Il più grande film di fantascienza di tutti i tempi (e uno dei più grandi film mai realizzati nella storia del cinema) è un memorabile viaggio di più di quattro milioni d’anni nel Tempo e nello Spazio, un’epica esplorazione del Cosmo che è anche un itinerario nella Mente dell’Uomo, nella sua Storia, nella sua Essenza. Frutto del genio combinato di Stanley Kubrick (regia, sceneggiatura, produzione e creazione di nuovi, inediti effetti speciali) e Arthur C. Clarke (sceneggiatura e novelization atipica, poiché condotta contemporaneamente allo script con scambi reciproci di materiale) “2001” occupa una posizione privilegiata nel cinefantastique: impossibile ripeterne l’esperienza (assolutamente mediocre il sequel “2010” di Peter Hyams), la fascinazione, l’intuizione e la magia. Rarefatto nei dialoghi e nella recitazione, poetico nella raffigurazione quasi prosaica della vita nello Spazio (sembra quasi assumere un taglio documentaristico, completamente rispettoso di una realtà, quella dell’esplorazione spaziale, appena iniziata al tempo), delirante nella caduta verso l’Infinito, dilatato nei tempi d’azione (l’astronauta Alexei Leonov disse, dopo aver visto il film:” Ora mi sembra di essere stato due volte nello Spazio”), viaggio della Mente, dell’Occhio e dell’Orecchio dell’Uomo, “2001” brilla di luce solitaria nel firmamento dei film di SF, solo e privo di satelliti intorno, così strepitosamente innovativo e rivoluzionario da non poter essere quasi recepito nella sua pienezza e nelle sue implicazioni da coloro che lo videro alla Prima del 1968. Nato per rifecondare un sottogenere (la Space Opera) ormai ripetitivo nella media, questa pellicola ne rappresenta in realtà un punto di partenza e d’arrivo rimasto insuperato, un misto di scienza e metafisica non più ripetuto. Nonostante il grosso budget (10 milioni di dollari) e il grande impatto visivo e spettacolare, “2001” è soprattutto un film sperimentale: Kubrick vuole che siano le immagini strepitose a raccontare la storia, non i dialoghi ridottissimi, come se l’intera struttura portante del film fosse un’esperienza non verbale, destinata direttamente all’Inconscio, simile ad una sinfonia musicale. L’impronta cosmico-umana-universale ne è la caratteristica principale, gli alieni alla fine siamo noi, l’Uomo, evolutosi grazie ad una misteriosa entità superiore, inconoscibile, dopo aver vinto la sua stessa tecnologia, superandola. Le implicazioni del film sono moltissime, di portata straordinaria, impossibile tentare di elencarne anche solo alcune. Quattro anni di lavorazione, per lo più per approntare gli effetti speciali (unico Oscar vinto da Kubrick) che rivoluzioneranno tutto il cinema di SF seguente, una grande colonna sonora (“Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss e il “Danubio Blu” di Johannes Strauss sulle scene di volo spaziale accompagnano sequenze ormai entrate nell’immaginario collettivo), attori di ristretta notorietà, trucchi ancor oggi ineguagliati (le scimmie del prologo sembrano vere, non attori in costume e la sequenza del viaggio nell’Infinito è stata più volte riproposta in vari film senza eguagliare l’originale) e un messaggio di profondità estrema, pur se anche libero nell’interpretazione di ciascuno fanno di “2001” l’irripetibile capolavoro che è. Scientificamente perfetto, razionale, freddo e asettico nella puntigliosità con cui è descritta la vita dell’uomo nello spazio, diventa un pezzo unico di “manifestazione di un Mistero totale” nel finale, sbarazzandosi di ogni comune punto di riferimento umano. Tra le scene indimenticabili, su tutte, ricordiamo almeno la “presa di coscienza” dell’uomo-scimmia che maneggia l’osso-arma e la straziante, commovente lobotomizzazione di HAL 9000, computer troppo umano, forse ancor più che i suoi colleghi astronauti. Kubrick tagliò una ventina di minuti di film dopo la Prima, timoroso dell’eccessiva lunghezza della pellicola.
2001: ODISSEA NELLO SPAZIO
SCHEDA TECNICA
Titolo originale: 2001: A Space Odyssey
Anno: 1968
Regia: Stanley Kubrick
Soggetto: dal racconto di Arthur C. Clarke "La sentinella"
Sceneggiatura: Stanley Kubrick e Arthur C. Clarke
Direttore della fotografia: Geoffrey Unsworth e John Alcott
Montaggio: Ray Lovejoy
Musica: Richard Strauss, Johannes Strauss, Gyorgy Ligeti e Aram Katchaturian
Effetti Speciali: Douglas Trumbull, Wally Weevers, Con Pederson, Tom Howard e Stuart Freeborn
Produzione: Stanley Kubrick
Origine: USA-GB
Durata: 2h e 20’
CAST
Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Douglas Rain, Sean Sullivan, Robert Beatty, Ed Bishop, Margaret Tyzack, Alan Gifford
TRAMA
Alba dell’uomo: L’Africa, quattro milioni d’anni fa. Un gruppo di uomini-scimmia, ridotti alla fame pur vivendo nell’abbondanza (l’idea di uccidere altri animali per procacciarsi il cibo è molto al di là della loro immaginazione), è soggetto agli attacchi del leopardo, vittima dell’inedia e in lotta con un altro gruppo di scimmie antropomorfe. Guarda-La-Luna, guida della piccola comunità, entra in contatto con un enorme monolito d’origine aliena, apparso all’improvviso durante la notte. In seguito alla “comunione” instauratasi tra l’oggetto e il gruppo di primati, qualcosa scatta nel primitivo cervello di Guarda-La-Luna e mentre giocherella con un osso si rende conto all’improvviso di stare brandendo un’arma. Abbatte un facocero e così la sua tribù non dovrà più soffrire la fame in futuro. Ora che tutti i suoi compagni sono armati di clave d’osso, l’uomo-scimmia uccide il capo della comunità rivale, decretando il suo potere sul mondo. Guarda-La-Luna scaglia il frammento d’osso in cielo, come gesto di sfida. Anno 1999: Luna. Il dottor Heywood Floyd dopo un normale viaggio spaziale Terra-Stazione Orbitale Uno, discende sulla Luna, alla Base Clavius. Gli americani hanno compiuto una grande scoperta in un cratere lunare, tale da poter rivoluzionare la storia dl genere umano, e per tenere i russi all’oscuro di tutto hanno simulato una falsa epidemia alla stazione, isolandosi. Floyd raggiunge con una squadra il cratere Tycho: qui sorge un monolito nero, del tutto simile a quello apparso sulla Terra milioni d’anni prima, deliberatamente sepolto e portato alla luce dagli astronauti. Mentre gli scienziati gli stanno attorno, il monolito lancia un acuto segnale elettronico verso Giove. Missione Giove: diciotto mesi dopo. L’astronave statunitense Discovery Uno, con un equipaggio di cinque persone a bordo (di cui tre in stato di ibernazione), fa rotta verso Giove, in missione esplorativa. Gli astronauti David Bowman e Frank Poole trascorrono il loro tempo alternandosi alle mansioni di bordo, anche se in realtà l’intera nave è sotto l’attento controllo del calcolatore HAL 9000 (voce di Rain-doppiato in italiano da Gianfranco Bellini), un infallibile cervello elettronico dell’ultima generazione, in grado di parlare e, apparentemente, di simulare emozioni. Durante il viaggio, il computer comincia a segnalare dei guasti inesistenti ai sistemi di comunicazione. Bowman esce dalla nave con una capsula e recupera il pezzo difettoso ma una volta rientrato nel Discovery ne riscontra la perfetta efficienza. Ad un nuovo allarme, sempre nel medesimo apparato già sostituito, Bowman si confida con Poole, temendo che HAL 9000 sia in errore, riscontrando guasti inesistenti, e propone il suo eventuale disinserimento. Il computer legge sulle labbra degli uomini rinchiusi in una capsula ed agisce di conseguenza: mentre Poole si trova all’esterno per le riparazioni, gli scaglia addosso il baccello spaziale, uccidendolo. Bowman si lancia su di una capsula nello spazio, nel tentativo di recuperare il corpo del compagno, mentre a bordo HAL 9000 uccide tutta la squadra ibernata. Bowman ritorna al Discovery ma il computer gli impedisce l’accesso, deciso a proseguire da solo la missione, senza la superflua presenza degli astronauti. Bowman rientra attraverso un portello d’emergenza, si reca alla centrale di HAL 9000 e lo disconnette: il computer regredisce alla propria “infanzia”, spegnendosi. Un circuito d’emergenza rivela a Bowman, per voce del Dr. Floyd, il reale scopo della missione, noto solo ad HAL 9000 (che per conservare il segreto è entrato in paranoia, essendo programmato per non occultare le notizie o distorcerle). Giove sembra essere la meta del segnale lanciato dal monolito sulla Luna. Giove e oltre l’infinito: un enorme monolito alieno orbita attorno al pianeta. Bowman lascia il Discovery su di una capsula e viene inghiottito da un gorgo cosmico che lo trasporta nell’Infinito, oltre le galassie, nel cuore stesso del Creato. Dopo un allucinante viaggio psichedelico, la capsula si ritrova all’interno di quella che sembra una stanza d’albergo stile Luigi XVI, dove un traumatizzato David Bowman si aggira sotto shock. L’uomo incontra altri sé stesso in progressivo invecchiamento, il tempo fluisce in maniera anomala. Infine, un Bowman ultracentenario giace sul letto di morte. Davanti a lui appare il monolito e l’uomo solleva un braccio in sua direzione, quasi riconoscendolo. Una luce diafana avvolge Bowman, il monolito incombe su di lui, e subito dopo ci troviamo nello spazio, vicino alla Terra: un luminoso feto astrale, i cui lineamenti sono quelli di Bowman, trasceso in un Nuovo Essere, si avvicina al pianeta, per prenderne possesso, così come un tempo fece Guarda-La-Luna, l’uomo-scimmia.
NOTE
04/10/2007, Michele Tetro