Misteriosa e senza volto, e sarà proprio lei a spiegarci il motivo, Kristle Reed è lo pseudonimo con cui una bravissima scrittrice, amante dell’horror ma che non disdegna di cimentarsi in altri generi, ha pubblicato quest’anno due interessanti libri di cui già abbiamo parlato, “Pietra” e “Aphelion”. Ora è tempo che sia lei a parlare.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È KRISTLE REED?
Kristle Reed non ama parlare di sé. Ciò che conta sono le sue storie. Ti dirò soltanto che arrivo da una lunga gavetta di racconti pubblicati su riviste e su siti web (con un altro pseudonimo) e che ho cominciato a scrivere quando avevo circa dodici anni. Sono da poco approdata alla 0111 Edizioni. La gavetta è lungi dall’essere conclusa, ma almeno posso affermare di essere passata dal ruolo di scrittrice esordiente a scrittrice emergente.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI LETTERARIE PRECEDENTI?
Oltre a “Pietra” e “Aphelion” ho scritto anche un romanzo di narrativa dal titolo “Q.I.”, una raccolta di storie in stile “Ai Confini della Realtà” che si intitola “Racconti” e infine una raccolta di articoli sul mistero di taglio giornalistico dal titolo “Mysterium”. Tutti e tre editi dalla 0111 Edizioni.
DA QUALCHE TEMPO SEI IN CIRCOLAZIONE CON BEN DUE LIBRI HORROR. IL PRIMO È “PIETRA”: CE NE VUOI PARLARE?
“Pietra” racconta di due fratelli che arrivano in un paesello isolato del Carso istriano e, quali figli di una coppia di croati, vengono coinvolti a viva forza in una vicenda macabra e terrificante. Il fulcro del mistero è la vicina necropoli illirica che nasconde un segreto spaventoso. È un romanzo che è piaciuto molto agli amanti del genere horror, ma anche a chi, prima di “Pietra”, non aveva mai aperto un libro di questo tipo. In molte delle recensioni viene apprezzata e sottolineata la mia abilità nel descrivere la psicologia dei personaggi, cosa che fa immediatamente scattare nel lettore la giusta empatia e un profondo senso di partecipazione alle vicende narrate.
COME MAI HAI SCELTO UN’AMBIENTAZIONE TOTALMENTE ITALIANA?
Ho scelto il Carso perché è una zona che conosco bene e so che può risultare un luogo inquietante, specialmente durante la stagione invernale.
IL SECONDO VOLUME CHE TI VEDE PROTAGONISTA È “APHELION”, TRA L’ALTRO USCITO DA POCO. VUOI PARLARCI ANCHE DI QUESTO?
“Aphelion” è una storia di vampiri. L’idea era nata per un racconto breve con il quale volevo partecipare a un concorso e che poi si è rivelata essere più adatta a un romanzo di ampio respiro. È ambientato nella New York del 1905 e narra di un vampiro, Goran, tenuto prigioniero in una gabbia, all’interno di un Freak Show, ovvero uno di quegli spettacoli che andavano molto di moda a quei tempi e che si riassumevano in una parata di persone con varie deformità fisiche. Quando altri due vampiri, Emil e la bella Ailis, vedono un loro simile in gabbia, decidono di aiutarlo. O meglio, Ailis è quella più convinta, mentre Emil sembra riluttante, e poi si capirà il perché. La storia si complica quando Ailis scopre che Goran è affetto da un leggero ritardo mentale e che non si rende conto di essere un vampiro. La spiazzante scoperta non incrina la determinazione di Ailis che lo libera e lo prende sotto la sua ala protettrice . Le non-vite di questi tre personaggi non saranno più le stesse. Ho voluto scrivere questo romanzo per dire la mia sulla figura del vampiro e ne è uscita una storia che molte persone hanno definito affascinante, gotica, commovente, romantica e spaventosa allo stesso tempo.
STAVOLTA HAI SCELTO COME ARGOMENTO I “VAMPIRI”, UNA DELLE ICONE TRADIZIONALI DEL GENERE. COME HAI AFFRONTATO L’ARGOMENTO?
Uno scrittore non “affronta un argomento”, bensì elabora nella propria mente una storia che possa lasciare un segno, anche se parte da un’idea già conosciuta. E spesso la elabora perché è letteralmente costretto a farlo da quella che viene chiamata “ispirazione”. Anche io, come molte persone, ho sempre subito il cosiddetto “fascino del vampiro”, ma non mi sono azzardata a scrivere nulla finché non è arrivata (non so da dove) l’idea giusta, un’idea con una certa personalità che meritava di essere messa su carta.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE HORROR E PER IL MISTERO IN GENERALE. CHE SIGNIFICATO HANNO PER TE QUESTE TEMATICHE?
Fino a tre anni fa mi dedicavo solo all’horror, ma poi ho scritto “Q.I.”, un libro di narrativa che con l’horror non ha niente a che fare, e i miei orizzonti si sono ampliati. Ora il mio desiderio è di non essere etichettata come una scrittrice horror, ma come una scrittrice completa, capace di esprimersi con sicurezza attraverso diversi generi letterari. Il mio amore per l’horror, il mistero, l’inspiegabile e l’inquietante rimane inalterato, ma la mia creatività si è fatta più complessa. Se una volta trovavo impossibile pensare di poter scrivere un libro di narrativa, senza elementi horror, adesso non è più così. Penso che sia una bella cosa, per un artista, crescere ed evolversi. COME MAI UNA DONNA HA SCELTO DI SCRIVERE HORROR, UN GENERE CHE, SECONDO L’OPINIONE COMUNE, DOVREBBE INVECE SPAVENTARE IL “GENTIL SESSO”?
Non generalizziamo. Non facciamo di tutta l’erba un fascio. Ci sono donne che leggono libri horror e altre che si coprono gli occhi solo a sentire pronunciare la parola ‘sangue’. Allo stesso modo ci sono uomini che amano il genere horror e altri che non lo gradiscono affatto. Ci sono tante persone con diverse personalità. Ci sono diverse scrittrici con diverse personalità. Devo aggiungere altro?
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Da ciò che vedo, che sento, che provo, che penso. In poche parole: dall’universo che mi circonda e dall’universo che ho dentro me.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Sono una persona ambiziosa. Attualmente non sono in grado di mantenermi solo con la scrittura, ed è proprio lì che voglio arrivare. Il sogno nel cassetto è sempre stato questo.
IN BOCCA AL LUPO PER OGNI COSA!
18/12/2008, Davide Longoni