Ha recentemente pubblicato la nuova versione della sua antologia “L’incrinarsi di una persistenza”, ma Maurizio Cometto non è un novellino dell’editoria italiana, a tal punto da spingere Valerio Evangelisti a dire che è il suo autore di narrativa fantastica preferito. Ed è proprio nel termine “fantastico” che troviamo tutta l’essenza di Maurizio… essenza che ora andremo a scoprire insieme a lui!
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MAURIZIO COMETTO?
Si potrebbe scrivere un libro, per questa domanda, oppure semplicemente tacere. Diamo solo le coordinate essenziali. Sono nato il già abbastanza lontano 29 settembre 1971. Sono laureato in ingegneria meccanica e lavoro nell’ambito dell’Automotive. Ho cominciato a scrivere racconti nel 1995. Sono alto uno e novanta, di mattina bevo il the, vivo solo a Collegno con due gatti, sono appassionato del mistero in tutte le sue forme, di musica pop rock, di libri e fumetti. E di astrologia, di cui mi vanto (a torto o a ragione) di essere esperto.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI LETTERARIE PRECEDENTI?
Il mio primo libro, “L’incrinarsi di una persistenza”, uscito nel 2004, è stato appena ristampato dalle edizioni Il Foglio. Ho poi pubblicato nel 2006 un racconto lungo per Magnetica, “Il distributore di volantini”, e il romanzo “Il costruttore di biciclette” per Il Foglio. Nel 2007, il racconto lungo “Lo scaricamento della bara”, sempre per Magnetica. E infine nel 2008 (cioè adesso), la ristampa riveduta e ampliata de “L’incrinarsi di una persistenza”. Si tratta di opere tutte di argomento fantastico, nel senso più ampio del termine. Né horror, né fantascienza, né fantasy; semplicemente, fantastico.
DA QUALCHE TEMPO, COME DICEVAMO, HAI RIPUBBLICATO IL VOLUME “L’INCRINARSI DI UNA PERSISTENZA”. VUOI PARLARCENE?
E’ un libro a cui sono legato in modo particolare. Come ho scritto nella nota inserita nel volume, lo considero una sorta di libro “in divenire”. Rispetto alla prima edizione, per esempio, sono stati modificati alcuni racconti, altri sono stati tolti, altri ancora aggiunti. Fino a farlo diventare un libro più bello. E’ cresciuto negli anni, insomma. Ma voglio sperare che questa non sia ancora la forma definitiva. Altri racconti stanno nascendo, altri già inseriti mi accorgo ora che potrebbero essere migliorati, altri ancora rispunteranno dal passato gridando a gran voce la loro dignità. Ne uscirà un’altra versione, magari tra dieci anni, magari sempre con l’aiuto dell’amico Vincenzo Spasaro. E finirò col pubblicare l’ultima versione (la centesima) il giorno del mio funerale, pretendendo di essere sepolto insieme a una copia, come fa l’architetto Peltri con uno dei suoi cellulari ne “Lo scaricamento della bara”. Meglio toccare ferro…
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL GENERE HORROR E PER IL MISTERO IN GENERALE. CHE SIGNIFICATO HANNO PER TE QUESTE TEMATICHE?
Preferisco parlare di mistero più che di horror. Il mistero per me è un elemento essenziale, non solo in letteratura, ma anche nella vita. Proprio il senso di suspance generato dal non sapere come andrà a finire una storia è una delle caratteristiche che cerco sempre di trasmettere nei miei scritti. Io stesso, mentre scrivo, non pianifico mai tutto. Solo le basi su cui si deve reggere il racconto. Ciò che succederà cinque pagine più avanti deve essere un mistero anche per me. La gioia più grande sta nello scoprire, di volta in volta, cosa succede realmente. Ed è sempre una sorpresa, che mi aspetto provi anche il lettore.
SE NON VADO ERRATO, MOLTE TUE OPERE SONO AMBIENTATE NEL NOSTRO PAESE, DEL QUALE COGLI ANCHE UNO SPACCATO SEMPRE PARTICOLARE. E’ IL FANTASTICO CHE ENTRA NEL QUOTIDIANO ITALIANO O VICEVERSA?
L’ambiente delle mie storie finora ha quasi sempre rispecchiato l’ambiente della mia infanzia. Sono nato e cresciuto in un piccolo paese ai piedi delle Alpi, sul quale è più o meno ricalcato Magniverne. Il fantastico scaturisce ogniqualvolta un mistero può nascere, e di quel mistero capisci che la soluzione più giusta implica il fantastico. A volte il ricorso al fantastico serve a mettere meglio in evidenza certi significati psicologici, certi collegamenti nascosti della realtà, certe verità sul destino dei personaggi. Paradossalmente, il ricorrere a elementi irrazionali getta una luce più lucida su tutto. Almeno nel mio caso, poi, il fantastico nasce sempre dall’inconscio. E’ un modo per dare una forma più compiuta e precisa ai propri fantasmi interiori.
VALERIO EVANGELISTI È SEMPRE PRESENTE NELLE PREFAZIONI DEI TUOI LIBRI. VUOI PARLARCI DEL TUO RAPPORTO CON LUI?
Il rapporto con Evangelisti è nato in occasione de “Il costruttore di biciclette”. Gordiano Lupi gli chiese una prefazione, lui lesse il manoscritto, gli piacque e la scrisse con grande entusiasmo. Dopo è stato tutto in discesa. Gli ho mandato i miei libri successivi, e gli sono così tanto piaciuti, evidentemente, che ha scritto quel bell’articolo su Carmilla (“Il caso Cometto”), articolo che è diventato la base per la prefazione all’ultima edizione de “L’incrinarsi di una persistenza”. Con tutto questo, purtroppo, non sono mai riuscito a incontrarlo di persona. Ci scambiamo qualche mail ogni tanto, e sono iscritto alla sua mailing list. Ho letto quasi tutti i libri del ciclo di Eymerich, apprezzandoli molto, soprattutto “Cherudek”, che è un capolavoro. Quel che ha di bello Evangelisti è che, a differenza di altri che magari hanno pure meno successo di lui, è sempre molto disponibile e gentile. E io non gli sarò mai grato abbastanza dell’appoggio e dell’aiuto che mi ha dato finora.
E, A PROPOSITO DI SCRITTORI, QUALI SONO I TUOI PREFERITI E COME TI PONI NEI LORO CONFRONTI?
Ce ne sono tanti, troppi. A cominciare dai russi, soprattutto i racconti di Cechov, per arrivare agli argentini del fantastico, forse i miei veri numi tutelari (purtroppo irraggiungibili), soprattutto Borges, Cortazar e Quiroga, per giungere in Italia a Landolfi, Buzzati e Calvino, passando per la Danimarca della mia adorata Karen Blixen (una scrittrice unica), per Kipling, Conrad e Stevenson, fino a giungere ad esponenti della fantascienza come Philip K. Dick, Robert Silverberg e Matt Ruff, del fantastico/horror come Richard Matheson, Clive Barker e Stephen King, del fumetto ma non solo come Neil Gaiman e Alan Moore. E tanti, tantissimi altri. Come ad esempio Carl Barks, i giallisti classici all’inglese, Agota Kristof. Insomma, di tutto e di più. Un tempo mi facevo molto influenzare, nello scrivere, dall’ultimo scrittore di cui mi ero innamorato. Oggi succede di meno, forse perché sto invecchiando, e sono diventato meno permeabile (o più “sordo”) alle influenze esterne.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Da tante cose. O perfino da nulla. A volte capita di iniziare a scrivere senza avere nessuna idea in testa. Allora inizi da una descrizione, da un oggetto, da un incontro, ed ecco che ti accorgi del mistero. C’è qualcosa sotto, ti dici. Qualcosa che non va: tra i personaggi, in quell’oggetto, nell’atmosfera. Ma cosa? Allora sei costretto a proseguire, perché sai che prima o poi, durante la scrittura, scoprirai cos’è quel mistero. Ma solo scrivendo lo scoprirai. E lo farai insieme ai tuoi personaggi. Grazie a questo meccanismo, per esempio, è nato un racconto come “Il distributore di volantini”.
Altre volte l’idea mi viene prima, la storia si forma completa nella mia mente, e rimane lì magari anche per anni, prima di esser scritta. E’ il caso di “Sequenza di verdi”.
Altre volte ancora, metto su carta alcune idee, alcune descrizioni di personaggi, un ambiente, cerco di connetterli tra loro e inizio a scrivere. In genere nascono così i miei romanzi, come “Il costruttore di biciclette”.
In generale, le idee migliori mi vengono dalla casuale osservazione di particolari assolutamente banali o di personaggi particolari, oppure da continui ragionamenti su qualcosa che sto scrivendo quando arriva a un punto morto.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Sto scrivendo due romanzi ambientati a Magniverne, che insieme a “Il costruttore di biciclette” dovrebbero costituire una sorta di “Trilogia”. All’inizio del 2009 dovrei terminare quello che sarà il romanzo conclusivo; spero di trovare un editore che lo pubblichi. Sogni nel cassetto? Il sogno nel cassetto che ho sempre avuto è vivere grazie ai libri che pubblico. Ma mi sa che questo cassetto rimarrà chiuso ancora per un bel po’…
29/10/2008, Davide Longoni