Abbiamo avuto modo di conoscerlo tempo fa con l’antologia “Alla fine della notte” e recentemente è tornato alla ribalta con l’horror “Dark circus”: Stefano Fantelli non è solo uno scrittore tra i più promettenti del nuovo immaginario fantastico, ma è una persona che nella vita ha fatto proprio di tutto e ha saputo riversare nei suoi racconti le sue esperienze, miscelate diligentemente con le sue fantasie e con un briciolo di… follia! Conosciamolo meglio.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È STEFANO FANTELLI?
Mah, non credo che stia a me dirlo. E comunque non lo so. Sono un uomo fortunato, sto bene, non mi manca nulla e questo in particolare è un periodo meraviglioso. Sono uno che non si annoia mai, a cui il tempo non basta mai, uno per cui le emozioni sono importanti, senza emozioni non potrei vivere e neanche scrivere. Sono uno a cui piace raccontare storie, sono nelle mie storie, Stefano Fantelli è tutto lì dentro, andate a vedere… e se riuscite a capire chi è Stefano Fantelli poi spiegatelo anche a me per favore (sorride).
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, DAI RACCONTI BREVI ALLE ANTOLOGIE?
Sono tante, più di cento pubblicazioni, tante di quelle storie, di quelle parole… Non riuscivo a fermarmi. E più scrivevo, più mi pubblicavano, alle redazioni e agli editori piaceva quel che scrivevo, quasi tutto. E il più sorpreso ero io, è una grande soddisfazione, ti carica e ti spinge a non mollare mai. Perché non basta essere bravi, conta tanto anche credere in ciò che fai e avere anche un tantino di fortuna, solo un sospetto. Il mio primo racconto pubblicato fu “Sir Drake” sulla rivista “Achab” nel 1994 e il mio primo libro da solista “Alla fine della notte” nel 2003 con la casa editrice “Mobydick”. “Achab” e “Mobydick”, non è una strana coincidenza? Come se un sottile invisibile filo collegasse le varie tappe della mia produzione. Non so se si tratta di un semplice caso, se ha un significato. La vita di tutti noi è basata sul caso, sono molto affascinato dall’aspetto indefinito del caso, da come molte cose importanti si presentino come una concatenazione di casi. Il grande regista spagnolo Luis Bunuel disse che gli piaceva molto restare solo, senza far niente, guardando una mosca volare, per esempio, e immaginare tutta la concatenazione di casi necessaria perché noi ci si trovi riuniti nella stessa commedia. Ho ragione di credere che Bunuel fosse Dio. O almeno UN dio. Ma di questa mia teoria non intendo parlarne finché non avrò raccolto tutte le prove necessarie.
RECENTEMENTE È USCITO IL TUO NUOVO LAVORO “DARK CIRCUS”. CE NE VUOI PARLARE?
Sai come si dice, no? Che l’ultima cosa che hai scritto è sempre la migliore. A parte che nel frattempo ho scritto già altre cose, posso dirti che “Dark circus” è proprio come lo volevo, senza compromessi, grazie a Fabio Nardini e a “Cut-Up” che si sono occupati della pubblicazione. E c’è in “Dark circus” tutto quello che si può fare con un libro, a parte le foto. Innanzi tutto è un libro illustrato, come i vecchi fascicoli alla Jules Verne per intenderci, un mio vecchio sogno. I disegni sono di Stefano Fanfulli. E poi l’utilizzo della scrittura in ogni sua forma di linguaggio, da quello del teatro (“Morte e 9 euro e 20”), a quello della canzone (“Colombina cambia volto”), fino a quello cinematografico (“Amori con la faccia da clown”). “Dark circus” contiene anche una nuova avventura del Brujo (“MEMA”), il poeta stregone, il mio personaggio più autobiografico e a quanto pare anche il più amato dai lettori e dai recensori. E poi in questo mio nuovo libro c’è persino… no questo non posso dirlo, se no poi rovino la sorpresa a chi non l’ha ancora letto…
SEMBRA DI NOTARE CHE NELLA TUA PRODUZIONE LETTERARIA PREFERISCI DARE PIÙ SPAZIO AL RACCONTO CHE NON AL ROMANZO. COME MAI QUESTA SCELTA?
La scelta del racconto nasce anche dall’esigenza di sviluppare sulla carta un’idea nel modo più veloce possibile mentre altre quattordici idee stanno spingendo nel mio cervello. E poi dà la possibilità di pubblicare in tempi brevi su una rivista. Comunque la forma del racconto mi piace, anche quando leggo, non solo quando scrivo. E alla fine, credo, si scrive sempre quel che si vorrebbe leggere, è così. Ho scritto e sto scrivendo anche romanzi che dovrebbero vedere presto la luce. Ma non credo che smetterò mai di scrivere racconti.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Da qualunque cosa, da quello che mi ruota intorno e dentro, dalla vita di ogni giorno, dai miei ricordi, dalla mia musa… La mia scrittura è molto autobiografica. Osservo tutto con attenzione e a volte è sufficiente partire da un minuscolo particolare per creare una storia. Alla fine quel particolare che ha messo in moto il processo del raccontare diviene solo un pretesto, non ha più importanza perché tanto i protagonisti ormai vivono di vita propria, si raccontano da soli. Scrivere è come dare vita ai fantasmi. Gli antichi greci… posso parlare degli antichi greci? Ok, meno male. Dicevo, gli antichi greci avevano una loro teoria riguardo l’ispirazione, la chiamavano “zeia mania”, “divina follia”, per loro essere ispirati significava essere posseduti dai demoni della creatività. In effetti a volte è così che mi sento quando scrivo, posseduto, mi siedo davanti al computer e le parole arrivano, come una cascata. Per il racconto “La bestia dentro” contenuto in “Dark circus” è stato così, non sono riuscito a staccarmi dallo schermo finché non ho finito la prima stesura.
QUANTO HANNO INFLUITO LE TUE SVARIATE ESPERIENZE LAVORATIVE NEL TUO MODO DI SCRIVERE?
Nel modo direi nulla. Il modo di scrivere, lo stile, se è questo a cui ti riferisci, si acquisisce leggendo e scrivendo. Di certo ogni mestiere che ho fatto mi ha arricchito di storie e di personaggi. Ma da solo questo non basta a far girare la pagina alla gente e incollarle gli occhi alla pagina dopo, per riuscire a fare questo devi condire tutto con un po’ di quella divina follia di cui parlavo prima, capisci? Altrimenti poi ti succede come a certi autori che confondono la scrittura con la noia. Deve però essere una follia lucida, bisogna tenere sempre a bada il fattore Van Gogh, sai, la storia dell’orecchio e tutto il resto. Quando si scrive, la pazzia può essere un vantaggio, ma bisogna anche riuscire a tenerla sempre sotto controllo.
“BAMBINE CATTIVE”, IL TUO E-BOOK PRODOTTO DA “LA TELA NERA” È STATO SCARICATO DA PIÙ DI 50.000 PERSONE E CONTINUA A ESSERE SCARICATO. CE NE VUOI PARLARE?
Sono molto contento, anzi felice come un cappone scampato alle feste di Natale. Un successo incredibile. Nel senso che se me l’avessero raccontato non ci avrei creduto neanch’io. E ti avrei risposto la stessa cosa già quando girò la boa dei 10.000 download. “Bambine cattive” fu un’idea di Alessio Valsecchi e si tratta a tutti gli effetti di un e-book promozionale, una cosa che era già stata fatta all’estero, ma che era una novità assoluta per l’Italia. Contiene tutte le interviste e le recensioni relative al mio libro “Alla fine della notte”, gli incipit dei racconti e un racconto inedito.
GLI ULTIMI TRE LIBRI CHE HAI LETTO?
Dunque… “L’ottava vibrazione” di Carlo Lucarelli… “Rave Girl” di Alan Warner… e ora sto leggendo “La signora dalla maschera d’oro” di Giovanni Buzi.
E INVECE UN LIBRO CHE VORRESTI AVERE CON TE NEL CASO NAUFRAGASSI SU UN’ISOLA DESERTA? IL PRIMO CHE TI VIENE IN MENTE.
Ma sono da solo su quest’isola?! Che sfiga, però! (ride)Comunque il primo che mi viene in mente è “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. E’ stato il mio “vangelo” per un certo periodo della mia vita e fonte di grande ispirazione, un capolavoro a mio parere, dovrebbe essere inserito nei programmi scolastici. Fabrizio De Andrè ne trasse un disco nel 1971, “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Straordinario. E nel 2005 Morgan ne ha fatto un ottimo remake.
IL PRIMO AUTORE DI CUI TI SEI “INNAMORATO”?
Edgar Allan Poe, senza dubbio. Me lo ricordo come fosse ieri, ero adolescente e un’estate c’era un quotidiano locale che pubblicava a puntate i suoi racconti. Senza i suoi affascinanti e pallidi personaggi femminili forse non avrei mai iniziato a scrivere. Può essere che sia anche per via di Poe che amo tanto la forma del racconto.
ALTRI MODELLI LETTERARI O CINEMATOGRAFICI CUI TI ISPIRI O TI SEI ISPIRATO NEL CORSO DEGLI ANNI?
Dino Buzzati, Charles Bukowski, Ernest Hemingway, John Fante, Paul Auster, Clive Barker, Irvine Welsh, Neil Gaiman, Kurt Vonnegut per quanto riguarda i modelli letterari che mi vengono in mente così su due piedi. Avrai notato che solo un paio di loro sono autori horror. Questo perché quando leggo mi piace la scrittura fatta bene, che mi fa emozionare, che mi fa venire voglia di scrivere, non importa di che genere si tratti. Voglio citare di nuovo anche Fabrizio de Andrè perché i suoi testi mi hanno influenzato molto quando ho iniziato a scrivere. E anche tutti i fumetti della Bonelli e della Dark Horse. Tutti i miti popolari e le leggende metropolitane e le favole. E poi il cinema di Guillermo Del Toro, c’è più arte in un suo fotogramma che in tanti film messi insieme… di Bunuel ho già parlato, i capolavori di Dario Argento degli anni Settanta… e poi Woody Allen, Pupi Avati, Tim Burton, tutte le commedie inglesi… Ho letto e visto tante cose diverse, credo che tutto sia servito a formarmi.
E IN TV? LA MIGLIOR SERIE TELEVISIVA HORROR DI TUTTI I TEMPI, A TUO PARERE?
Dunque, scartando “X-Files” in quanto più di fantascienza come genere, anche se con alcune vere perle horror, direi “Buffy, the vampire slayer” con Sarah Michelle Gellar. Sceneggiature da urlo, in tutti i sensi. Joss Whedon è un genio.
CI SONO AUTORI ITALIANI CHE SCRIVONO NARRATIVA HORROR?
Pochissimi in verità. Se escludiamo i saltuari interventi nel gotico di autori noir come, per fare un esempio, Eraldo Baldini e Carlo Lucarelli, gli autori italiani di horror puro si contano sulle dita di una mano. Spero di non scordare nessuno, comunque direi Gianfranco Nerozzi, Alda Teodorani, il già citato Buzi e senza dubbio il mitico Gianfranco Manfredi. E Tiziano Sclavi di cui sono in trepidante attesa di un nuovo libro, spero che stia scrivendo.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Tanti progetti. Romanzi, come già detto. Un libro dedicato esclusivamente al Brujo. E poi canzoni, testi teatrali, sceneggiature per fumetti… Ho parecchia carne al fuoco in effetti. Lavoro su diversi progetti allo stesso tempo. Non dico altro per scaramanzia, in campo editoriale non si sa mai, è meglio non dire gatto finché non ce l’hai in stampa!… Per quanto riguarda i sogni, invece, non ne ho lasciato neanche uno nel cassetto, se escludiamo il cantare a Sanremo in coppia con Edoardo Bennato. Edoardo, se leggi questo, io sono disponibile, la canzone la scriviamo insieme, dai! (sorride)Volevo fare lo scrittore e ce l’ho fatta, è una realtà questa che va al di là dell’editore che ti pubblica e del numero di copie vendute. Per questo e per tanti altri motivi, come ti dicevo, sono un uomo davvero fortunato e ne sono consapevole quando mi addormento alla sera e quando mi sveglio al mattino. Sono contento che tu mi abbia fatto questa domanda perché ci riporta alla domanda numero uno. E così il cerchio si chiude.
11/03/2009, Davide Longoni