SALVATORE PROIETTI

Un intellettuale al servizio della letteratura fantascientifica. Stiamo parlando di Salvatore Proietti. Romano, laureato in lingue e letterature straniere, con studi di specializzazione sia in Italia sia in Nordamerica. Traduttore capace, saggista e critico letterario, Proietti insegna letterature angloamericane all’Università della Calabria.

Già curatore della collana di science fiction “Nuova Galassia”, sempre nello stesso campo collabora con varie case editrici tra cui Delos Books, e con riviste on line come Next Station. Va segnalato che da poco è stato pubblicato il primo numero di Anarres, webjournal da lui diretto che si occupa di critica relativa alla fantascienza e al fantastico.

Per la sua intensa e apprezzata attività nell’ambito della fantascienza, Proietti, ha ricevuto varie volte il Premio Italia. Fra i testi “accademici” che ha pubblicato, da citare vi sono Storie di fondazione: letteratura e nazione negli Stati Uniti post-rivoluzionari (Bulzoni, 2002) e Hippies! Le culture della controcultura (2° ed. Cooper, 2008).

Lo abbiamo incontrato a Fiuggi nel corso della tredicesima edizione della “DeepCon” – Convention annuale del fantastico – organizzata dall’Associazione culturale “Deep Space One”, che si è svolta dal 22 al 25 marzo scorsi.

“Ho un profondo interesse per la letteratura, e la narrativa fantascientifica è parte del mio impegno letterario – afferma Proietti. La fantascienza pertanto è sia una passione sia un segmento della professione, perciò si tratta di una piacevole commistione”.

IMMAGINO CHE ANCHE NEI PROGRAMMI UNIVERSITARI LEI RIESCA A INSERIRE QUALCOSA RELATIVA ALLA FANTASCIENZA.

Questo può avvenire più facilmente nelle tesi di laurea, o scrivendo articoli e saggi. Ricordiamo che la fantascienza è un linguaggio molto particolare. Non è alternativo a quello letterario classico. Però richiede la conoscenza del repertorio letterario generale e a questo aggiunge i suoi codici e i protocolli particolari di linguaggio e di ritmo, che vanno compresi nei loro termini. Fra i generi popolari, forse la Sf è quello più “difficile” e impegnativo. Anche per questo, forse, il più entusiasmante.

A PROPOSITO DEGLI AUTORI NORDAMERICANI, CHE STAGIONE VIVONO OGGI QUELLI CHE SI OCCUPANO DI SCIENCE FICTION?

Esiste sempre un interesse abbastanza forte. La crisi dell’editoria è generale. Nella Sf, si è vissuta una grandissima stagione fino al Cyberpunk, diciamo sino ai primi anni ’90. Nel mondo di lingua inglese poi il primato creativo è passato alla Gran Bretagna. Negli Stati Uniti la fantascienza ha avuto un gruppo di autori importanti che sono stati accettati e conosciuti. Sto parlando fra gli altri di Vonnegut, Dick, Delany, Ursula Le Guin, e poi William Gibson, Octavia Butler e Kim Stanley Robinson. Si tratta di figure con cui chi studia o si occupa di letteratura americana non può fare a meno di fare i conti. Vorrei aggiungere un fatto che continua a contraddistinguere il mercato della science fiction di lingua inglese da quello italiano, ossia che un forte settore dei lettori è rappresentato da lettrici. Alcune autrici sono di grandissimo valore: oltre a Le Guin, pensiamo a Joanna Russ da poco scomparsa. D’altra parte, è proprio una donna – Lois McMaster Bujold, autrice di brillanti space opera – che, negli ultimi anni, ha incarnato il livello medio, l’avventura intelligente. L’esistenza di un’ottima fantascienza media fa pensare che per i prossimi grandi autori sia solo questione di tempo. Nel racconto e nel romanzo breve, il nome di Ted Chiang è già una realtà. Ricordiamo, infine, anche il Canada dove ci sono autori come Robert J. Sawyer giunto in visita in Italia lo scorso anno (ha partecipato all’edizione 2011 dei “Delos Days” a Milano, ndr), uno scrittore che ha una grande creatività oltre a essere un vulcano di idee. Ma non è l’unico. E ripeto, in Gran Bretagna si è riusciti a lavorare sia sullo spessore letterario, sia sulla ricerca concettuale, sulle orme di J.G. Ballard e Michael Moorcock. Puntando in alto, si è creata una scuola che è riuscita a imporsi anche sul mercato: Iain Banks, Ken MacLeod, Gwyneth Jones, Ian McDonald, Charles Stross, China Miéville sono solo alcuni dei nomi. L’anno scorso, alla British Library di Londra, una lunga mostra sulla Sf è diventata un grande evento culturale. Si è creduto nella fantascienza, e questo ha pagato.

LEI E’ UNO DEI PROMOTORI DELLA WEBZINE NEXT STATION, IL SITO DEI CONNETTIVISTI. COME SI E’ RINNOVATA IN ITALIA LA SCIENCE FICTION?

C’è sicuramente un buon numero di nuove voci nella fantascienza italiana. Sto parlando proprio dei connettivisti, ma penso anche alle individualità come Giovanni De Matteo e Dario Tonani. Il punto di svolta comunque è stato Valerio Evangelisti, a metà degli anni ’90. Cos’ha di diverso quest’ultima generazione? È una generazione che anche quando scrive distopie sa che con la tecnologia e la modernità si deve fare i conti e stabilire un rapporto pieno di conflitti, di rabbia o di piacere secondo i casi. Negli ultimi anni De Matteo e Tonani sono le voci che hanno espresso la maggiore continuità in tale nuovo rapporto. Ma aggiungo che il lavoro di un veterano come Vittorio Catani continua a essere di altissimo livello. Nella media e piccola editoria come la Delos, la Kipple, la Elara e altre case continuano a esserci voci interessanti. Alcune di queste sono distintamente femminili: Nicoletta Vallorani, Enrica Zunic, Clelia Farris. Anche autori come Sergio “Alan D.” Altieri e Tullio Avoledo sono riusciti a ottenere un ottimo successo nella grande editoria, e Urania continua a garantire uno spazio per gli italiani. Sì, è un buon momento, ma ancora non permette pienamente la nascita di un professionismo nella fantascienza, di gente che viva primariamente di scrittura. Questo non è possibile ancora, ma cerchiamo di promuoverlo nelle sfide che portiamo avanti anche con Next Station. La fantascienza ha sicuramente necessità di promozione.

A QUALE GENERE DI PROMOZIONE SI RIFERISCE ?

Dico che occorre parlarne sempre di più, puntando l’accento, cercando di indicare cos’hanno di nuovo questi autori, e cosa  hanno da offrire di diverso e distinto rispetto agli altri generi.

STIAMO PARLANDO SEMPRE DI UNA NICCHIA, FORSE BISOGNEREBBE  AMPLIARE LA PROMOZIONE SUL MERCATO…

La piccola editoria fa la sua parte e dovrà seguirla anche la grande editoria generalista, ma in questo momento quest’ultima ha altri modelli. La stessa cosa succede altrove, mi riferisco alla  televisione. Negli Stati Uniti però una grossa spinta è stata data dai canali minori via cavo e satellitari, ancora più delle grandi major generaliste. Nel cinema, nella televisione e nel fumetto la Sf è un genere che raggiunge il grande pubblico, a volte con altissime punte di qualità. Anche fare i conti con questi linguaggi è una sfida per la fantascienza letteraria.

COME STA CAMBIANDO, A SUO PARERE, L’APPROCCIO ALLA LETTERATURA ATTRAVERSO LA RETE IN QUEST’ULTIMO PERIODO?

Il web ha permesso la nascita di siti on line che hanno aperto spazi che la distribuzione in edicola non consentiva più. Le riviste on line sono ormai al centro della divulgazione. Adesso poi sta iniziando ad aprirsi il mercato degli e-book e nel fantastico sembra esserci grande spazio di miglioramento. Una cosa curiosa è che molte delle vendite in e-book sono nel formato breve: racconti e racconti lunghi. Una cosa inattesa non programmata, che sembrava appartenere al passato, incredibilmente grazie all’e-book è stata ripresa. Considerando la storia della fantascienza italiana, che è stata innanzitutto una storia di racconti, è una cosa che mi sembra molto bella.

UNO DEI MAESTRI DELLA SF ITALIANA E’ VITTORIO CURTONI IL QUALE, PUTROPPO, CI HA LASCIATI NELLO SCORSO OTTOBRE. VUOLE ESPRIMERE UN PENSIERO IN MERITO ALLA SUA OPERA?

Come editor di Galassia e Robot, negli anni Settanta Vittorio Curtoni ha sprovincializzato la Sf in Italia, portando autori letterariamente e politicamente innovativi, e ha riaperto le porte per tanti nuovi autori italiani. È stato un traduttore raffinatissimo, e uno dei primi storici della fantascienza italiana. Ma qui a Fiuggi, con Giuseppe Lippi, Lanfranco Fabriani e Vittorio Catani, si è voluto ricordare lo scrittore, una voce unica che, ne sono convinto, non sarà dimenticata. In edicola, il volume Dove stiamo volando (da poco uscito su Urania Collezione) ha raccolto il suo unico romanzo e alcuni dei racconti più celebri, fra le punte più alte della Sf italiana. Chi vuole scoprirlo può partire dalla sua ultima antologia, Bianco su nero, pubblicata poco prima della scomparsa, rabbiosa, intensissima e sferzante.

PER QUANTO RIGUARDA PIU’ DIRETTAMENTE LA SUA ATTIVITA’ COS’HA IN SERBO?

Continuerò a scrivere saggi. Se poi ci sarà un mio esordio nella letteratura non lo escludo, ma non nell’immediato. Tengo molto al mio ambito professionale di studi universitari – che riguarda la Sf e non solo – ma altrettanto tengo al lavoro di divulgazione della science fiction che proseguirò con articoli, lavori storici sulla fantascienza, in particolare su quella italiana. Una direzione in cui mi impegnerò è quella di tenere in piedi la memoria storica, è un ambito che merita interesse. A questo proposito, di recente la fantascienza italiana sta ricevendo attenzione dal Nord America; infatti, ci sono iniziative che si stanno preparando con articoli e rievocazioni. Inoltre, continuo  a lavorare con la casa editrice Delos Books. Fra l’altro, sto lavorando all’editing di un romanzo di Dario Tonani, che riunisce alcuni suoi racconti già apparsi in precedenza, in uno scenario alieno che sto vedendo crescere, assumere spessore e complessità. Anche in questo, per me la fantascienza continua a essere fonte di entusiasmo.

Filippo Radogna