Osamu Tezuka nacque a Toyonaka il 3 novembre 1928 ed è stato uno dei più grandi autori di fumetti non solo del Giappone, ma del mondo intero, oltre che animatore e regista di anime (come vengono chiamati i cartoni animati del Sol Levante. La sua prolificità e le sue tecniche e generi pionieristici gli sono valsi i soprannomi di “padre dei manga” o addirittura “dio dei manga”. Uno dei tratti distintivi dell’animazione giapponese, i cosiddetti “occhini”, fu inventato proprio da Tezuka, che si basò su cartoni animati dell’epoca come Betty Boop di Max Fleischer e Topolino di Walt Disney. Giusto per avere un’idea della sua produttività, il volume “Complete Manga Works of Tezuka Osamu” (pubblicato in Giappone) comprende ben oltre 400 volumi e più di 80.000 pagine, ma, nonostante questo, la raccolta non è completa: la sua produzione completa, infatti, comprende oltre 700 storie e un totale di circa 170.000 tavole.
Tezuka passò gran parte della sua giovinezza nella piccola città di Takarazuka (che nel 1994 ha aperto un museo in sua memoria). Incoraggiato dai genitori a seguire la propria passione per il disegno, scoperta già da giovanissimo, terminò gli studi scolastici e si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Osaka nel 1946, laureandosi nel 1952. Dopo aver conseguito il titolo, si specializzò nel 1961, ma non esercitò mai il mestiere di medico.
Infatti nel 1946, proprio mentre si iscriveva all’Università, esordì, allora diciottenne, nel campo dei manga, grazie alla pubblicazione della serie “Ma-chan no Nikki”. Il successo vero e proprio, però, arrivò l’anno seguente con “Shin Takarajima”, che lo pubblicizzò agli occhi del grande pubblico giapponese, evidenziando la carica di originalità, che già le prime opere di Tezuka mostravano. Tra i tratti più interessanti c’erano l’uso innovativo delle inquadrature, quasi cinematografiche, che creavano una forte dinamicità nelle tavole, ribaltando i canoni dei manga statici dell’epoca.
I lavori successivi furono dedicati alla fantascienza: “Lost World – Zenseiki” (1948), “Metropolis” (1949) e “Kitaru beki sekai” (1951) registrarono un boom di vendite con oltre 400.000 copie ciascuno.
Nel 1950 Osamu Tezuka abbandonò il fantastico e creò una delle sue opere più celebri, “Jungle Taitei” (da noi “Kimba il leone bianco”), che anticipava in un certo senso le tematiche de “Il re leone” della Disney (ancora oggi i sostenitori di Tezuka continuano a chiedere alla Disney il risarcimento di una cospicua cifra per plagio del soggetto).
Il personaggio più celebre della produzione di Tezuka prese vita però un anno più tardi, nel 1951: nacque infatti “Tetsuwan Atom” (in Occidente conosciuto come “Astro Boy”), un personaggio che ha avuto (e ha tutt’oggi) un successo unico e assolutamente ineguagliabile nella storia del fumetto giapponese.
Dopo la pubblicazione nel 1954 del fantasy “Ribbon no kishi” (in Italia “La Principessa Zaffiro”), che viene oggi considerato da molti il primo shojo (ovvero fumetto per ragazze) moderno, si dedicò al suo progetto più ambizioso: “Hi no Tori” (ovvero “La Fenice”), definita dallo stesso Tezuka “l’opera della vita”. Si trattava di un lungo affresco che narrava la storia dell’umanità e la vana ricerca dell’immortalità da parte del genere umano, simboleggiata, appunto, dalla Fenice. La serie fu interrotta, dopo dodici capitoli, dalla scomparsa dell’autore avvenuta nel 1989.
Presto il ruolo di mangaka (ovvero autore di fumetti) non bastò a Tezuka, che divenne anche animatore, dichiarando più volte che “il fumetto è la vera moglie, l’animazione l’amante”. Nel 1958 collaborò con la casa di produzione Toei Doga per la realizzazione del lungometraggio animato “Saiyuki”. Tre anni dopo fondò la propria casa di produzione di anime (cartoni animati), la Tezuka Osamu Production Doga-bu, divenuta nel 1963 la Mushi Production. Proprio quell’anno vide la luce la serie dedicata ad “Astro Boy”, che fu la prima serie animata trasmessa dalla televisione giapponese. Fecero seguito poi “Big X” e “Kimba il leone bianco”, che ottenne un nuovo primato come prima serie animata giapponese a colori.
Tra le serie più curiose realizzate da Tezuka spiccarono “Uchuu Patrol Hopper”, realizzata con pupazzi animati e trasmessa tra il 1963 e il 1965, e “Banpaiya – Vampire”, una serie che mescolava insieme disegni animati e attori in carne e ossa, tratta da un altro suo manga di successo, trasmessa dal 1968 al 1969.
Accanto alla produzione di serie commerciali, Osamu affiancò anche alcuni lavori più sperimentali, che sfruttavano nuove tecniche di animazione non tradizionali influenzate dalla cultura pop, con i quali vinse diversi premi.
Nel 1971 Tezuka fondò una nuova società, la Tezuka Production, con cui realizzò la serie “Fushigi na Melmo” (in Italia “I bon bon magici di Lilly”).
L’attività di animatore e di produttore di anime, non lo distolse comunque dal proseguire la sua prolifica e continua produzione di manga: “Buddha”, una personale rivisitazione avventurosa della vita di Gautama Siddharta viene pubblicato tra il 1972 e il 1983, mentre nel 1973 dà inizio a “Black Jack”, una serie molto lunga, composta da 25 volumi per più di 5000 tavole, dedicata alle avventure di un abilissimo medico senza licenza, apparentemente avido e cinico, ma in realtà una figura tragica e umana.
Negli anni Ottanta continuò a sfornare albi di successo senza sosta, tra cui non possiamo non menzionare il dramma storico “Adolf ni tsugu” (“La storia dei tre Adolf”), ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tezuka continuò a disegnare fino alla sua scomparsa, avvenuta a Toyonaka il 9 febbraio 1989, all’età di 60 anni, lasciando incompiute due nuove serie, “Ludwig B.” e “Neo Faust”.
Poco prima della sua morte, più volte alcuni importanti giornali giapponesi hanno portato avanti, invano purtroppo, una campagna a favore dell’assegnazione a Osamu Tezuka del premio Nobel per la Letteratura. Nel 1994 la città di Takarazuka ha aperto un museo in sua memoria e nel 1997 il governo giapponese gli ha dedicato una serie di francobolli.