Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo non molto tempo fa, ma in occasione dell’uscita del suo primo romanzo “Ferro Sette” per Armando Curcio Editore, non abbiamo resistito alla tentazione di tempestare ancora di domande l’amico Francesco Troccoli, per farci raccontare qualcosa di più su questa sua nuova avventura editoriale. Sentiamo cosa ci ha detto.
L’ULTIMA VOLTA CHE CI SIAMO SENTITI STAVI ASPETTANDO L’USCITA DI “FERRO SETTE”, IL TUO PRIMO ROMANZO. FINALMENTE CI SIAMO: COME TI SENTI ADESSO E QUALI SONO LE TUE ASPETTATIVE?
Emozionato all’inverosimile. E’ un momento davvero entusiasmante. Più che le mie aspettative, direi che il mio auspicio è essenzialmente che la storia piaccia, per com’è scritta e per quel che contiene. Sono curioso di recepire le reazioni dei lettori e sono pronto alle critiche. Spero inoltre che “Ferro Sette” venga letto anche dai non affezionati del genere.
IL TITOLO DEL ROMANZO, SE NON VADO ERRATO, E’ STATO TROVATO TRAMITE UN CONCORSO: VUOI RACCONTARCI COME E’ ANDATA E COSA SIGNIFICA “FERRO SETTE”?
Il concorso era finalizzato a scalzare “Ferro sette” come titolo d’elezione, ma nessuna proposta dei partecipanti, che ancora una volta ringrazio di vero cuore, è stata giudicata allettante. Perciò io e il mio editor abbiamo optato per mantenere questo titolo, che avevamo sviluppato insieme in sostituzione de “Il cacciatore”, con cui il romanzo aveva visto la luce. “Ferro Sette” è semplicemente il nome di una miniera, una delle tante di un mondo il cui unico valore è quello dei metalli pesanti estratti dalle sue viscere e che è posseduto da una sola famiglia dominante. Nell’incipit, il protagonista è sulle tracce dell’entrata della città mineraria in cui si annida un covo di ribelli, il cui capo è un suo ex-commilitone e amico di un tempo. La sola colpa dei ribelli, in apparenza, è aver violato le leggi sulla produzione mineraria. Sin dai primi capitoli, nelle profondità di Ferro Sette il protagonista scoprirà qualcosa di incomprensibile e sconvolgente.
COM’È NATA L’IDEA PER “FERRO SETTE”?
“Ferro Sette” nasce dall’osservazione di quel che sta accadendo nella nostra società, dominata dallo stesso imperativo vigente nella narrazione del romanzo: produrre, produrre, produrre. In particolare, ho cercato di immaginare cosa potrà accadere se lo sviluppo dell’essere umano continuerà a essere condizionato dalla fredda logica che ci attribuisce un’identità basata su quante merci vengono fabbricate, consumate e smaltite, anziché su ciò che ci rende Donne e Uomini, che si colloca a un livello molto più sofisticato e immateriale.
PUOI SPIEGARE, IN UN FUTURO COME QUELLO CHE HAI IPOTIZZATO, COSA SIGNIFICA LA PARTICOLARE EVOLUZIONE CHE SUBISCONO GLI ESSERI UMANI E QUAL È IL SUO IMPATTO?
Molti romanzi hanno dipinto per l’umanità un futuro nel quale la natura dei mutamenti occorsi è sociale, culturale e antropologica. Io invece ho voluto inventare un mondo nel quale il mutamento è stato realizzato in modo così profondo e radicale da venire in ultima analisi recepito come una variante nell’evoluzione umana, assumendo una connotazione biologica che muta palesemente la qualità dell’esistenza quotidiana. In “Ferro Sette” l’homo sapiens ha perduto facoltà primarie, che sono oggi scontate, ma non ne conserva alcuna memoria storica. Finché esse non si riaffacciano casualmente e prepotentemente in un solo uomo, che decide di svelare ad altri la verità di quanto è accaduto. Recuperare quelle facoltà significa riconquistare la propria umanità. Tutto ciò lo obbligherà a combattere contro i suoi stessi amici, diventando il leader di una rivolta. Non posso davvero anticipare di più…
DOPO IL SUCCESSO DELLA COLLANA “URANIA”, QUAL È LA SECONDO TE LA CHIAVE DELL’AFFERMAZIONE DEL GENERE PER IL LETTORE MAINSTREAM?
Il genere si è rivelato spesso un veicolo di idee rivoluzionarie. Utilizzando i suoi schemi si possono raccontare storie che sono accessibili a tutti. Parlare del presente travestendolo da futuro. “Ferro Sette” in particolare ha interessato lettori non legati al genere, almeno quanto gli affezionati. Provare per credere. Penso che in sostanza si tratti di raccontare storie nelle quali chiunque, davvero chiunque, possa identificarsi in fretta e con passione. E poi c’è la questione del linguaggio usato. Deve essere semplice e privo di tecnicismi.
PERCHÉ PER TE È IMPORTANTE QUESTO LIBRO, COSA VUOI COMUNICARE AI TUOI LETTORI?
Penso che ogni essere umano abbia il diritto, e forse anche il dovere, di fermarsi, guardarsi allo specchio e chiedersi se davvero si riconosce nella persona che vede. Nel caso emerga qualche dubbio, la vita che ne scaturirà sarà comunque molto diversa da quella precedente, prendendo o meno decisioni consapevoli. In ciascuno di noi c’è il coraggio di cambiare. Per trovarlo, bisogna solo concedersi il lusso di cercarlo davvero. Il protagonista di “Ferro Sette” incarna esattamente un uomo che è stato costretto a guardarsi allo specchio.
COSA DOBBIAMO ASPETTARCI ORA DA FRANCESCO TROCCOLI?
Che continui a dedicarsi alla vicenda narrata in “Ferro Sette”, per la cui prosecuzione Curcio ha mostrato interesse, e che scriva dell’altro. Ho saputo inoltre che il mio racconto “Strudel alla viennese” (Edizioni della Vigna) è finalista al “Premio Italia”, il che mi ricorda che ci sono diversi racconti che verranno pubblicati a breve in varie raccolte, per Bietti e Edizioni della Vigna. Insomma, è un bel momento, nel quale le scelte che ho fatto quattro anni fa, cambiando completamente vita, stanno venendo ripagate. O almeno, è quel che spero.
E NOI TE LO AUGURIAMO DI TUTTO CUORE: VOGLIAMO LEGGERE ANCORA MOLTO DI FRANCESCO TROCCOLI NEL PROSSIMO FUTURO!