanello (Torino, 1969) è giornalista pubblicista e fiduciario del SNCCI Gruppo Piemonte/Valle D’Aosta. Ha pubblicato e curato monografie su Tomas Milian, Sam Raimi, Tobe Hooper, Enzo G. Castellari, quest’ultima in collaborazione con Gordiano Lupi – prima che uscisse in tutto il mondo “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino – oltre a volumi su “C’era una volta il West” di Sergio Leone, Mel Gibson, Johnnie To, Shinya Tsukamoto, Michael Winner e Christopher Lee.
L’ultima proposta de Il Foglio Letterario è infine “Il mistero dei Rosacroce – Viaggio tra Rosacroce ed esoteristi cristiani” di Maurizio Maggioni (12,00 euro; 150 pagine), con postfazione di Rosa Manauzzi. Nella storia dell’Ermetismo, il Movimento Rosacroce assume grande rilevanza come trait-d’union tra le scienze occulte medievali e rinascimentali (grazie a personaggi notevoli come l’alchimista H. Khunrath) e la tradizione esoterica giunta fino all’età moderna, influenzando anche la scienza di Newton e gli studi del Fludd. Questo nuovo saggio finalmente svela tutti i segreti dei R+C, riguardo le loro origini e i loro misteriosi fini. Si scopre ora il mistero dei Rosacroce visti come filosofi occulti che volevano riformare sia l’uomo (con l’alchimia spirituale) sia l’intera società (con la religione interiore). Dopo la catastrofe della Guerra dei Trent’anni, il pensiero rosacrociano sopravvive e risplende nel cenacolo barocco della regina Cristina di Svezia, analizzato in particolare nel saggio. Grande importanza viene assegnata anche alle rivelazioni kirkeriane e alla stessa poetica mariana di Edgar Allan Poe, noto esperto di mesmerismo. Il lettore così avrà il piacere di scoprire e apprezzare molti particolari misconosciuti dell’intera tradizione Rosacrociana, che di solito gli studiosi ufficiali non approfondiscono. Il saggio si muove secondo ricerche d’avanguardia basate su documenti originali, talvolta rarissimi, e su un sicuro metodo scientifico. Attraversando le esperienze di alchimisti, mistici e sovrani audaci (ad esempio la regina Elisabetta I, di cui la storia ha sempre taciuto i dettagli del suo interesse per le scienze occulte) si passano in rassegna opere fondamentali sull’esistenza di Atlantide e altri mondi extraterrestri, con cui già in passato qualcuno ha tentato di mettersi in contatto. Infine, potrete trovare un’analisi precisa che spiega il successo di certa editoria “new-age” di cui, per quanto ne possiamo dire, non si può più fare a meno.
A questo punto non avete che l’imbarazzo della scelta: buona lettura.