Quando quindici anni fa nacque LA ZONA MORTA, la fanzine in versione cartacea ovviamente, nel giro di qualche mese ci ritrovammo, nel nostro piccolo, al centro di una serie di eventi di grande portata. Potevamo dire di essere nati nel posto giusto al momento giusto. Uno di questi momenti fu la seconda edizione del Dylan Dog Horror Fest, manifestazione interamente dedicata al cinema horror con la presenza, oltre che di tanti fan, anche di molti ospiti d’eccezione. Tra questi c’era Dario Argento che, insieme a tutti gli altri, fu intervistato dal sottoscritto in persona (e chi l’avrebbe mai detto allora che l’anno successivo avrei addirittura scritto le storie di “Profondo Rosso”, la rivista a fumetti nata sotto l’egida del grande maestro italiano dell’orrore?). Nel rileggere i vecchi numeri de LA ZONA MORTA per decidere cosa ripubblicare e cosa no, mi sono reso conto che fortunatamente anche queste due chiacchiere risultano ancora attuali nonostante il tempo trascorso (a parte un paio di domande datate che abbiamo quindi omesso), per cui non indugiamo oltre e inauguriamo questa rubrica con un grande nome, visto che ce lo possiamo permettere. Spazio all’intervista.
COS’E’ PER TE L’ORRORE?
E’ difficile dirlo, però io distinguerei fra orrore e horror. Penso che l’orrore stia nella vita quotidiana: una persona o un gatto schiacciati da un’auto. Invece l’horror è codificato come il cinema fantastico, il cinema strano.
PARLIAMO DI DUE GRANDI MAESTRI DELL’HORROR LETTERARIO, POE E LOVECRAFT. COSA PENSI DI LORO?
Poe è stato il primo scrittore strano che ho letto e che mi ha dato emozioni un po’ macabre, un po’ pungenti, come non avevo mai sentito quand’ero ragazzino. Lovecraft invece è più complicato, più difficile, quindi l’ho letto più da adulto.
DOVE TROVI L’ISPIRAZIONE PER I TUOI FILM?
Non la trovo mai fuori, ma guardo dentro di me, m’ispeziono, cerco e scovo le mie paure.
QUALI SONO QUESTE PAURE?
Ne ho centinaia, non saprei dirtene una in particolare. Ad esempio, stamattina mi sono chiuso in bagno e non riuscivo ad aprire la porta. Mi è venuta una claustrofobia terribile e non c’era nemmeno il telefono: per un minuto devo dire che ho avuto il panico. Finalmente l’ho sfondata a calci e l’ho aperta.
TI E’ MAI CAPITATO DI SCRIVERE UN FILM E DI NON VEDERLO REALIZZATO?
C’è un film, che ho scritto nell’Ottanta, l’unico che non ho mai fatto: era ambientato tra i vagabondi di New York, ma era così nero, crudele, cattivo, feroce, che ha spaventato tutti. Mi dicevano di non farlo e alla fine mi hanno convinto e non l’ho fatto. E’ l’unico rimpianto che ho, perché a me piaceva quando l’ho scritto e avrei voluto farlo. Era la storia di un uomo che per una curiosità un po’ morbosa, un po’ malata, si lascia andare pian piano in mezzo ai barboni, ai vagabondi, ai tossici di New York e si lascia prendere da questa cosa. Poi naturalmente entra in una storia dietro la quale si trova un segreto.
HAI MAI PENSATO DI SCRIVERE UN ROMANZO?
Sì, ma non ho mai il tempo di farlo. E poi se lo scrivo, va a finire che ci faccio subito il film.
QUALE RAPPORTO C’E’ FRA TE E GLI ASSASSINI DEI TUOI FILM?
E’ un rapporto abbastanza diretto, perché devi sapere che di solito, quando vengono inquadrate le mani degli assassini, con le forbici, con un coltello o con i guanti, sono le mie. Le faccio io perché penso, dopo tanti anni di mestiere, di sapere come si fa e di saperlo fare bene.
PERCHE’, DOPO AVER SCRITTO SCENEGGIATURE PER DIVERSI GENERI ALL’INIZIO DELLA TUA CARRIERA, HAI SCELTO PROPRIO L’HORROR PER DIVENTARE REGISTA?
Diciamo che fu un po’ casuale la scelta, perché io avevo scritto “L’uccello dalle piume di cristallo” per venderne la sceneggiatura a qualcuno. Quando mi fu proposto di girarlo, io accettai e la cosa mi prese subito. Così continua nel genere.
A PARTE L’HORROR, FRA I TANTI GENERI DI SCUI HAI SCRITTO, QUAL E’ IL TUO PREFERITO?
L’western sicuramente, perché mi piace molto anche l’avventura.
Originariamente pubblicato sul numero 1 EXTRA FUORISERIE de LA ZONA MORTA, giugno 1990
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, febbraio 2007
28/02/2007, Davide Longoni