Me ne stavo tornando al Palazzo di Ghiaccio. Il cielo era livido, in lontananza sembrava schiarirsi, ma era troppo presto per l’alba. Qualche goccia cominciava a cadere sul viottolo sterrato che correva in mezzo ai campi, alzandone la polvere. I miei fratelli dovevano aspettare me, Grüne doveva essere tornato e immaginavo che volesse aggiornarci su quanto avevano detto i Durpazi. Io sapevo com’era andata: gli Dei dei Ghiacci Eterni, così sfuggenti, avranno sicuramente ascoltato mio fratello, letto nella sua mente e nel suo cuore, visto nei loro specchi glaciali quanto avevamo combinato tutti noi. Dopo essersi confrontati guardandosi negli occhi e comunicato intrecciandosi i capelli a vicenda, avrebbero spiazzato Grüne dicendogli che, per quanto fossero orgogliosi di come noi, loro creature, stavamo gestendo tutta quella situazione, loro non potevano intervenire. O meglio, non in questo momento. Mi sembrava di vederli, aprire le braccia e comunicare all’unisono che si tiravano fuori dalla questione. Avevo paura che se avessero letto nel mio cuore e nella mia mente, mi avrebbero incenerito: pensavo che ci avessero abbandonato, poiché avevo già dovuto contare solo su di me dal momento in cui avevo deciso di occuparmi di Idropante.
Gli spiriti dei guerrieri morti cominciavano a barcollare verso i loro rifugi. I loro rantoli non mi permisero di sentire nitida la voce di Isa che mi chiamava urlando. Mi voltai e, socchiudendo gli occhi, la vidi litigare furiosamente con sua madre, completamente trasformata, circondata da un’aurea rossa. Litigavano per una cassetta, quella dove erano conservate le gemme della bestia. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, ma era necessario tornare da Isa, poteva avere bisogno di aiuto.
La cascina dove viveva la famiglia Capofreccia era avvolta da fiamme rosse che non bruciavano. Ora era tutto più chiaro: la madre di Isa stava dando problemi. L’esorcismo al quale l’avevo sottoposta tempo prima non era irreversibile e sapevo che poteva esistere qualcosa che poteva ricondurla nelle braccia e al servizio dei suoi genitori. Questo qualcosa dovevano essere le gemme del serpente. Era impossibile per me entrare in casa e poi non sapevo quanto potesse essere forte la Stregona del fuoco. Avevo bisogno dell’aiuto dei miei fratelli. Li chiamai, arrivarono subito. Dovevamo sbrigarci. Decidemmo di mettere al riparo i nonni di Isa: con un incantesimo li trasferimmo, mentre dormivano, al Palazzo di Ghiaccio. Il padre di Isa doveva essere ancora nella sua casa, spaventato quanto la figlia del cambiamento repentino della moglie.
Con un sortilegio collettivo creammo una barriera per proteggerci dagli attacchi della strega e poi entrammo nella casa. Le stanze del piano terra erano immerse nel più assoluto silenzio. Ad un tratto un mormorio: in un angolo, legato ad una sedia, il padre di Isa, con uno straccio in bocca per non urlare e un’aria stravolta. Lo liberammo subito e poi lo mandammo al Palazzo di Ghiaccio. Salimmo al piano superiore e nella stanza di Isa si stava combattendo per la scatoletta di piombo. La Stregona del fuoco era ormai tornata quella di una volta e, benché fuori piovesse ormai a dirotto, la Cacciatrice non era in grado di usare nel modo più efficace il suo potere. Non potemmo intervenire, con un calcio al petto la Stregona riuscì a rubare la scatola e sparì con una fiammata. Isa, a terra, piangeva senza sosta. Non riusciva a capacitarsi di quello che era successo e non sapeva come rimediare. Mi avvicinai a lei e la consolai, poi guardai i miei fratelli: nella sua casa non era al sicuro, decisi che sarebbe venuta anche lei al Palazzo.
Rifocillammo lei e il resto della sua famiglia e mentre loro mangiavano e cercavano di riposare, Grüne ci informava sull’incontro con i Durpazi. Era andata proprio come avevo immaginato. Non c’era tempo per stare a rimuginare su quanto accaduto, dovevamo trovare un modo per recuperare le gemme. E poi dovevamo nascondere i Semi del Male perché, per quanto fossero al sicuro, avevo la certezza che la Stregona del fuoco volesse cercarli e rubarli. Sicuramente avrebbe voluto liberare anche le sue sorelle. Quanto avevano dette queste ultime si stava realizzando e ne parlai con i miei fratelli. Grüne, accompagnato da Jurgerer, andò a controllare i Semi del Male, mentre Treznor ed Angusal, gli altri miei due fratelli, ed io scendemmo a controllare le altre tre Stregone. Sentivo che qualcosa non andava e quando mi trovai davanti la porta spalancata e i kanut sgozzati ne ebbi la prova. I blocchi di ghiaccio erano stati distrutti e nell’aria risuonavano gli echi delle risate di scherno delle Stregone. Tornammo al piano superiore con la paura che anche i Semi del Male fossero spariti ma Jurgerer invece teneva stretta fra le mani il cofanetto di cristallo di gesso, pronto a nasconderlo nel posto più sicuro che conoscevamo, la Montagna Sacra abitata dai Durpazi. Ad un tratto però nella sala entrò un vento nerastro e appiccicoso che ridusse in cenere i kanut presenti. Mi spaventai moltissimo, sapevo cosa aspettarmi, o meglio, chi. Gli Smilzi erano penetrati nel Palazzo di Ghiaccio e resero l’ambiente talmente oscuro che ci rubarono i Semi del Male senza che potessimo fare niente. Appena l’oscurità svanì, corsi a controllare se Isa e suo padre stavano bene. Quest’ultimo agonizzava con un pugnale nel collo, della figlia più nessuna traccia.
Grüne gli fece un incantesimo, lo addormentò e piano piano gli tolse il pugnale dal collo, bloccando l’emorragia con un panno bianco che lentamente si inzuppava di sangue. Poi sigillò la ferita sfiorandogliela con le dita. Concluse con un altro sortilegio, per fargli recuperare tutte le energie vitali e lo trasportammo tutti insieme alla Montagna Sacra. I Durpazi erano già al corrente di tutto quello che era successo e questa volta ero proprio curiosa di sapere se ci avrebbero aiutato. Ci dissero che del padre di Isa si sarebbero occupati loro, era al sicuro in quel luogo, della Cacciatrice ci saremmo dovuti occupare noi. Dovevamo trovarla più in fretta possibile, una volta trovata gli Dei dei Ghiacci Eterni sarebbero intervenuti per distruggere definitivamente Vlore ed Olaf.
Sapevo dove trovare gli Smilzi. Si nascondevano in quella basilica che era stata fatta costruire dal re Autari molto tempo fa. Quest’ultimo non lo sapeva, ma la scellerata madre degli Smilzi non era morta nella grotta dove aveva sempre vissuta. Lei era nata vicino al grande fiume e quando si sentì morire, chiese ai suoi figli di trasportarla in un luogo che avrebbe indicato come adatto per la sua sepoltura. Così fu. Gli Smilzi se ne stavano nascosti di giorno e il re longobardo non sapeva che nel luogo da lui scelto per edificare una basilica in onore del santo cavaliere Alessandro ci fosse la tomba di una donna che si era unita col demonio. Gli Smilzi comparivano in quel luogo solo di notte, l’unico momento in cui lo spirito della loro madre ricompariva e con questo compivano rituali magici. Questa strana storia ci era stata raccontata quando Idropante ed io, partiti dalla dimora di messer Martius, ci imbattemmo nuovamente negli Smilzi a Fara, dove ingaggiammo una battaglia tremenda e, per qualche tempo, lo spirito della donna venne rinchiuso nella scatola di madreperla. Purtroppo Idropante non riuscì a portare la scatola nella pieve, per completare il rituale: la scatola gli venne rubata e danneggiata e i fantasmi che si trovavano al suo interno vennero liberati. Dello spirito della donna non si seppe più niente e neanche degli Smilzi, che sparirono per un certo tempo.
Lo dissi a Grüne e fu così che in un attimo ci trovammo davanti all’entrata di quella che una volta era la basilica. In quel momento mi resi conto quanto tempo fosse passato: dell’edificio sì modesto ma spazioso rimanevano solo dei brandelli di muro e le specchiature dell’abside. Pensavo che anche lo spirito della meretrice si fosse risvegliato e dovevamo muoverci, poiché stava per sorgere il sole. Eravamo tutti insieme e il nostro potere era al massimo: entrammo nell’edificio e trovammo Isa rinchiusa in una gabbia circondata dagli Smilzi. Sopra le loro teste lievitava un trono fatto di ossa su cui era accomodata una donna dalla pelle rinsecchita e vestita di pellicce di animale. Portava dei gioielli fatti con ossa e sulla fronte portava il marchio del demonio con cui aveva generato gli Smilzi. Nelle mani teneva i due scrigni contenenti le gemme e i Semi del Male. Ad un tratto comparvero le Stregone, che presero gli scrigni e portarono via la gabbia, mentre gli Smilzi ci attaccavano. Grüne lanciò un incantesimo e il soffitto cadde loro in testa, stordendoli. Jurgerer appiccò il fuoco, bruciandoli. Il gas violaceo si liberava dai loro resti e, prima che questo si propagasse, lo ingabbiammo in una bolla magnetica. Treznor ed Angusal iniziarono a recitare una litania e il pavimento si ruppe. La terra sottostante si mosse come se fosse scavata da una trivella e, ad un tratto, riemersero i resti della madre degli Smilzi. Se ci fossimo liberati di quelle ossa, gli Smilzi sicuramente non sarebbero tornati in quel luogo, forse li avremmo distrutti definitivamente. C’era bisogno del potere di tutti noi. Ci tenemmo per mano e all’unisono invocammo i Durpazi, che ci aiutassero benedicendo il nostro sortilegio. Le parole che venivano pronunciate dai miei fratelli avevano l’aspetto di pioggia argentea, che ricoprì la bolla violacea e le ossa della meretrice. Una volta ricoperto il tutto, una luce fortissima esplose nella stanza e disintegrò la bolla e i resti mortali. Quando tornò la normalità, il soffitto dell’edificio era al suo posto e così anche il pavimento, intonso.
«Un problema è stato risolto, ora dobbiamo cercare gli Stregoni» disse Jurgerer. Ormai questi ultimi non si consideravano più dei prigionieri, quindi ci sembrava inutile andare a cercarli alla cascina al Serio Morto.
«Un tentativo si potrebbe fare, è meglio non dare niente per scontato» aggiunse Angusal. Decidemmo di dividerci, alcuni si recarono al cascinale, mentre Angusal, Grüne ed io ci recammo là dove molto tempo prima si stendevano le acque del lago Gerundo. Era in questo luogo che Vlore aveva fomentato le guerre fra i Discendenti delle Fate Bianche, conflitti che avevano portato alla loro distruzione. Mentre ci recavamo in quel luogo, Treznor e Jurgerer ci comunicarono che il cascinale al Serio Morto era completamente sparito, sprofondato nella terra. Ci stavano raggiungendo. Il vecchio fondale del lago era ormai occupato da campi coltivati e fattorie sparse. Al centro di questa distesa di campi si trovava una pietra bianca, levigata e di notevoli dimensioni. Sopra di essa era adagiata la gabbia dove Isa, piuttosto provata, era tenuta prigioniera. Era una trappola. Quando arrivarono gli altri due miei fratelli cercammo un modo per liberare la Cacciatrice, ma sapevamo che gli Stregoni e le loro figlie, nascosti chissà dove, ci stavano osservando. Attendevano una nostra mossa per attaccarci. Treznor iniziò a battere i piedi in terra e a muovere le mani sopra la sua testa. Voleva rinchiudere la prigione di Isa in una bolla protettiva ed aveva bisogno dell’aiuto di tutti noi. Lo imitammo ma, immediatamente, una lancia infuocata si conficcò in terra a poca distanza da noi. Erano usciti allo scoperto, il piano di Treznor era riuscito. Vlore ed Olaf erano ricomparsi in tutta la loro forma e cattiveria. Circondati dalle loro figlie, tenevano nelle loro grinfie Isa, che non smetteva di piangere e di chiamare la madre, irriconoscibile. Era evidente che si sentiva impotente ma nessuno poteva fare niente:se fossimo intervenuti in uno scontro, era probabile che avremmo avuto la peggio. Decidemmo di invocare i Durpazi, questo era il loro momento. Li pregammo, tenendoci per mano, di raggiungerci, avevamo bisogno di loro, erano gli unici in grado di distruggere definitivamente gli Stregoni. Non si fecero attendere tanto. La campagna divenne una landa glaciale, cominciò a cadere una fitta neve e comparvero gli Dei dei Ghiacci Eterni, che in un attimo chiusero gli Stregoni in una sorta di recinto di ghiaccio. Questi ultimi cercarono di ribellarsi, ma il potere dei Durpazi era troppo forte. I nostri nemici vennero rinchiusi in un blocco glaciale enorme e un Signore dell’Artico, recitando alcune parole che fu impossibile sentire, fece esplodere il cubo e gli Stregoni vennero bruciati da fiamme bluastre. Sopra i loro resti mortali si vedevano le loro anime dannate che cercavano di fuggire, ma i Durpazi incenerirono anche quelle, buttandovi addosso del sale.
I Durpazi sparirono subito e toccò a me liberare Isa e ad aiutarla a riprendersi. La portammo subito al Palazzo, dove suo padre e i suoi nonni la stavano aspettando. C’erano da rimettere insieme i cocci, riprendersi dopo la brutta la delusione avuta dalla madre ed affrontare la questione che forse anche Isadora avrebbe potuto perdere la ragione e cedere alla malvagità. Decidemmo che sarebbe rimasta da noi e, appena Isa si fosse ripresa, l’avrei sottoposta ad un rituale che l’avrebbe liberata dalla cattiveria.
Ci volle qualche tempo ad Isadora e suo padre per riprendersi dal tradimento e dall’abbandono della Stregona del fuoco. Lì io non potevo fare niente, oltre che tenere d’occhio la Cacciatrice e consolarla, per quanto mi riuscisse difficile. Sapevo che sarebbe tornata in forma e avrebbe continuato a svolgere la sua missione. Era come in pausa , ma sarebbe sicuramente tornata ed io sarei stata con lei.