CLELIA & WILLELM – EPISODIO 08

BUSCA – IL CASTELLO DEL ROCCOLO – IL FANTASMA DI MELANIA
 
Dal momento in cui liberai Peveragno dalla Congrega delle Streghe, la mia vita ebbe una svolta inaspettata. A macchia d’olio si sparse la voce in tutta la provincia. Erano centinaia le telefonate che ricevevo da parte di persone che desideravano ringraziarmi oppure affidarmi un lavoro. Alcuni erano convinti delle cose più stravaganti. Fantasmi in cantina, fate dispettose nei boschi dietro casa. Mi chiamavano addirittura per consulti, convinti che io fossi una specie di fattucchiera capace di prevedere il futuro o togliere il malocchio. Fui costretta a eliminare il telefono.
Rimasi quindi con il solo cellulare per comunicare con il resto del mondo e devo dire che la cosa non mi dispiaceva affatto. Finalmente un po’ di tregua per le mie orecchie. Per interi giorni, Willelm spariva. Non si faceva vedere né sentire, neppure se lo chiamavo. Non so dove andasse, ma sembrava proprio non essere presente dentro di me.
Decisi di prendermi qualche giorno da passare nella tranquillità dei boschi di Monasterolo Casotto. Il silenzio era rotto solo dallo scricchiolio delle foglie secche sotto i miei passi. Tutto attorno, un tripudio di colori caldi e rilassanti. Qualche amanita spiccava, rossa, tra i fili d’erba sottile e un poco piegata; quasi si preparasse a sonnecchiare in vista del lungo inverno che con le sue dita gelide iniziava ad accarezzare la terra.
Ho sempre amato la pace dei boschi, i colori dell’autunno, il rumore dei miei passi sulle foglie. La natura sembra quasi volerti avvolgere e proteggere da tutto ciò che c’è fuori. Dalla frenesia degli uomini, dal grigiore delle città e dai rumori. Troppi rumori, troppe parole senza alcun senso che non vorresti sentire, ma che, invadenti e perverse, ti arrivano da ogni dove, come frecce avvelenate. Mentre cammini sotto i portici o mentre siedi sulle panchine di Piazza Europa.
Pezzi incoerenti di frasi, risate e parole senza un prima né un dopo.
Mi fermai sulla collina più alta, al di fuori del fitto bosco. I ricci ormai ricoprivano gran parte dei sentieri, con i loro graziosi frutti. Il sole stava quasi tramontando. Avevo perso il senso del tempo, ma mi sentivo rilassata e desiderosa di tornare a casa e di fare una bella doccia calda. M’incamminai vero l’auto, con il mio cane che mi trotterellava accanto senza sosta e fu in quel momento che mi accorsi che qualcuno mi stava seguendo.
Quando mi voltai, convinta di ritrovarmi davanti chissà quale maniaco, rimasi senza parole. Un uomo anziano e ingobbito camminava reggendosi a ben due bastoni e sembrò spaventarsi più di me quando mi voltai.
“Mi perdoni se la stavo seguendo… lei è Clelia vero?”
Ma come faceva a saperlo? Che la voce fosse arrivata persino in questo sperduto paesino?
Annuii senza sapere bene che cosa aspettarmi.
“Quando ho sentito parlare di lei, ho provato a mettermi in contatto, ma non sono mai riuscito a rintracciarla.”
“Come ha fatto a sapere che ero qui?”
“Me l’ha detto il proprietario del Leon d’oro. E’ un mio amico e sapeva che dovevo parlarle a tutti i costi.”
Il Leon d’oro… il ristorante dove ero andata a prendere un caffè quella stessa mattina!
“Io non sono una fattucchiera. Mettiamo subito in chiaro questo.”
L’anziano rise e scosse la testa.
“Non credo a certe baggianate. Sono anziano, ma non scemo.” Disse un po’ risentito.
“Non intendevo offenderla… è solo che…”
Lui alzò una mano come a sottolineare che non dovevo dare spiegazioni.
Camminammo insieme e lui mi raccontò una storia che aveva dell’incredibile. Era convinto di essere Salvatore Pes reincarnato e per tutti quegli anni si era recato ogni giorno al Castello del Roncolo per poter vedere ancora una volta la sua amata: Melania Tapparelli d’Azeglio.
“Spesso d’estate l’hanno vista aggirarsi per il castello, ma io mai… sembra quasi che voglia sfuggirmi. La lasciai sola per recarmi in Sardegna e seguire gli affari di famiglia. Da molto soffriva di problemi polmonari, ma durante l’estate del 1841, la sua salute peggiorò e non poté seguirmi. Non avrei dovuto lasciarla sola…” sospirò asciugandosi gli occhi con un fazzoletto bianco su cui spiccavano le lettere S e P ricamate in una bella tonalità di verde.
Io ascoltai in silenzio senza mai interromperlo, combattuta sul fatto di credergli o meno.
“Mi lasci riflettere per qualche giorno su ciò che mi ha raccontato.” Mi congedai, chiedendogli un numero dove fosse possibile rintracciarlo.
Risalii in auto e guidai verso casa. Le luci del tramonto facevano sembrare i boschi che mi circondavano, dei dipinti sapientemente illuminati. Uno scoiattolo attraversò la strada veloce, guardandosi attorno nervoso.
Non appena varcai la soglia del mio piccolo appartamento, Willelm si fece sentire come se mi avesse aspettato a casa da bravo marito fedele. Quel pensiero mi fece sorridere.
“Dove ti eri cacciato?” domandai brusca.
“Avevo bisogno di un po’ di solitudine. Come te d’altra parte.”
Annuii.
“Che cosa faccio con il nostro Salvatore Pes?”
“Sì, ho sentito vagamente che stavi parlando con qualcuno del Roccolo…” rispose con uno strano tono.
“Che c’è? Sembri preoccupato.”
“E’ certamente lui… è Salvatore Pes.”
“Come fai a esserne così certo? Potrebbe essere un matto!”
“No… è lui. Io l’ho conosciuto.”
“Ah! E cosa aspettavi a dirmelo?”
“E’ una storia che preferisco non ricordare, ma penso che sarò costretto a riferirtela.”
“Lo penso anche io.” Risposi un po’ risentita.
“Melania era una donna meravigliosa. Dolce e intelligente con uno splendido gusto per l’arte, come d’altra parte tutta la sua famiglia. Aveva anche una dote molto particolare e una spiccata sensibilità. Sentiva tutte le creature che popolano i mondi paralleli, compreso me ed è per questo che ancora oggi il suo spirito sopravvive alla morte.”
“Non capisco. Allora per quale motivo non si fa vedere dall’uomo che amava e poi perché hai detto che è una storia che preferisci non ricordare?”
“Perché quando passò nel mondo degli spiriti… io m’innamorai di lei… ero sciocco ed egoista a quei tempi e le feci promettere di non provare mai a cercare Salvatore perché se no avrei fatto in modo che venisse spedito nel limbo.”
Rimasi senza parole per un lungo momento.
“Sei un vile! Come hai potuto?”
“Senti… hai ragione. Ero innamorato e geloso e lei non faceva che pensare a lui!”
“E così l’hai costretta a tenersi dentro quel dolore per tutti questi anni? Io non posso credere che tu sia stato così schifosamente crudele! Se ben ricordo, una promessa fatta dopo la morte non si può ritrattare!”
“Ascolta, so di non avere scuse, ma so come fare per lasciare che si vedano nonostante la promessa.” Gridò per sovrastare la mia voce furibonda.
Mi buttai sulla poltrona mentre il cane correva sotto la panca per non incappare in qualche mia sfuriata. “Avanti allora! Parla, vile che non sei altro!”
“La sera della vigilia di Natale, come la notte del 31 ottobre… quello è un momento particolarmente importante per tutti i mondi. Le pareti tra il tuo e tutti gli altri si assottigliano…”
Willelm mi raccontò ciò che secondo lui bisognava fare e io non persi tempo e telefonai subito a Pes. Gli dissi che conoscevo un sistema per farlo entrare in contatto con Melania e lui non fece altro che piangere per tutto il resto della telefonata. Un amore del genere non l’avevo mai visto nel mondo reale. Solo scritto sui libri o narrato in qualche film, ma mai nel mondo reale.
Lasciai passare i giorni e le settimane, fino a giungere alle porte del Natale. Un soffice manto bianco aveva coperto tutta Cuneo, che con gli addobbi natalizi sembrava una cartolina e non aveva nulla da invidiare ad altre città. Avevano persino addobbato uno stupendo albero in Piazza Galimberti e allestito una simpatica pista di pattinaggio in Piazza Europa. Insomma, avevano fatto le cose in grande e davvero si respirava un’atmosfera natalizia che riempiva i cuori.
Camminai per ore guardando di tanto in tanto qualche vetrina e aspettando di vedere arrivare Salvatore, con cui avevo un appuntamento alle venti.
In anticipo di un quarto d’ora, lo notai discendere da piazza Galimberti, verso via Roma con i suoi tappeti rossi e gli addobbi del colore dell’oro. La musica correva ad allietare i passanti carichi di borse con gli ultimi acquisti di Natale.
“Si sente pronto?” domandai dopo una veloce stretta di mano.
“Sono anni che sono pronto…” sospirò con gli occhi stanchi e cerchiati, piegati in un sorriso.
Mentre tutti passeggiavano ridendo sotto i portici, diretti alle proprie case, dove un bel presepe adornava un basso comò e le tavole colorate di rosso e oro erano pronte per essere travolte da vol-au-vent, vitel tonnè, agnolotti e brasati, io e Pes andavamo a passo spedito verso la mia auto. In qualche modo ci sentivamo quasi dei parassiti che respiravano di nascosto l’allegria degli altri e ne trattenevano un po’ per poter godere in qualche modo di quel Natale a loro negato. L’aria fredda mi accarezzava il viso e qualche solitario fiocco di neve scendeva, svolazzante e leggero. Qualcuno correva per evitare di arrivare in ritardo anche la sera della vigilia di Natale.
Salimmo sulla mia auto e senza dire una parola uscimmo da Cuneo, alla volta di Busca e dello splendido castello.
“Perché questa sera dovrebbe essere diverso? Perché dovrebbe volermi vedere?” mi chiese con la voce incrinata. Avrei voluto rispondergli che sarebbe stato diverso perché in quella sera di miracoli, le promesse fatte a un vile angelo nero non avevano valore. Avrei voluto dirgli che da sempre, anche Melania desiderava ricongiungersi con l’unico uomo che avesse mai amato.
“Perché questa sera è la vigilia di Natale.” Risposi semplicemente.
Fui certa di vedere una lacrima che, lenta, rotolava sulla guancia coperta di ispida barba grigia.
Fermai l’auto dinnanzi all’entrata del castello; la nevicata stava rinforzando e il grande parco aveva l’aria di un mondo incantato. Solo qualche impronta di passerotto qua e là rompeva la perfezione del manto nevoso. Alzai lo sguardo, attirata da un bagliore. Una luce intensa e pulsante passò veloce davanti alla finestra. Un brivido mi percorse la schiena quando con un leggero cigolio la porta si aprì senza che nessuno l’avesse sfiorata.
Io e Pes ci guardammo un momento prima di entrare. Un soffio di vento portò un sottile strato di neve all’interno e subito le impronte aggraziate di piedi femminili comparvero. Nel vorticare di fiocchi di neve e nella luce obliqua del lampione, apparve una figura fatta di pura essenza e per un breve attimo potemmo entrambi ammirarne la bellezza e la palpabile bontà.
“E’ lei…” sussurrò Pes con la voce rotta dal pianto imminente.
Entrammo e seguimmo la lieve luminosità che contornava quel corpo fatto d’aria.
“E’ sicuro di volerlo?” domandai commossa.
“Sì, lo voglio più di ogni altra cosa al mondo.”
“Non potrà mai più tornare indietro, né ora, né in altre vite…” puntualizzai.
Lui annuì, sempre guardando la sua amata.
Allungai una mano verso lo spettro e la sottile barriera che divideva i due mondi vacillò e poi si piegò come acqua, lasciando che le mie dita raggiungessero quelle di lei. Io avrei fatto da tramite tra quei due mondi che non si potevano confondere e toccare in nessun altro modo. Dentro di me, Willelm, silenzioso, potenziò i miei poteri. Melania mi sorrise, ma guardava l’uomo che attendeva da troppo tempo. Con l’altra mano, presi quella di Pes. Una vibrazione forte e spaventosa mi attraversò, pronta a raggiungere il culmine massimo al rintocco della mezzanotte. Rimanemmo così, sospesi tra un mondo e l’altro senza percepirne realmente nessuno eppure facendo parte di entrambi. I rintocchi delle campane iniziarono quando l’energia cominciava ad aumentare in maniera esponenziale. Non vedevo né sentivo più nulla, tranne quel fortissimo ronzio e quell’incessante formicolio sotto pelle.
Ero pronta. Strinsi più forte le mani dei due. Percepii Willelm pronunciare parole in una lingua che non conoscevo. Scivolai via dal mio corpo come una lacrima sul viso e all’ultimo rintocco tutto fu luce abbagliante.
Quando riaprii gli occhi, ero sdraiata a terra; le braccia e le gambe indolenzite e bollenti; la testa che pulsava dolorosamente. Mi sedetti e mi voltai verso il centro della stanza. Melania e Salvatore erano uno accanto all’altra, mano nella mano. Lui aveva assunto le sembianze dell’uomo che era stato al tempo in cui erano giovani sposi e sul suo viso non vi era traccia di pentimento, ma solo di una gioia così grande da non poter spiegare. Melania l’aveva atteso tutta la vita e anche tutta la morte. Lui l’aveva cercata nella prima vita e poi nella seconda e finalmente l’aveva ritrovata.
I loro sorrisi emanavano calore e luce.
“Grazie.” Sussurrarono prima di voltarsi e scomparire oltre la soglia del nostro mondo e passando per sempre dall’altra parte, pronti ad amarsi e onorarsi per il resto delle loro eternità.
28/02/2009, Simona Gervasone