
Sin dagli anni Settanta si parlò di portare sullo schermo il mitico romanzo-fiume di J. R. R. Tolkien ma solo l’avvento delle nuove tecnologie computerizzate ha permesso al bravo regista neozelandese Peter Jackson di realizzare il sogno e produrre una trilogia cinematografica (tale va considerata l’opera, essendo stati i tre tasselli girati come un unico film e poi distribuiti a cadenza annuale) che ha avuto un gigantesco successo in tutto il mondo. Va subito detto che probabilmente non si sarebbe potuto fare di meglio e che sarebbe sciocco perdersi in sterili raffronti puristi tra libro e film: Il signore degli anelli è senz’altro un sontuoso film fantastico, fedele al romanzo anche nelle sue libertà, grandioso, epico, coinvolgente, in grado di rilanciare alla grande l’ormai estinto sottogenere dell’heroic fantasy. Tutto funziona: effetti speciali (superbe scene di battaglia tra eserciti), ambientazioni reali (straordinari set naturali della Nuova Zelanda), scenografie, musica e fotografia, con recitazione degli attori all’altezza, per quanto senza picchi d’eccellenza, uno scrupolo realistico non indifferente nel far parlare nella vera lingua elfica (che però appesantisce un po’ certe situazioni), apprezzabili rimandi alla pittura e all’iconografia, pochi momenti di stanca nonostante la lunghezza del film. Eppure, è anche evidente che la pellicola non è esente da un minatorio senso di pervadente deja vù che la rende pericolosamente derivativa, nel senso che non sfugge a rimandi cinematografici con opere precedenti. Qualche esempio: la lotta tra Gandalf e Saruman, con i personaggi che volano urlando sulle pareti (così noiosamente americana/hongkonghese e già vista in innumerevoli pellicole moderne), le ambientazioni di Gran Burrone e del regno di Galadriel (al di là delle loro derivazioni pittoriche si sono già viste tutte solo in Star Wars – Capitolo uno), la comunicazione a voce e telepatica degli elfi (da Dune), Bilbo che rivela nelle fattezze per un istante la sua natura malvagia, fascinato dall’anello (espediente raimiano ormai trito e relegato agli horror di serie B), l’arrivo in massa dei mostriciattoli nelle miniere realizzato in computer-graphics (simil Starship Troopers) giusto per citarne alcuni… Insomma, il film fallisce dove avrebbe dovuto rifulgere (soprattutto grazie al talento visivo di Peter Jackson), cioè non tanto nel contenuto quanto nella messa in scena dello stesso, nella proposta di inedite immagini e visioni originali. Tutto è già visto, in un modo o nell’altro. Se si vedono i trailer di Harry Potter e di Il signore degli anelli abbinati, non si capisce dove finisca l’uno e dove inizi l’altro (pensiamo in particolare alla sequenza dell’arrivo del troll, presente in entrambe le pellicole). E’ davvero tragico che si finisca con il non fare differenza tra un Harry Potter e un Il signore degli anelli, anche solo a livello cinematografico. Insomma, in ultima analisi, il film è arrivato troppo tardi sullo schermo, preceduto da una filmografia fantastica con cui deve confrontarsi, finendo in un certo qual modo inquinato da immagini appartenenti a precedenti produzioni, alcune delle quali, paradossalmente, già ispirate alle splendide visioni del romanzo di Tolkien. A livello di immagine il film avrebbe dovuto fecondare, invece risulta irrimediabilmente fecondato.