PEVERAGNO – LA CAPPELLA DI SAN GIORGIO, LA PORTA DEL CIELO
E LA CONGREGA DELLE STREGHE DELLA LUNA NERA
Le Streghe di Boves mi avevano fatto un grande dono e io intendevo utilizzarlo nel migliore dei modi. Da tempo immemorabile, la Congrega delle Streghe della Luna Nera, regnava indisturbata sulle notti misteriose del Cuneese. Centinaia erano le persone scomparse nei boschi e mai più ritrovate e altrettante erano coloro che, per ingraziarsi le Streghe, per far andar bene il proprio piccolo negozio, per far funzionare il proprio matrimonio, si donavano a ogni Sabba. Nessuno notava certe stranezze negli atteggiamenti dei cittadini di Peveragno, ma io non potevo non farci caso. Schivi e riservati, sbarravano il passo a chiunque non fosse come loro. Proteggevano il loro paese da tutto ciò che era estraneo e che poteva compromettere l’umore delle Streghe e far virare la loro ira. Volubili e capricciose, pretendevano ogni volta sacrifici più grandi. Il paese sapeva e taceva, nascondeva e smentiva. Un vecchio parroco, tentò nel 1300 di portare nuova linfa e di estirpare il male che permeava ogni cosa in quel piccolo paese, ma un giorno fu ritrovato morto nella sua piccola dimora. Sulle labbra aveva il sorriso di chi ha incontrato la luce che cercava da sempre, ma dietro di sé aveva lasciato solo buio e malvagità. Quella non era riuscito a estirparla e come un rampicante dotato di mille aculei si era insinuato nelle anime mortali di tutti gli abitanti. Vi è un luogo a Peveragno di cui pochi conoscono la storia e che divenne il primo baluardo della lotta alle streghe.
La Cappella di San Giorgio.
Attraversai il paese in lungo e in largo, sentendomi addosso gli occhi diffidenti dei residenti, che mi osservavano dietro le tende ricamate delle loro abitazioni, uscendo dai negozi, passandomi accanto. L’aria dava l’impressione di essere ferma e sospesa come una cupola protettiva del male nei riguardi del bene. Camminai fino ad arrivare in prossimità della Cappella di epoca barocca. Bellissima, con il suo campanile neo-gotico ispirato ai minareti di Rodi e che poggia su di un’antica struttura tardo medievale che ricorda il sorgere del Ricetto. Sta lì, immobile e guardinga, sulla collina che un tempo fu un riconosciuto luogo di culto pagano. Sta lì, in mezzo alle incisioni rupestri e mostra al mondo intero quelle a forma di “P” rovesciata che riportano alla mente antiche usanze magiche. Costruita per portare ovunque la luce del bene ed esorcizzare i culti pagani. Cancellare le tracce della stregoneria. Mi fermai a inspirare l’aria frizzante che pareva non risentire della cappa maligna che ristagnava sul paese. Perfettamente edificata in base alle regole del “versus solem orientem” che vengono da importanti conoscenze astronomiche e che riconoscevano nell’oriente, il punto di partenza della salvezza. Il sole come luce e pace. Come bene e vita. Mi ripromisi di tornare il giorno del solstizio d’inverno; giorno nel quale la palla infuocata del sole al tramonto, entra prepotentemente nella Cappella attraverso la porta principale e prima di svanire completamente, illumina l’altare dedicato a San Giorgio come a sottolineare la lotta del Santo contro il mostro delle tenebre. Come a voler ricordare che la luce vince sempre sulle tenebre.
Era un giorno particolare e io lo sapevo. Willelm mi aveva informato e sapevo che quella notte le Streghe della Luna Nera si sarebbero riunite per uno dei loro Sabba. Avrei dovuto stare molto attenta perché in questo caso avrei avuto contro tutto il paese se qualcosa fosse andato storto.
Una voce mi riportò alla realtà bruscamente. Una voce gaia e cristallina come l’acqua fresca di un fiume di montagna.
“Stanno arrivando?” chiesi con un tuffo al cuore.
“Credo di sì. Il sole sta tramontando.”
“Quante credi che siano?”
“Non lo so, ma non è di loro che mi preoccuperei, ma di quanti abitanti ha Peveragno vista la protezione che danno alla Congrega.”
“E come diavolo facciamo allora?”
“Ricordi il sacrificio che ha fatto Alina?”
Annuii vergognandomi un po’ per la mia codardia e ripensando alle vite che mi avevano donato affinché io combattessi contro le Streghe della Luna Nera.
Il sole scomparve senza il consueto passaggio graduale, ma d’improvviso, come se fosse stato tirato giù a sassate da vandali senza cuore. Il silenzio mi piombò addosso e sembrò schiacciarmi al suolo.
“Che cosa fate in questo luogo?”
Mi voltai di scatto e quasi baciai la donna che mi si parava davanti con le mani sui fianchi e gli occhi luminosi di un gatto.
Mi feci coraggio e ripensai ad Alina.
“Il mio nome è Clelia, nipote di Ettore, Purificatrice Rinata dagli abissi della tenebra.”
La donna rimase un momento immobile e poi scoppiò in una risata fragorosa.
“Cosa dici? Chi sei?” mi sbeffeggiò.
Attorno a lei si radunarono decine e decine di giovani donne con gli occhi da gatto.
“Lasci che si prenda gioco di te?” chiese Willelm.
Aveva ragione. Non potevo lasciare che ridesse alle mie spalle come se nulla fosse. In questo caso non mi sarebbe servito l’amuleto purificatore, ma il dono dei sette sigilli sì.
Prima che avessi solo il tempo di concentrarmi su uno dei poteri donatimi da Alina, mi sentii avvinghiare dalle braccia possenti di qualcuno.
“Mettimi giù!” gridai furibonda.
“Mettila sull’altare! Avevamo proprio bisogno di un sacrificio e ora lo abbiamo trovato! Che fortuna ragazze!” rise forte.
Le braccia nerborute mi posarono sull’altare senza troppe cerimonie e le dita eleganti e rapide di due donne mi legarono braccia e gambe ancor prima che io solo pensassi a cosa fare per poter fuggire.
Su ognuna di loro, il demonio aveva posato il suo oscuro sguardo e vi aveva lasciato il proprio segno distintivo. Il punctum diabolicum. Sapevo che quel Sabba era di estrema importanza per la Congrega perché sarebbe arrivato il diavolo in persona a battezzare i loro capi con il sangue degli uomini. Precisamente con il mio sangue, visto che mi avevano mio malgrado eletta a vittima sacrificale. E sapevo che per fare questo sarebbero state completamente nude.
Mi serviva il primo sigillo.
Sentii le cinghie stringere forte le braccia.
“Tienile fermo il capo.” Ordinò la donna dai capelli corti e scuri.
“Allora, Purificatrice, Rinata, nipote di Ettore…” soffocò un sorriso “sei pronta a diventare la nostra acquasantiera?” rise convulsamente sputandomi sul viso spruzzi di saliva.
“Il Pugnale!”
Una ragazza che doveva avere non più di undici anni glielo porse sorridendo beata.
“Sono al tuo cospetto, Signore delle tenebre. Ti chiamo e di chiedo di attraversare la porta del cielo e giungere a me per il sacro battesimo.”
Le donne attorno a me cominciarono a spogliarsi.
“Invoco il tuo potere e il tuo aiuto.”
“T’invochiamo.” Risposero le donne all’unisono, ormai libere dagli abiti.
“Cosa aspetti? Tra un attimo ci sgozzerà!” mi urlò Willelm.
Aveva ragione! Dovevo scuotermi dal torpore e da quello stato di ipnosi che mi bloccava anche i pensieri.
Liberai la mente e mi voltai verso la porta del cielo che ora era buia e irriconoscibile. Non sentii le litanie delle donne che si allontanarono da me sempre di più, fino a divenire un indistinto brusio. Sentii le mani bollenti, tanto da dovermi mordere il labbro per non urlare dal dolore. Strizzai gli occhi tanto forte da sentire dolore ai muscoli della fronte e quando finalmente trovai il coraggio di riaprirli, ciò che mi ritrovai a guardare non me lo sarei mai aspettato.
Due candele illuminavano i corpi nudi e cosparsi di olio profumato e oltre la soglia centinaia di persone stavano a guardare.
“Sta arrivando carissimi concittadini e finalmente ognuno di voi potrà pagare il prezzo pattuito per i suoi servigi.” Si voltò verso un’anziana donna dal corpo deformato dall’artrite. Cosa poteva aver chiesto quella donna dallo sguardo spaventato se non un aiuto per la sua infermità? Invece continuava a essere malata e deforme. Che prezzo doveva pagare per non aver avuto giovamenti?
“Per cosa pagherai Margherita?”
La donna fece un passo avanti e si guardò intorno intimorita. Pareva fosse in procinto di farsi il segno della croce.
“Pago per la vita di mio figlio. Salvata tra le macerie di un auto in fiamme.”
Rabbrividii a quelle parole, pronunciate con il groppo in gola e sapendo che di lì a poco avrebbe perso per sempre l’anima che tante volte aveva raccomandato a Dio.
“Antonio, per cosa pagherai?”
“Per mia moglie, che ha continuato a starmi accanto nonostante non mi amasse più.”
“Franco, per cosa pagherai?”
“Per la mia ditta, che lascerò per il futuro dei miei quattro figli.”
Non potevo continuare ad ascoltare le parole di quelle persone. Mi ero sbagliata. Non erano persone votate al male e che nascondevano la Congrega per una sorta di sordido patto. Erano persone comuni, con i loro problemi, le loro paure, le loro speranze e le loro debolezze.
Nessuno avrebbe dovuto pagare con l’anima per il solo fatto di aver amato così tanto il proprio figlio da non riuscire ad accettarne la dipartita.
Nessuno avrebbe dovuto pagare con l’anima il desiderio di poter ancora guardare negli occhi la donna amata e nessuno avrebbe dovuto giungere a un simile scotto per il solo desiderio di salvare dalla rovina l’intera famiglia. Le Streghe della Luna Nera, figlie di Lilith avevano approfittato delle loro debolezze, della loro umanità.
“Lilith! Madre di tutti i demoni, corri incontro alle tue figlie e rendile irresistibili agli occhi di Lucifero!”
Una nebbia gelida si sparse tutt’attorno ricoprendo ogni superficie di cristalli di ghiaccio e rendendola lucida come marmo.
Mi concentrai di nuovo e questa volta non per salvare la mia vita, ma per salvare l’anima di quelle persone. Sentii il coltello appoggiarsi alla gola. La lama fredda e calda allo stesso tempo. La sentii scivolare e poi un fiotto caldo mi si riversò addosso. Un bruciore terribile mi invase le carni. Con gli occhi chiusi vidi la luce e sentii distante la voce di Willelm che mi chiamava con insistenza. La luce mi veniva incontro e io mi sentivo scivolare sempre più giù.
“Apri gli occhi!” Willelm gridò nella mia mente più forte di quanto avesse mai fatto.
Li aprii con fatica e timore.
“Non è possibile…” balbettai.
La palla luminosa e infuocata del sole, perfettamente allineata alla porta d’ingresso come nel giorno del solstizio, inondava la Cappella con il suo prepotente chiarore e calore. Era quella la luce che mi stava venendo incontro mentre avevo gli occhi chiusi?
O stavo morendo lentamente dissanguata?
Mi voltai piano.
Le donne giacevano a terra, sempre senza vestiti e le loro membra fumavano come fossero state arrostite. L’odore acre mi pungeva le narici. Mi voltai alla mia sinistra. La donna dai capelli corti e scuri teneva ancora in mano il pugnale e nell’altra la candela, inclinata pericolosamente su di me… sul mio collo. Seguii con lo sguardo la goccia di cera che si staccò e come al rallentatore andò a schiantarsi sul mio collo, provocando la sensazione di calore e bruciore che avevo già provato prima.
“Cos’è successo?”
Margherita corse verso di me e cominciò a slegarmi, imitata da altri.
“Ci hai salvato l’anima. Ecco cos’è successo.” Mi rispose.
“Non ho avuto tempo di fare niente…” protestai debolmente.
“Quella luce è uscita da te ed è andata dritta in quella direzione.” Disse indicando il sole.
“Già! E poi è risorto il sole! È una cosa mai vista!” disse Franco.
“Sei una strega?” Mi chiese una giovane donna.
“No. Non lo sono.”
Lei sorrise e sembrò rincuorata.
“Hai fatto un buon lavoro.” Mi disse Willelm.
“Non mi sono accorta di niente…” risposi un po’ delusa.
“Non importa. Hai richiamato il sigillo del calore, le candele hanno cominciato ad ardere velocemente, il sole è risorto e ha bruciato le streghe proprio mentre il rito del Sabba avrebbe preteso solo tenebre.”
Non riuscivo quasi a credere a quello che mi stava dicendo, ma dovetti farlo quando Margherita mi prese le mani tra le sue.
“Grazie. Chiunque tu sia. Grazie.”
Il solo pensiero che Margherita potesse tornare a casa e gettare le braccia al collo del figlio mi diedero tutto ciò di cui avevo bisogno.
Fiducia nel bene. Amore per il prossimo. E fede nella luce.
16/10/2008, Simona Gervasone